Il 2 settembre, l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi ha scritto su Facebook che «per l’undicesimo mese consecutivo l’attività manifatturiera italiana è in contrazione».

Ma è davvero così? Abbiamo verificato.

Che cosa dice l’Istat

Ogni mese l’Istituto nazionale di statistica (Istat) pubblica un rapporto sulla produzione industriale nel nostro Paese, che analizza le variazioni mensili dei diversi settori di attività economica, tra cui quella manifatturiera.

Qual è stato il suo andamento negli ultimi undici mesi, a partire da ottobre dell’anno scorso?

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Grafico 1. Andamento dell’attività manifatturiera italiana da ottobre 2018 a giugno 2019 – Fonte: Istat

I dati Istat più aggiornati arrivano fino a giugno 2019, quando l’attività manifatturiera è calata dello 0,4 per cento rispetto al mese precedente. A maggio 2019, però, l’indicatore del manifatturiero aveva fatto registrare un +1 per cento rispetto ad aprile 2019.

Da ottobre 2018, questo aumento mensile non è un’eccezione: altre crescite – di mese in mese – si sono registrate a febbraio 2019 (+1,3 per cento), a gennaio 2019 (+1,2 per cento) e ottobre 2018 (+0,2 per cento). Nei restanti quattro mesi, l’indicatore dell’attività economica ha registrato il segno negativo: -0,9 per cento ad aprile 2019; -1 per cento a marzo 2019; -0,9 per cento a dicembre 2018; -1,7 per cento a novembre 2018.

Secondo i dati Istat, Renzi ha dunque torto: negli ultimi undici mesi (i dati di luglio e agosto 2019 non sono ancora disponibili) l’attività manifatturiera ha registrato il segno positivo in quattro.

Nel suo post su Facebook, forse il senatore del Pd fa invece riferimento alla produzione industriale in generale? Quest’ultima comprende al suo interno l’attività manifatturiera, ma è anche vero che il manifatturiero – come spiega l’Istat in una nota metodologica – ha un peso di oltre l’88 per cento su tutta la produzione industriale dell’Italia.

Anche in questo caso però, secondo i dati Istat, la produzione industriale non è sempre stata in contrazione negli ultimi mesi. A gennaio, febbraio e maggio 2019 ha infatti registrato un andamento positivo rispetto ai mesi prima.

Che cosa dice l’indice Pmi

Anche se non citato esplicitamente da Renzi, c’è un indice che sembra dare ragione all’ex presidente del Consiglio.

È l’indice manifatturiero Purchasing manager index (Pmi), aggiornato ogni mese da Ihs Markit, una società statunitense che fornisce servizi di informazione e analisi in ambito industriale.

Come spiega un comunicato ufficiale di Ihs Markit del 2 settembre 2019, l’Indice Pmi «con una sola cifra dà un’immagine degli sviluppi delle condizioni generali del settore manifatturiero» in Italia.

Ad agosto 2019, questo indicatore ha raggiunto la soglia di 48,7, un valore che indica «l’undicesimo mese consecutivo di peggioramento dello stato di salute del settore manifatturiero italiano».

In realtà, c’è stato un leggero miglioramento (+0,2) rispetto al 48,5 di luglio 2019, ma il valore resta sotto la soglia di 50, livello sotto il quale si considera il manifatturiero in contrazione.

Una differenza di metodo

La discrepanza con Istat è data dalla diversa metodologia utilizzata.

«Il rapporto Ihs Markit Pmi Settore Manifatturiero Italiano è basato su dati raccolti da questionari mensili compilati dai responsabili acquisti di 400 aziende manifatturiere italiane», spiega Ihs Markit. «L’indice è il risultato della somma delle risposte positive più la metà delle risposte “invariato”. Gli indici variano da 0 a 100, un valore superiore a 50 indica un incremento generale rispetto al mese precedente, mentre un indice inferiore a 50 mostra un decremento».

Come spiega in una metodologica l’Istituto nazionale di statistica, «l’indagine mensile sulla produzione industriale [dell’Istat] viene effettuata direttamente presso un panel di circa 4.600 imprese che comunicano i dati relativi a circa 8.500 flussi mensili di produzione, definiti generalmente in termini di quantità fisiche. In aggiunta a tali dati, per la stima degli andamenti produttivi di specifici settori industriali, vengono utilizzate altre fonti statistiche».

«I disegni di rilevazione, la raccolta dati e i modelli statistici alla basi dei due indici sono dunque diversi, e non comparabili», ha spiegato a Pagella Politica Luca Beltrametti, professore ordinario di politica economica all’Università degli studi di Genova. «Istat rimane il punto di riferimento per questo tipo di rilevazioni».

In sostanza, a differenza di Istat, questo indice non misura quantitativamente l’intensità della diminuzione, o un aumento, dell’attività manifatturiera.

«È un indice che rileva condizioni generali del settore manifatturiero», ha chiarito a Pagella Politica Massimo Rodà, economista del Centro studi di Confindustria. «A differenza dei dati Istat, è un indice qualitativo, analogo a quello che l’Istituto nazionale di statistica pubblica mensilmente sulla fiducia delle imprese manifatturiere riguardo la produzione. L’indice Pmi ha un valore, certo, però va letto con molta cautela».

Il verdetto

Secondo Renzi, «per l’undicesimo mese consecutivo l’attività manifatturiera italiana è in contrazione».

Questa dichiarazione è però scorretta. Secondo i dati Istat mensili sia sulla produzione industriale in generale sia sulla componente “attività manifatturiera”, ci sono stati alcuni mesi, infatti, in cui gli indicatori hanno raggiunto il segno positivo.

Esiste tuttavia un indice secondario dell’attività manifatturiera, quello Pmi elaborato della società Ihs Markit, che negli ultimi undici mesi ha effettivamente registrato un andamento negativo in Italia. Ma questo indicatore è diverso da quello Istat: usa un metodo di raccolta dati e un campione diverso, e dà un quadro qualitativo sulle condizioni generali del settore manifatturiero in Italia.

In conclusione, Renzi si merita un “Pinocchio andante”.