Il 27 giugno, il deputato del Partito Democratico Ettore Rosato ha scritto su Facebook che i 14 eurodeputati eletti dal Movimento 5 stelle «saranno del tutto ininfluenti» in Europa.

Secondo il vicepresidente della Camera, «quasi nessuno» dei futuri alleati del M5s nel Parlamento europeo è stato eletto, «e tra quelli che ce l’hanno fatta ora non ce n’è uno che li vuole come partner nello stesso gruppo parlamentare».

Ma è davvero così? Abbiamo verificato.

Il M5s e le elezioni europee

Alle elezioni europee del 26 maggio scorso, il M5s ha raccolto quasi 4 milioni e 600 mila preferenze degli elettori, poco più del 17 per cento sul totale dei voti, dietro al 22,7 per cento del Pd e al 34,3 per cento della Lega.

Dei 73 seggi del Parlamento europeo destinati al nostro Paese, 14 sono andati al partito guidato da Luigi Di Maio, che rispetto al quinquennio 2014-2019 ha così perso tre eletti.

Nella scorsa legislatura, i 17 europarlamentari del M5s facevano parte del gruppo parlamentare Europa della libertà e della democrazia diretta (Efdd), che tra i suoi membri aveva anche il Partito per l’indipendenza del Regno Unito (Ukip) di Nigel Farage.

Che fine hanno fatto i «futuri alleati» di Di Maio?

Lo scorso febbraio, il leader politico del M5s Luigi Di Maio aveva presentato un manifesto in 10 punti, alla base di un’alleanza con altri quattro partiti europei per «contare sempre di più nel Parlamento europeo, non come forze politiche ma come cittadini».

Gli alleati erano il partito croato Zivid Zid (“Barriera umana” o “Muro vivente”), un movimento fondato nel 2011 e considerato populista di sinistra; il partito polacco Kukiz’15, nato nel 2015 e connotato da idee populiste di destra; il partito finlandese Liike Nyt, fondato nel 2018 per promuovere, tra le altre cose, la difesa dell’economia di mercato e la democrazia diretta; e il partito greco Akkel, che dal 2014 cerca di difendere nel Paese la sovranità in ambito agricolo dagli accordi di libero scambio.

Di questi alleati, soltanto Zivid Zid è riuscito a eleggere un solo europarlamentare, prendendo il 5,6 per cento dei voti. Né Liike NytAkkelKukiz’15 ce l’hanno fatta a entrare nel Parlamento europeo, di fatto rendendo vana sul nascere l’alleanza annunciata prima delle elezioni.

Un gruppo politico deve essere infatti composto da un minimo di 25 parlamentari (M5s e Zivid Zid insieme sono 15), e deve rappresentare almeno un quarto degli Stati membri (ossia 7).

Perché è fondamentale fare parte di un gruppo politico

Come spiega il sito del Parlamento europeo, i gruppi politici hanno numerosi vantaggi rispetto ai partiti che non riescono a entrare in un gruppo esistente o a crearne uno nuovo.

Innanzitutto, i gruppi politici – la scorsa legislatura erano otto – possono assumere personale e sono dotati di strutture amministrative stabili, che vengono finanziate grazie al bilancio del Parlamento europeo e che hanno un proprio presidente, un ufficio di presidenza e una segreteria.

I fondi messi a disposizione dei gruppi servono per coprire non soltanto i costi operativi e amministrativi del personale, ma anche quelli delle attività politiche e di informazione legate a quelle dell’Unione europea.

In secondo luogo, i gruppi politici ricoprono un ruolo fondamentale per definire la struttura e i vertici del Parlamento, scegliendo il presidente, i vice presidenti, i presidenti delle commissioni e i relatori.

I leader dei gruppi politici si riuniscono con regolarità nella cosiddetta Conferenza dei Presidenti – un organismo del Parlamento europeo – per stabilire, tra le altre cose, l’agenda delle sedute e il tempo di parola durante i dibattiti.

Come spiega Openpolis, in sostanza la funzione principale dei gruppi politici è quella di «raccordare i diversi passaggi» tra le procedure di esame e di approvazione delle leggi all’interno del Parlamento.

Tutte le proposte legislative, infatti, sono esaminate dalle commissioni prima di andare al voto in aula, e queste commissioni – ognuna con competenze diverse – sono formate sulla base delle composizione dei gruppi politici, che, tra le altre cose, possono presentare emendamenti e modifiche.

Riassumendo: se un partito – e di conseguenza i suoi eurodeputati – non fa parte di un gruppo politico, vedrà giocoforza limitato il proprio potere di incidere sulle attività e le decisioni del Parlamento europeo.

Perché gli altri gruppi non vogliono il M5s

Vediamo quali opzioni ha a disposizione adesso il Movimento 5 stelle.

Come abbiamo spiegato, l’alleanza presentata prima delle elezioni si è risolta in un nulla di fatto, ma il M5s potrebbe tentare di creare un gruppo politico con gli altri europarlamentari non iscritti agli schieramenti esistenti.

A oggi quest’opzione pare improbabile: gli “esclusi” rappresentano istanze politiche molto diverse tra loro: tra i non iscritti, per esempio, ci sono i due europarlamentari del partito neofascista greco Alba Dorata, contro cui si è espresso in passato Di Maio.

Ricordiamo poi che servono almeno 25 parlamentari, di almeno sette Stati membri per creare un gruppo politico.

Una seconda opzione è quella di riformare lo schieramento Europa della libertà e della democrazia diretta (Efdd) insieme, tra gli altri, al Brexit Party di Nigel Farage, che ha raccolto 29 eletti.

Ma proprio la presenza del Brexit Party, spiega Politico.eu, rende questo scenario improbabile.

In primo luogo, alcuni dei suoi ex membri o hanno cambiato già alleanze o hanno ottenuto risultati deludenti: gli 11 eletti del partito di destra tedesco Alternativa per la Germania (Afd) sono passati ai sovranisti di Salvini, mentre, tra gli altri, il partito ceco dei Liberi Cittadini e quello lituano di Ordine e Giustizia non sono più riusciti a eleggere membri.

Ma soprattutto: lo spettro dell’uscita del Regno Unito dall’Ue non incentiva nessun partito ad allearsi con quello di Farage, con il rischio di doversi sciogliere una volta avvenuta la Brexit.

Nell’impossibilità politica di aderire ai due gruppi più grandi – quello dei popolari e dei socialisti – al M5s non resterebbe che tentare l’ingresso nei rimanenti schieramenti. Ma anche questo scenario, ad oggi, non sembra probabile.

I Verdi, per voce del loro leader Philippe Lamberts, hanno già escluso la possibilità che il M5s entri a far parte del loro gruppo. Discorso analogo vale per i Liberali, dove il partito con più eletti è quello del presidente francese Emmanuel Macron, che da mesi affronta le proteste in patria dei cosiddetti “gilet gialli”, a cui in passato si era avvicinato anche il M5s.

Secondo fonti stampa, il M5s ha provato a sondare la disponibilità del gruppo politico della sinistra radicale (Gue), ricevendo un rifiuto, così come fatto nei giorni scorsi anche dal gruppo Conservatori e riformisti (Ecr), tra le cui fila c’è anche Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Rimane soltanto il gruppo Europa delle nazioni e della libertà (Enl), con la Lega di Matteo Salvini e il Raggruppamento nazionale francese di Marine Le Pen. Ma anche in questo caso un’alleanza sembra impossibile: in campagna elettorale, Di Maio ha più volte criticato il compagno di maggioranza per le sue alleanze in Europa.

Al momento, queste risultano essere delle previsioni. Il 25 giugno era la prima data utile per entrare a far parte di un gruppo politico, mentre il 15 luglio è la data informale per annunciare le formazioni definitive degli schieramenti. Le cose potrebbero insomma ancora cambiare, ma al momento la previsione di Rosato sembra fondata.

Bisogna però ricordare che un partito, come il M5s, può anche decidere di aderire a un gruppo nel corso della legislatura europea, se si verificano le condizioni politiche necessarie. In questo caso il M5s potrebbe in parte uscire dalla situazione di marginalità, ma al momento, comunque, la situazione è quella sopra descritta.

Il verdetto

Il deputato del Pd Ettore Rosato fa una previsione al momento fondata, quando scrive su Facebook che il M5s rischia di essere del tutto ininfluente all’interno del Parlamento europeo.

A oggi, dopo un mese dalle elezioni europee, il partito di Di Maio sembra non avere speranze di potere entrare in un gruppo politico o di formarne uno nuovo, dal momento che i suoi alleati europei, prima del voto, hanno portato a casa soltanto un eletto.

L’impossibilità di fare parte di un gruppo limita fortemente l’attività politica di un partito nell’Europarlamento: oltre alle limitazioni all’accesso dei fondi, ci sono anche quelli alla partecipazione al processo di stesura, esame e voto delle proposte legislative.

In conclusione, Rosato – pur con i limiti di una previsione che potrebbe essere un domani smentita dai fatti – si merita un “Vero”.