Il 23 giugno, in un’intervista al Corriere della Sera, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro (Movimento 5 stelle) ha detto che «questo è il Governo che ha meno fatto ricorso al voto di fiducia rispetto a quelli precedenti».

Ma è davvero così? Abbiamo verificato.

Di che cosa stiamo parlando

Di solito, quando si parla di “voto di fiducia” si fa riferimento alla “questione di fiducia” (da non confondere con la “mozione di fiducia”, che è il voto previsto dalla Costituzione (art. 94) affinché un governo possa operare a pieni poteri).

La questione di fiducia è disciplinata dai regolamenti di Camera (art. 116) e Senato (art. 161, comma 4). Quando il governo decide di utilizzare questo strumento, subordina la sua permanenza in carica all’esito della votazione su di un determinato provvedimento. In caso di voto negativo l’esecutivo è infatti costretto a dimettersi.

La questione di fiducia viene utilizzata dai governi per velocizzare l’iter legislativo di una determinata legge e per ricompattare la maggioranza. Infatti, una volta che il governo pone la questione di fiducia gli emendamenti parlamentari decadono e il Parlamento vota unicamente il testo presentato dal governo.

A un minore utilizzo della questione di fiducia si lega quindi un maggiore ruolo di Camera e Senato: un governo che vuole restituire centralità al Parlamento – come quello attuale ha promesso nel Contratto di governo – dovrebbe limitare il proprio ricorso a questo strumento.

I voti di fiducia del governo Conte

Secondo le elaborazioni di Agi e di Openpolis (aggiornate al 31 maggio 2019), nel primo anno di lavoro il governo Lega-M5s ha una percentuale di provvedimenti approvati con una questione di fiducia più bassa di quella nei primi anni dei cinque governi precedenti.

Dal 1 giugno 2018 – giorno di insediamento del governo Conte – alla fine di maggio 2019, l’esecutivo ha posto la fiducia in circa il 21,3 per cento dei casi in cui aveva l’occasione per farlo (pari a 10 volte su 47).

Nel corso del loro primo anno di governo, tutti e cinque i precedenti governi – Berlusconi IV (22,06 per cento), Monti (46,59 per cento), Letta (27,78 per cento), Renzi (45,95 per cento) e Gentiloni (35,71 per cento)– avevano invece posto la fiducia in misura maggiore.

I dati danno quindi ragione a Fraccaro.

Per completezza prendiamo in considerazione anche quanti provvedimenti sono stati approvati dai vari governi. Se si escludono le leggi di conversione dei trattati internazionali (per i quali nella scorsa legislatura non è mai stata messa la fiducia), il governo Conte ha presentato al Parlamento un totale di 44 provvedimenti.

Questo numero è inferiore a quanto fatto nel primo anno dai suoi predecessori: i governi Letta e Gentiloni ne approvarono 63, Renzi 92, Monti 113 e Berlusconi IV 117.

Sulla centralità del Parlamento c’è ancora da lavorare

Come dice Fraccaro, il recupero della centralità del Parlamento richiede ancora lavoro. Possiamo citare alcuni elementi che lo confermano.

Ad esempio, sulle leggi di conversione dei decreti legge – i provvedimenti che il governo può emanare con urgenza, scavalcando di fatto il Parlamento – il governo Conte ha posto la fiducia nel 50 per cento dei casi. Su 10 provvedimenti di questo genere 4 sono stati approvati col voto di fiducia di una delle Camere, e in un caso (il “decreto sicurezza”) la fiducia è stata posta sia alla Camera sia al Senato.

Inoltre possiamo notare che – in linea con quanto fatto da alcuni dei suoi predecessori (ad esempio, Monti e Gentiloni) – a fine dicembre 2018 il governo Conte ha chiesto tre voti di fiducia per approvare la legge di Bilancio per il 2019, proprio quando il ruolo del Parlamento assume una maggiore rilevanza.

Il verdetto

Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro (M5s) ha detto che il governo Conte ha utilizzato in maniera minore il voto di fiducia rispetto ai governi precedenti.

Nel primo anno di esecutivo, la percentuale di occasioni in cui è stata la fiducia è stata pari a circa il 21,3 per cento dei casi (10 volte su 47) . Una cifra inferiore a quelle del primo anno di governo dei cinque esecutivi precedenti. I dati confermano quindi quanto sostenuto dal ministro Fraccaro.

Allo stesso tempo è vero che per recuperare la centralità del Parlamento sia necessario lavorare ancora, visto l’ampio ricorso alla fiducia per l’approvazione delle leggi di conversione dei decreti-legge (pari al 50 per cento dei casi) e l’utilizzo di questo strumento in sede di votazione della legge di Bilancio 2019.

Fraccaro nel complesso merita quindi un “Vero”.