Il 5 giugno 2019, ospite a Otto e Mezzo su La7, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha affermato (min. 28:00) che le imprese del nostro Paese arriverebbero a pagare il 65 per cento di tasse, contro il 21 per cento di quelle statunitensi.

Secondo Salvini, le imprese italiane verserebbero quindi tre volte le tasse dovute dalle imprese statunitensi.

Ma questo paragone è corretto? Questo divario è reale? Abbiamo verificato e il leader della Lega sbaglia.

Che cosa si intende per tasse pagate da un’impresa?

Esistono due grandi famiglie di tributi per le imprese: le imposte sul reddito d’impresa e la tassazione sul lavoro (ossia, tra le altre cose, i contributi previdenziali, le imposte sui fabbricati, e le assicurazioni sanitarie e infortunistiche per i lavoratori).

Le prime costituiscono la quota di tributi che le aziende devono versare sul reddito generato dalla produzione di beni o servizi.

Le seconde sono costituite dalle imposte versate dai datori di lavoro per svolgere la loro attività: dall’imposta sulla proprietà di immobili ai contributi versati per i dipendenti ai fini pensionistici o assicurativi. Questi ultimi possono essere dovuti per legge allo Stato o a enti previdenziali privati.

L’imposta sul valore aggiunto (Iva in italiano e Vat in inglese) non è invece una tassa che grava sulle imprese, ma sui consumatori. Infatti, in questo caso le imprese funzionano soltanto da collettori d’imposta per lo Stato.

In altre parole, le somme di Iva accumulate alla vendita non diventano mai parte del reddito d’azienda perché, dal momento in cui avviene la transazione, quei soldi appartengono già allo Stato. Per questo viene detto che per i produttori e fornitori di beni e servizi l’Iva è un tributo caratterizzato da “neutralità”.

Come vedremo tra poco, Salvini utilizza come metro di paragone tra l’Italia e gli Stati Uniti le imposte dovute per legge sul reddito d’impresa, senza considerare quindi la tassazione sul lavoro. Per confrontare le imprese italiane e quelle statunitensi ci rifaremo quindi inizialmente a questo valore.

Quante imposte sul reddito devono pagare le imprese italiane?

Le aziende devono pagare due tipi di imposte sul reddito d’impresa: l’Ires a livello nazionale e l’Irap a livello regionale.

L’Ires è stata istituita nel 2003, sostituendo l’Imposta sul reddito delle persone giuridiche (Irpeg). Salvo eccezioni, il suo valore è stato fissato al 24 per cento del reddito di impresa dalla legge di Stabilità 2016.

L’Irap è invece la tassa regionale sulle attività produttive in vigore dal 1998. Il suo valore di base è del 3,9 per cento ma può essere aumentata o diminuita dalle Regioni dello 0,92 per cento.

Se consideriamo quindi il valore di base, un’impresa italiana è tenuta generalmente a pagare circa il 27,9 per cento di imposte sul reddito generato: 24 per cento di Ires e 3,9 per cento di Irap.

Quante imposte sul reddito devono pagare le imprese americane?

Come affermato in precedenza, il dato citato da Salvini riguarda solo una parte della tassazione gravante sulle imprese americane. Nello specifico, il leader della Lega si riferisce al top marginal Federal corporate tax rate, un’imposta che riguarda la tassazione dovuta per legge sui redditi di impresa più elevati.

Con l’entrata in vigore del Tax Cuts and Jobs Act nel 2018 – una delle principali misure economiche adottate dall’amministrazione Trump – la tassazione sul reddito d’impresa è passata da una serie di aliquote basate sul reddito (il cui valore massimo era del 35 per cento) a un’aliquota unica del 21 per cento. Avendo assunto una sola aliquota e abolito gli scaglioni di reddito, il top marginal Federal corporate tax rate può essere paragonato alla nostra Ires.

Così come avviene in Italia, anche negli Stati Uniti esiste un ulteriore tassazione sul reddito di impresa a livello locale. Sui 50 Stati che compongono la federazione americana, sono 46 quelli che applicano una qualche forma di tassazione sul reddito delle imprese operanti nello Stato.

Secondo i dati dell’Ocse, nel 2019 le imprese americane sono tenute in media a pagare per legge circa il 25,8 di tasse sul reddito d’impresa (Combined corporate income tax rate), ossia il 21 per cento dell’aliquota unica più il valore medio della tassazione a livello statale del 4,8 per cento.

Questa percentuale complessiva è circa due punti più bassa di quella italiana, e colloca gli Stati Uniti al sesto posto tra i Paesi del G7, secondo i dati Ocse per il 2019.

Il total tax rate

La Banca Mondiale, in collaborazione con la società di consulenza Pwc, redige ogni anno il rapporto Paying taxes che analizza il livello di tassazione gravante sulle imprese di 190 Paesi. In questo studio viene determinato ogni anno il Total Tax and Contribution Rate (Ttcr). Questo indicatore misura il livello di tassazione sul lavoro e le imposte sul reddito d’impresa, mettendoli in proporzione ai profitti generati dalle aziende.

Il Ttcr si basa sull’idea che la tassazione sul reddito d’impresa costituisce solo una parte dei tributi che le aziende devono versare per le loro attività produttive. Come abbiamo detto in precedenza, una voce altrettanto consistente è costituita dalla tassazione sul lavoro.

Una volta che si tiene conto anche di questi tributi, nel 2018 il livello di tassazione in relazione ai profitti passa al 53,1 per cento in Italia e al 43,8 negli Stati Uniti pre-riforma Trump. Per l’Italia si ottiene una percentuale di tassazione superiore a quella basata solo sulle imposte da reddito d’impresa, ma comunque piuttosto lontana dal 65 per cento citato da Salvini.

Ciò non esclude che alcune imprese italiane possano versare cifre superiori al valore indicato dal Ttcr. In media, però, un’impresa che svolge le stesse attività produttive arriverà a versare in proporzione ai profitti il 53,1 per cento di tasse in Italia e il 43,8 per cento negli Stati Uniti.

Il verdetto

Il ministro dell’Interno Salvini ha dichiarato a Otto e Mezzo che le aziende italiane pagano fino al 65 per cento di tasse contro il 21 per cento di quelle americane.

Quello di Salvini è però un ragionamento scorretto per due motivi. In primo luogo, il ministro dell’Interno paragona la tassazione sul reddito di impresa negli Stati Uniti alla tassazione generale gravante sulle imprese italiane.

Se si aggiunge la tassazione sul lavoro alle imposte sul reddito d’impresa – il cui valore è comunque mediamente superiore al 21 per cento a causa delle imposte di livello statale – la percentuale di tasse pagate sui profitti dalle imprese americane sale in media al 43,8 per cento.

In secondo luogo, pur non escludendo che alcune imprese possano arrivare a valori superiori, le imprese in Italia pagano in media il 53,1 di imposte sui profitti generati.

Infine, se utilizziamo come metro di paragone la tassazione sul reddito d’impresa, il gap Italia-Stati Uniti non è poi così consistente come vuol far credere Salvini. Questo si riduce infatti solamente a 2 punti percentuali in favore delle imprese americane e solamente a partire dal 2018 (prima le imprese americane pagavano fino al 35 per cento).

Salvini merita dunque un “Pinocchio andante”.