Il 14 aprile Nicola Fratoianni, deputato e leader di Sinistra Italiana, aprendo la campagna elettorale della lista La Sinistra per le elezioni europee di fine maggio, ha dichiarato che in Italia si spendono 18 miliardi di euro per le fonti di energia fossile. Secondo Fratoianni, queste risorse andrebbero eliminate e destinate alla messa in sicurezza idrogeologica del territorio.

La cifra è corretta? Abbiamo verificato.

Quanto spende l’Italia per le fonti di energia fossile?

I sussidi ambientali in generale


Il ministero dell’Ambiente suddivide gli aiuti erogati dallo Stato italiano nei diversi settori (energia, agricoltura, trasporti ed edilizia) in “Sussidi ambientalmente dannosi” (Sad), “Sussidi ambientalmente favorevoli” (Saf) e “Sussidi ambientalmente neutri” (San).

Come riporta il Catalogo 2017 dei sussidi dannosi condiviso dal Senato, non è semplice distinguere un sussidio dannoso da uno favorevole, poiché dipende dai diversi impatti e dalla metodologia di analisi utilizzata. La differenza tra i due, come è evidente dal nome, dipende dal risultato che producono sull’ambiente. I sussidi ambientalmente neutri sono, invece, come riporta il Senato, «sussidi che, con l’introduzione di condizionalità ambientali potrebbero essere riformati in sussidi favorevoli per l’ambiente».

Il rapporto più recente, pubblicato nel 2017, riporta i dati relativi al 2016. Abbiamo contattato il Ministero dell’Ambiente per avere aggiornamenti circa la pubblicazione del rapporto relativo al 2017 (che, in teoria, era previsto entro la fine del mese di giugno 2018). L’ufficio stampa ci ha comunicato che il documento sarà condiviso a breve, senza fornire ulteriori informazioni sul perché del ritardo o una specifica data.

Secondo la sintesi realizzata dall’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra) sul rapporto 2017, complessivamente, «nel 2016 sono stati individuati 41,2 miliardi di euro di sussidi ambientali, di cui il 39,3 per cento (16,2 miliardi) considerati ambientalmente dannosi, il 38,1 per cento (15,7 miliardi) ambientalmente favorevoli, l’8,6 per cento (3,5 miliardi) ambientalmente neutri e il 14 per cento (5,8 miliardi) di incerta attribuzione».

Come si può notare dalla tabella, complessivamente i sussidi favorevoli all’ambiente sono stati quasi pari a quelli dannosi (15.679 milioni di euro i primi e 16.167 milioni di euro i secondi).



Tabella 1: Sussidi ambientalmente dannosi, favorevoli e neutri 2016 – Fonte: Ministero dell’Ambiente

I sussidi energetici in particolare

Fratoianni però non parla di sussidi in generale, ma di sussidi “per le fonti di energia fossile”. Dunque andiamo a concentrarci su questi.

Per il 2016, il Ministero dell’Ambiente ha contato 11,55 miliardi di euro di sussidi annuali alle fonti fossili dannosi all’ambiente. I maggiori sono: il differente trattamento fiscale fra benzina e gasolio, che ammonta a quasi 5 miliardi di euro, l’esenzione dall’accisa sui carburanti per la navigazione aerea, pari a 1,5 miliardi di euro, e il rimborso del maggior onere derivante dall’aumento dell’accisa sul gasolio per l’autotrasporto merci e passeggeri, pari a 1,3 miliardi di euro.

Da notare che, nel settore energetico, i sussidi favorevoli all’ambiente (come ad esempio quelli del Conto energia) sono maggiori, anche se non di molto, rispetto ai sussidi energetici dannosi.



Tabella 2: Stima dei sussidi totali annui per settore e tipologia – Fonte: Ministero dell’Ambiente

I dati di Legambiente

Legambiente dà dei numeri diversi rispetto al Ministero dell’Ambiente. Secondo le stime dell’associazione ambientalista, pubblicate nel marzo 2019 nel rapporto Stop sussidi alle fonti fossili, nel 2018 i sussidi alle energie fossili in Italia sono ammontati a 18,82 miliardi di euro tra aiuti diretti e indiretti al consumo o alla produzione di idrocarburi.

Il dato stimato da Legambiente per il 2018 mostra una tendenza al rialzo dei sussidi alle fonti fossili, rispetto all’andamento rilevato in Phase-out 2020 Monitoring Europe’s Fossil Fuel Subsidies, uno studio pubblicato nel settembre 2017 dall’Overseas Development Institute (think thank attivo a livello internazionale) e da Climate Action Europe (organizzazione no profit che opera a livello europeo) a cui aveva partecipato per l’Italia la stessa Legambiente.

La stima di 18,82 miliardi di euro di sussidi nel 2018 rappresenta infatti un aumento rispetto ai 17,87 miliardi di euro l’anno stimati nello studio per il triennio dal 2014 al 2016.

Secondo uno studio pubblicato a giugno 2018 dal centro studi indipendente Odi, un think thank indipendente che opera a livello globale a vantaggio di un sistema sostenibile, l’Italia sembra essere in ritardo nella speciale classifica sui progressi fatti per eliminare progressivamente i sussidi alle fossili. Dal 2009, infatti, i Paesi membri del G7 si sono impegnati nel tentativo di eliminare il più possibile le fonti di energia inquinanti. Secondo gli ultimi dati, peggio del nostro Paese fanno solo Stati Uniti e Giappone.

Perché i dati sono diversi?

I dati del Ministero dell’Ambiente e quelli elaborati da Legambiente non sono immediatamente confrontabili. I primi si riferiscono al 2016 mentre i secondi al 2018. Inoltre, la discrepanza sta anche nel fatto che il Ministero utilizza una definizione di sussidio più restrittiva rispetto a Legambiente.

Nella definizione di sussidio di quest’ultima, infatti, sono comprese anche voci come: i finanziamenti alle fossili in Italia provenienti da istituzioni europee, istituzioni internazionali e agenzie multilaterali, sia sotto forma di prestiti a fondo perduto, prestiti da restituire, garanzie bancarie e altri strumenti di finanza agevolata; oppure gli investimenti che le aziende controllate per almeno il 50% dallo stato italiano hanno fatto nelle fossili non solo in Italia, ma in tutto il mondo.

Il verdetto

Nicola Fratoianni ha dichiarato che l’Italia spende «18 miliardi di incentivi per le fonti di energia fossile». La cifra riportata dal leader di Sinistra Italiana coincide all’incirca con i 18,82 miliardi di euro di sussidi alle fonti fossili stimati da Legambiente per il 2018, ed è verosimile che il deputato faccia riferimento proprio a tale stima. Le fonti ufficiali, che utilizzano una diversa metodologia, danno però una cifra inferiore (ma riferita a due anni prima), circa 11,5 miliardi di euro. Nel complesso, Nicola Fratoianni merita un “C’eri quasi”.