Prima e dopo il quattro dicembre, giorno del voto sulla riforma costituzionale, abbiamo sentito molto parlare di referendum. Questo però non è l’unico istituto di democrazia diretta previsto dalla nostra Costituzione: l’esercizio diretto della sovranità popolare può realizzarsi anche attraverso il diritto di petizione (articolo 50) e la proposta di iniziativa popolare (articolo 71). Proprio di iniziativa popolare ha parlato il deputato del Movimento Cinque Stelle Alessandro Di Battista, ospite della trasmissione In ½ Ora. Il leader pentastellato ha affermato che allo stato attuale, affinché un disegno di legge di iniziativa popolare arrivi in discussione in Parlamento, è necessario che un gruppo politico se ne faccia carico. Verifichiamo dunque se è vero, esaminando l’iter a Montecitorio e a Palazzo Madama.



Cosa dice la legge



Ritorniamo per un attimo alla Costituzione e all’articolo 71. Il secondo comma stabilisce il numero di firme necessarie perché la richiesta sia valida: “il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”. Inoltre prima di iniziare la raccolta delle firme, così riporta il documento del Servizio Studi della Camera, almeno dieci promotori devono presentarsi all’Ufficio centrale elettorale della Corte di cassazione, esibendo un documento di identità valido e il certificato di iscrizione nelle liste elettorali del comune di residenza, per comunicare il titolo del progetto di legge. L’Ufficio redige un verbale in cui registra il deposito e poi lo invia alla Gazzetta ufficiale, che provvede alla sua pubblicazione.



Il procedimento invece viene disciplinato da un’altra legge, la 352 del 25 maggio 1970, agli articoli 48 e 49. Qui leggiamo che la proposta su fogli vidimati presso le segreterie comunali o gli uffici giudiziari, insieme a una relazione che ne illustri finalità e norme, deve essere presentata al Presidente di una delle due Camere a cui spetta il compito di verificare le firme autenticate e la regolarità della richiesta.



Cosa prevedono i regolamenti parlamentari



Una volta accertata la regolarità della richiesta, la palla passa ai due regolamenti di Camera e Senato. L’esame parlamentare dei progetti di iniziativa popolare segue lo stesso percorso delle altre proposte di legge, che nella procedura ordinaria sono deferite alle Commissioni legislative competenti per materia. La Commissione incaricata ha il compito di svolgere un’istruttoria, apportando modifiche o preparando un testo unificato nel caso in cui ci siano più progetti su uno stesso tema, prima di inviarlo in discussione in Assemblea. Appare dunque chiaro il principio del ragionamento politico fatto da Di Battista a In 1/2 Ora: l’iniziativa popolare appartiene ai cittadini, soggetti che non operano in Parlamento, ma che possono soltanto presentare una proposta all’attenzione di una delle due Camere. Nel momento in cui il disegno di legge viene esaminato dalle Commissioni, la causa potrà essere perorata solo da coloro che nel Parlamento agiscono e lavorano, ovvero i gruppi parlamentari. Sono loro che porteranno avanti l’oggetto della proposta e che spingeranno per portarla in discussione dato che i promotori non possono avere voce in capitolo. Al massimo, in base al regolamento del Senato, possono essere convocati per “l’audizione di un rappresentante dei proponenti designato dai primi dieci firmatari del disegno di legge” (articolo 74, comma 3).



Un bilancio






Forse proprio in ragione della natura extraparlamentare dell’iniziativa, la nostra Repubblica conta un numero piuttosto esiguo di leggi popolari approvate. In base allo studio pubblicato da Openpolis il 31 ottobre 2014, su 260 testi presentati dal 1979, soltanto tre sono diventati legge (nel 1983, 1992 e nel 2000). E, puntualizza l’associazione, tutte e tre hanno concluso l’iter “solamente perché accorpate in Testi Unificati con proposte di iniziativa parlamentare o governativa”. Dalla data del rapporto di Openpolis, solo un disegno di legge è stato approvato, il 4 maggio 2015, grazie al suo abbinamento con l’Italicum: l’unico divenuto norma tra gli undici ddl di iniziativa popolare* presentati durante il governo Renzi (22 febbraio 2014- 12 dicembre 2016). Nel grafico sottostante, riferito al perido del governo Renzi, abbiamo individuato i settori su cui i cittadini vogliono intervenire con le loro proposte, molte delle quali non sono ancora arrivate in discussione. L’approvazione definitiva delle leggi di iniziativa popolare era uno degli obiettivi della riforma costituzionale: il numero di firme sarebbe stato elevato a 150mila e l’articolo 71 sarebbe stato integrato con il principio per cui “la discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d’iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari”.



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Il verdetto



Parlando di leggi di iniziativa popolare, il deputato del Movimento Cinque Stelle Alessandro Di Battista ha detto che ad oggi per portare questo tipo di proposte in discussione in Parlamento i gruppi politici devono “farsele proprie”. La dichiarazione di Di Battista è una valutazione di tipo politico che possiamo considerare sostanzialmente vera. Questo tipo di disegno di legge viene presentato dai promotori al presidente di una delle due Camere e da allora il percorso è in mano ai deputati e ai senatori, dato che i cittadini non operano all’interno dell’organo legislativo. Di conseguenza, per far avanzare la discussione sulle richieste in questione, sarà necessario un impegno costante da parte di un solo parlamentare, o di uno o più gruppi parlamentari.



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*Per prendere visione di tutti i ddl di iniziativa popolare presentati in Parlamento, occorre selezionare alla voce “iniziativa” l’opzione “popolare”. Abbiamo considerato solamente i ddl di iniziative popolare presentati e approvati in legge durante il governo Renzi. E’ da notare che altri tre ddl presentati nel 2013 hanno iniziato l’iter legislativo sotto il governo Renzi, e sono stati approvati e incorporati in un Testo Unico nello stesso periodo. Questi ultimi devono ancora essere approvati in legge in via definitiva con voto al Senato.