Intervistato a Porta a Porta, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha difeso le politiche economiche del governo e ha nominato in particolare un dato sulla pressione fiscale, che sarebbe calata di un punto percentuale dal 2013. Vediamo che cosa dicono le statistiche ufficiali.



La pressione fiscale secondo l’ISTAT



L’ISTAT registra il dato della pressione fiscale in percentuale del PIL: cioè la somma di imposte dirette, imposte indirette, imposte in conto capitale e contributi sociali, in rapporto al Prodotto interno lordo del paese. La rilevazione è trimestrale e il dato più recente riguarda il primo trimestre del 2016, pubblicato a fine giugno di quest’anno. Il calo della pressione fiscale tra gennaio-marzo 2016 e lo stesso periodo del 2013 c’è stato, ma solo dello 0,4 per cento (38,9 contro 39,3).



Per il dato annuale, disponiamo di una recente revisione dei conti nazionali per il 2013-2015, pubblicata il 23 settembre 2016. Dal rapporto possiamo trarre i dati della pressione fiscale negli ultimi anni, che riportiamo nel grafico successivo (precisando che per 2014 e 2015 essi sono ancora provvisori).



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Anche dai dati annuali possiamo vedere che, tra 2015 e 2013, il calo è di appena 0,2 punti percentuali. Perché allora il ministro parla di una riduzione dell’un per cento e non delle frazioni decimali dell’istituto di statistica?



La questione degli 80 euro



La risposta a questa domanda è nel celebre provvedimento che ha destinato 80 euro ai lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, tecnicamente il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66. Intorno alla misura è in corso da mesi un dibattito su come debba venire considerata nella contabilità statale, che come vedremo non risparmia neppure l’ISTAT.



Ne ha dato conto, di recente, Federico Fubini in un editoriale sul Corriere della Sera: “il governo dice che quei bonus [= gli 80 euro] sono un taglio dell’imposta sui redditi, dunque in teoria non dovrebbero dare luogo ad alcun aumento delle uscite. Le norme di contabilità europea seguite anche dall’Istat classificano invece quel provvedimento come un trasferimento alle famiglie, dunque una spesa”.



Dunque, i soldi spesi dallo Stato per dare gli 80 euro non vengono conteggiati come minori entrate (che inciderebbero nel rapporto tra entrate fiscali e PIL) ma come maggior spesa pubblica.



Sostiene il MEF



Lo stesso Ministero dell’Economia, in un comunicato stampa del 2 marzo 2015, aveva provveduto a fare un “ricalcolo”. Anche se riconosceva che “le misure statistiche non classificano l’intervento come riduzione del peso fiscale ma come spesa sociale”, il MEF procedeva a considerare i numeri “in termini di effetto concreto per la retribuzione del lavoratore interessato, quindi meno tasse e più soldi in busta paga”. Secondo i conti ministeriali, quindi, nel 2014 la pressione fiscale era stata del 43,1 e non del 43,5 come calcolato dall’ISTAT.



Il MEF non rilascia una serie alternativa di dati sulla pressione fiscale rispetto a quella dell’istituto nazionale di statistica, ma cita spesso questo calcolo “alternativo”: nel Documento di Economia e Finanza (DEF) 2016, per esempio, si trova una tabella che registra la pressione fiscale “al netto del bonus degli 80 euro”: il dato per il 2015 risulta del 42,9 per cento, che sarebbe un calo dello 0,7 per cento rispetto al 2013, e si prevede un’ulteriore riduzione al 42,2 per cento per il 2016: in quest’ultimo caso, nel triennio citato dal ministro si avrebbe una riduzione della pressione fiscale perfino superiore ad un punto percentuale.



Sulla questione degli 80 euro è interessante il parere del vicedirettore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, espresso in un’audizione parlamentare del 18 aprile 2016. Nel testo si legge che gli 80 euro, che tecnicamente sono un credito d’imposta, sono da considerarsi una “misura ibrida”, nonostante siano conteggiati come maggiori spese per effetto delle norme contabili europee. Considerandole come minori entrate (come vorrebbe il MEF) la pressione fiscale italiana è stata del 43,6 per cento nel 2012-2013, del 43,2 per cento nel 2014 e del 42,9 per cento nel 2015. Una riduzione, insomma, dello 0,7 per cento, come già indicato nel DEF 2016.



Il verdetto



Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha detto che la pressione fiscale, in Italia, è scesa di un punto percentuale dal 2013 per effetto delle misure del governo. Se si considerano i numeri ufficiali certificati da ISTAT, e in accordo alle norme contabili europee, il calo è stato molto inferiore: dello 0,4 per cento tra il primo trimestre 2016 e lo stesso periodo del 2013, peraltro con periodi intermedi in cui la pressione fiscale è risalita. Se invece consideriamo i famosi 80 euro come una minore entrata e non come una maggiore spesa – come vorrebbe il governo – il calo è comunque dello 0,7 per cento tra 2013 e 2015, secondo le stime della Banca d’Italia. Più vicino, ma comunque non uguale, all’uno per cento indicato dal ministro, a cui diamo un “Nì” per la sua dichiarazione.