Il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta ha scritto qualche giorno fa una serie di tweet sui dati Inps più recenti, che a suo dire “certificano il flop del Jobs Act”. In particolare, ha evidenziato il numero dei nuovi contratti a tempo indeterminato nel primo quadrimestre del 2016, che “si sono ridotti del 35,1%”. Vediamo i numeri più da vicino.



I numeri dell’Inps



L’Inps pubblica ogni mese i dati sui nuovi rapporti di lavoro nel rapporto dell’Osservatorio sul precariato, che riguarda i lavoratori del settore privato. A metà giugno sono usciti i numeri riferiti ai primi quattro mesi del 2016.



Nel dossier è scritto che, nel primo quadrimestre del 2016, i nuovi rapporti di lavoro sono aumentati di 330 mila. È un aumento – calcolato come la differenza tra assunzioni e cessazioni – più basso di quello che c’era stato nello stesso periodo del 2015, quando i rapporti di lavoro in più erano stati 451 mila, ma leggermente maggiore di quello del primo quadrimestre 2014 (più 309 mila). In un anno, l’aumento è stato di 495 mila rapporti di lavoro.



A proposito dei nuovi contratti a tempo indeterminato, il report nota che l’aumento è stato minore rispetto al primo quadrimestre dello scorso anno principalmente a causa del boom delle assunzioni registrato nel 2015, “anno in cui le assunzioni potevano beneficiare dell’abbattimento integrale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di tre anni”.



Finito il periodo in cui lo Stato si faceva carico di tutti i contributi previdenziali nei nuovi contratti a tempo indeterminato, il numero dei nuovi contratti di quel tipo è calato drasticamente: confrontando il periodo gennaio-aprile 2016 con il primo quadrimestre dell’anno precedente, la diminuzione è stata di 233 mila unità, il 35,1 per cento citato da Brunetta.



Il confronto



È importante chiarire che anche nel primo quadrimestre di quest’anno ci sono stati nuovi contratti a tempo indeterminato: precisamente 431.924, contro però i 665.533 di gennaio-aprile 2015 e i 482.764 del 2014. Nel grafico successivo mostriamo le nuove assunzioni per ogni mese da gennaio 2014 ad aprile 2016.



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Come si vede, nei primi mesi del 2016 le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono tornate sostanzialmente ai livelli del 2014, dopo il grande aumento del 2015. Lo scorso anno, come ricorda l’Inps, erano in vigore gli sgravi contributivi sulle nuove assunzioni, per le quali le aziende non dovevano pagare contributi previdenziali per i primi tre anni del contratto.



Il calo di cui parla Brunetta è reale, confrontando 2015 e 2016. Precisiamo che stiamo comunque parlando di un calo relativo, cioè di una “diminuzione dell’aumento” e non di un calo nel numero assoluto dei contratti a tempo indeterminato (come potrebbe sembrare a una prima sbrigativa lettura del tweet di Brunetta).



Mese per mese, il saldo rimane positivo in tutti i primi mesi del 2016, ovvero ogni mese le assunzioni più le trasformazioni di contratti sono state sempre superiori alle cessazioni (anche se di appena 207 unità a febbraio). Nella tabella 3A del report Inps è possibile vedere il saldo anche per i singoli mesi di 2014 e 2015.



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Il verdetto



Brunetta ha scritto che “i contratti a tempo indeterminato, nel primo quadrimestre di quest’anno, si sono ridotti del 35,1%”. Che sia per esigenze di sintesi o per altri motivi, l’affermazione è imprecisa. I contratti a tempo indeterminato sono aumentati leggermente in ogni mese del primo quadrimestre 2016. I nuovi contratti a tempo indeterminato, tuttavia, sono cresciuti molto meno dei primi mesi del 2015, quando erano in vigore gli incentivi statali alle assunzioni. Il calo del 35,1% è appunto la differenza tra i nuovi contratti indeterminati del 2016 e quelli del 2015, quindi una sorta di “diminuzione dell’aumento”. “Nì” per l’ex ministro e deputato forzista.