Renato Brunetta critica i risparmi che verrebbero dalla riforma costituzionale secondo quanto calcolato da Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme costituzionali e i Rapporti con il Parlamento (nonché promotrice della riforma).



L’esponente forzista, nella fattispecie, si riferisce ai numeri che Boschi aveva fornito nella risposta ad una interrogazione parlamentare presentata dal deputato di Sel Stefano Quaranta, lo scorso 8 giugno alla Camera (qui il resoconto stenografico). Vediamo le cifre più da vicino.



Il nuovo Senato



Il bilancio totale del Senato della Repubblica per il 2015 prevede 540 milioni di spese per le casse dello Stato, al netto dei risparmi: la cifra è coerente con i “500/600 milioni” citati da Brunetta. Quanto ai componenti, con la riforma Boschi il numero totale dei senatori previsti dalla Costituzione viene ridotto dagli attuali 320 circa (art. 57 Cost.: “Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici”, a cui si aggiungono, secondo l’art. 59 Cost., gli ex presidenti della Repubblica, di numero variabile, e i cinque senatori a vita nominati dal Presidente della Repubblica) a 100.



Nella nuova formulazione dell’articolo 57, infatti – come mostra questo utile confronto a cura del Servizio Studi della Camera – i componenti del Senato sono definiti così: “novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e […] cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica”. La riduzione dei senatori è quindi di circa 220 unità (gli ex presidenti della Repubblica rimangono senatori a vita), anche in questo caso molto vicina ai 215 di cui parla Brunetta.



I risparmi sulle indennità



Sul risparmio nelle indennità dei senatori, ci sono pareri discordanti. Il ministro Boschi ha detto in Aula che la riforma porterà “un risparmio di circa 80 milioni l’anno, che derivano dalle indennità e dai rimborsi dei senatori, a cui si aggiungono circa 70 milioni l’anno per il funzionamento delle Commissioni, per esempio, d’inchiesta, per la riduzione dei rimborsi ai gruppi al Senato”.



La riforma della Costituzione attribuisce un’indennità solo ai membri della Camera (come è chiaro dalla nuova formulazione dell’art. 69). Dunque, secondo il bilancio 2015, si risparmierebbero i 42.185.000 euro delle “competenze” e i 37.266.000 euro di “rimborsi di natura indennitaria delle spese sostenute per lo svolgimento del mandato parlamentare”. La somma dà 79,4 milioni di euro, gli “80 milioni” citati dalla Boschi in Aula.



In realtà il risparmio è leggermente inferiore, nei primi anni – di circa 800.000 mila euro – perché i sei senatori a vita attualmente in carica mantengono le loro prerogative precedenti la riforma. In totale, comunque, staremmo parlando del 14,5 per cento circa delle attuali spese per il Senato dal bilancio dello Stato.



I conti di Brunetta (e Malan)



Perché dunque Brunetta parla dell’8 per cento del bilancio, cioè 43,2 milioni? La cifra si ritrova in una serie di schede preparate dal senatore di Forza Italia Lucio Malan, che ha contestato una per una le cifre fornite dal ministro Boschi.



Per quanto riguarda le indennità – competenze e rimborsi – Malan ha mosso due critiche principali alle cifre fornite dal ministro Boschi. La prima è che le indennità dei senatori sono comunque tassate, per cui la mancata erogazione delle competenze risulta in mancati introiti per lo Stato, che Malan stima in 15,6 milioni di euro. Si tratta però di mancati introiti per la fiscalità generale e non di mancate spese per il bilancio del Senato. In secondo luogo, i rimborsi ai senatori non sarebbero annullati del tutto: nonostante il testo della riforma non ne faccia parola, sembra più che probabile che essi verranno mantenuti per i 100 senatori “regionali”, a cui verranno rimborsate le spese di trasferta e alloggio a Roma.



Nelle stime di Malan, il risparmio totale sugli stipendi dei senatori – contando la riduzione delle spese per il personale che dipende dai senatori, la riduzione dei rimborsi che viene dal passaggio da 320 a 100 membri, i mancati introiti per la fiscalità – è di 42,3 milioni, circa l’8 per cento del bilancio 2015.



Che cosa non convince nell’approccio di Malan



C’è una obiezione da fare ai conti di Malan (e Brunetta). Il trasferimento al Senato di 540 milioni a carico del bilancio dello Stato include le indennità lorde per i senatori, senza cioè considerare quanto poi ritorna nelle casse statali sotto forma di tasse sul reddito. Considerate queste ultime – che comunque andranno aggiustate per le diverse situazioni patrimoniali dei singoli senatori – i trasferimenti “netti” al Senato sarebbero già minori di 540 milioni.



In altre parole, il confronto va fatto tra grandezze uguali: o si confronta il trasferimento “lordo” prima e dopo la riforma, oppure quello al netto delle tasse pagate dai senatori. Malan e Brunetta confrontano invece il trasferimento “lordo” prima con quello “netto” dopo, e ne ricavano la proporzione dell’8 per cento. Secondo questa linea di ragionamento, la cifra citata dal ministro Boschi – pari al 14,5% di risparmi per le sole indennità – sembra più corretta.



Le altre spese



Brunetta ha dichiarato che “il resto delle spese [del Senato] rimane intatto”, il che sembra una leggera esagerazione. Le stesse schede di Malan elencano altre riduzioni nelle spese del Senato. Tra queste: la diminuzione dei trasferimenti per il funzionamento dei gruppi parlamentari al Senato e la riduzione delle spese per le Commissioni (il Senato si vede ridotto ad esempio il potere d’inchiesta previsto dall’attuale art. 82 Cost.). In totale, secondo Malan, si risparmieranno altri 5,5 milioni.



Ci occuperemo in futuro in modo più analitico dei conti del senatore forzista; per quello che ci interessa qui possiamo notare che, indennità a parte, altre spese del Senato verranno ridotte. Il totale secondo la stima più conservativa – come possiamo considerare quella di Malan – è di ulteriori 5,5 milioni di euro, l’un per cento circa del bilancio totale 2015. Anche in questo caso, Malan considera i mancati trasferimenti fiscali, per cui valgono le considerazioni della sezione precedente.



Da dove viene l’8 per cento



La stima numerica dell’8% citata da Brunetta è già emersa in queste settimane. Sarebbe infatti contenuta anche in una relazione della Ragioneria dello Stato dell’ottobre 2014, richiesta dallo stesso ministro delle Riforme. Il documento non è reperibile online, ma fonti di stampa che hanno potuto vedere il documento hanno riportato che il risparmio nei conti del Senato, in conseguenza della riforma, è da stimare in circa 49 milioni di euro (il 9,07 per cento del bilancio 2015). Tuttavia non conosciamo i dettagli della stima della Ragioneria, che potrebbe ad esempio considerare la questione delle mancate entrate fiscali; ma in questo caso, come abbiamo già argomentato, non sarebbe corretto paragonare i risparmi con il totale dei trasferimenti “lordi”.



Il verdetto



Brunetta ha dichiarato che la riforma costituzionale ridurrà le spese per indennità in misura dell’8% del bilancio del Senato, mentre sembra più corretta una stima più alta (14,5%). Ha affermato poi che le altre spese resteranno “intatte”, mentre si può dire che alcune di esse verranno certamente ridotte. La dichiarazione, per noi, merita un “Pinocchio andante”.