Le 11 mila terapie intensive promesse dal governo sono ancora lontane

Ansa
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Il 14 ottobre il ministro per gli Affari regionali e per le Autonomie Francesco Boccia (Pd) ha invitato alla cautela nel commentare la forte crescita dei contagi da coronavirus registrato in Italia negli ultimi giorni. «Le terapie intensive e sub-intensive sono aumentate e sostengono gli sforzi in corso», ha scritto Boccia su Facebook.

Alcuni giorni fa l’ex sottosegretario Vincenzo Maurizio Santangelo (M5s) ha scritto sempre su Facebook che «le regioni dal Nord al Sud riorganizzano le strutture di terapia intensiva», pubblicando lo screenshot di un articolo del Corriere della Sera di fine settembre in cui si dice che sono già «pronti» 11 mila posti di terapia intensiva.

Abbiamo verificato che cosa dicono i numeri ed è vero che i posti letto in intensiva sono aumentati rispetto al periodo pre-epidemia, ma le promesse fatte dal governo sono ancora lontane dall’essere mantenute. Vediamo nel dettaglio perché e il motivo per cui le terapie intensive sono così fondamentali in questo momento.

Un breve ripasso su terapie intensive e coronavirus

Le terapie intensive hanno l’obiettivo di mantenere in vita i pazienti che si trovano in situazioni di salute particolarmente critiche: sono dunque posti letto che devono essere sempre disponibili in caso di emergenza, anche in supporto alle normali attività chirurgiche. Le terapie intensive non vanno confuse con quelle sub-intensive, dove i pazienti comunque critici vengono curati con macchinari meno invasivi.

Proprio per via dell’unicità delle condizioni dei pazienti che ne hanno bisogno, il numero dei letti di terapia intensiva è sempre molto ridotto rispetto ai letti di degenza ordinaria e il personale che vi lavora è altamente specializzato.

Una delle conseguenze più gravi del coronavirus è che una percentuale relativamente alta di pazienti Covid-19 (rispetto a malattie come l’influenza stagionale) ha bisogno della terapia intensiva per sopravvivere. Non riuscendo più a respirare autonomamente, diventa infatti necessario l’utilizzo di una macchina che sostituisca la funzione dei polmoni stessi, mettendoli a riposo.

Al 14 ottobre, in Italia i pazienti Covid-19 ricoverati in terapia intensiva erano 539 (lo 0,6 per cento delle persone “attualmente positive”), mentre al picco del 3 aprile erano 4.068 (quasi il 5 per cento delle persone all’epoca rilevate come positive al virus). Come abbiamo scritto di recente, bisogna dunque fare attenzione a confrontare i dati di “oggi” con quelli del lockdown: a marzo i test non erano sufficienti per avere una fotografia reale dell’epidemia in corso, mentre adesso la capacità di testing è notevolmente aumentata, nonostante rimangano ancora diversi limiti nel monitoraggio del contagio.

Il trend dei ricoverati in terapia intensiva è in costante crescita: a inizio settembre erano 107, circa un quinto di quelli attuali.

Ma come è cambiato il numero delle terapie intensive in Italia negli ultimi mesi?

Quante terapie intensive c’erano in Italia prima e durante il picco

Sul sito del Ministero della Salute i dati sul numero delle terapie intensive nel nostro Paese fanno riferimento alla fine del 2018, quindi a ben prima dell’emergenza sanitaria causata dal nuovo coronavirus. Molte cose sono però cambiate da marzo di quest’anno in poi, con un aumento dei posti letto nel tentativo di contenere il più possibile l’incremento dei decessi causati dalla Covid-19.

Per quanto riguarda il periodo pre-pandemia, ci sono diverse stime sul numero effettivo dei posti letto in terapia intensiva. Secondo il Ministero della Salute, a fine 2018 erano 5.223, mentre un’elaborazione fatta a marzo scorso dal sito di settore Quotidiano sanità in collaborazione con il sindacato Anaao Assomed poneva il dato leggermente più in alto per il 2019, intorno alle 5.404 unità.

Durante i mesi più duri dell’epidemia, i posti letto erano stati poi aumentati in via emergenziale, dunque non definitiva, per tentare di far fronte all’enorme crescita dei ricoverati. Secondo i dati contenuti in un verbale del 24 aprile scorso del Comitato tecnico scientifico (Cts), in quella data le terapie intensive operative in Italia erano 8.817 (pag. 4): 5.179 come numero iniziale – un numero abbastanza in linea con quello del Ministero della Salute – a cui ne erano state aggiunte e attivate 3.638.

A maggio il governo e il Parlamento erano poi intervenuti per rafforzare questi interventi emergenziali.

Che cosa ha deciso il governo

Il 16 luglio il Senato ha definitivamente convertito in legge il decreto “Rilancio” (n. 34 del 19 maggio 2020), con cui sono stati stanziati oltre 1,4 miliardi di euro per potenziare, tra le altre cose, i numeri dei posti letto in terapia intensiva (con un aumento di 3.500 posti rispetto alla dotazione pre-epidemia) e sub-intensiva (+4.225, di cui il 50 per cento convertibili in intensiva). In pratica, l’obiettivo era quello di rendere strutturale l’aumento emergenziale delle terapie intensive avvenuto durante il picco dell’epidemia.

Se si sommano i 3.500 posti di intensiva in più con la metà dei 4.225 di sub-intensiva, convertibili in intensiva, e le circa 5.200 unità pre-epidemia, si ottiene un numero pari a circa 11 mila posti letto, una cifra pari al doppio del numero a disposizione prima di marzo scorso. Il numero di 11 mila è stato citato a fine settembre anche da alcuni quotidiani, ma per indicare una stima per il futuro fatta dal Ministero della Salute.

Dunque, è bene sottolineare che 11 mila è il numero complessivo programmato di posti letto nelle terapie intensive: arrivati a ottobre, bisogna verificare qual è stato l’effettivo aumento.

I ritardi e i numeri reali

Come ha spiegato in un approfondimento del 13 ottobre Quotidiano sanità, il piano di rafforzamento deciso dal governo ha infatti subito «forti ritardi».

Secondo i dati del commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri, al 9 ottobre 2020 i posti operativi in terapia intensiva in Italia erano 6.458, un «+25 per cento» rispetto al periodo pre-Covid, ma comunque molte meno rispetto alle 11 mila “promesse” dalla maggioranza.

Se si guarda solo all’aumento programmato delle terapie intensive (e non a quello delle sub-intensive convertibili in intensive), secondo i calcoli di Quotidiano sanità – confermati anche da Il Sole 24 Ore e dal Corriere della Sera – al 9 ottobre scorso risultava che le terapie intensive in più già attive erano 1.259, in aggiunta alle 5.179 pre-pandemia (Tabella 1).
Tabella 1. Posti letto in terapia intensiva in Italia al 13 ottobre 2020 – Fonte: Quotidiano sanità
Tabella 1. Posti letto in terapia intensiva in Italia al 13 ottobre 2020 – Fonte: Quotidiano sanità
Dei 3.500 posti in più programmati e finanziati, ne mancano dunque all’appello ancora 2.241. Abbiamo contattato il Ministero della Salute per avere ulteriore conferma di questi numeri e ottenere i dati sulle terapie sub-intensive convertibili in intensive, ma siamo ancora in attesa di risposta.

In un articolo del 7 ottobre, La Stampa ha spiegato che il problema principale dei ritardi è stato causato dagli intoppi nelle procedure delle gare di appalto per la realizzazione dei posti letto aggiuntivi e nella presentazione da parte delle Regioni dei piani in cui indicavano i dettagli degli interventi.

Secondo i dati aggiornati al 13 ottobre, circa l’8 per cento dei quasi 6.500 posti letto in terapia intensiva effettivamente operativi nel nostro Paese era occupato da pazienti Covid-19. Questa percentuale è ancora lontana dalla soglia di allerta del 30 per cento indicata dal Ministero della Salute, ma come si vede dalla Tabella precedente ci sono ampie differenze regionali. Per esempio, in Campania quasi un posto letto su sette in terapia intensiva è occupato da pazienti Covid-19. E il trend generale è di costante crescita.

In conclusione

Secondo la maggioranza, al momento l’epidemia di coronavirus è meglio gestibile rispetto ai mesi di marzo e aprile, dal momento che i posti letto in terapia intensiva sono stati aumentati.

Abbiamo verificato che cosa dicono i numeri e alcuni miglioramenti ci sono stati, ma le promesse del governo Conte II restano ancora lontane dall’essere mantenute.

Il dato di 11 mila posti letto in terapia intensiva fa riferimento al numero programmato dal governo per rafforzare i reparti di terapia intensiva: questo dato tiene conto dei circa 5.200 posti a disposizione pre-epidemia e degli aumenti strutturali di 3.500 posti in intensiva e circa 2.200 in sub-intensiva convertibili in intensiva finanziati dal decreto “Rilancio” a maggio scorso.

Si tratta però, come detto, di un numero programmato, che non è ancora a disposizione degli ospedali italiani. Al 9 ottobre i posti letto in terapia intensiva operativi – e quindi già pronti – erano quasi 6.500, poco più della metà della cifra promessa dal governo. I posti occupati da pazienti Covid-19 era circa l’8 per cento a livello nazionale, in continua crescita nelle ultime settimane.

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