Nelle ultime ore diversi politici della Lega e di Fratelli d’Italia stanno scrivendo sui social media che la Germania sarebbe destinataria di circa metà degli aiuti dell’Unione europea stanziati per l’emergenza coronavirus.

«Più di un euro su due degli aiuti pubblici erogati da tutti i Paesi dell’Ue verrà speso dal governo tedesco, il resto verrà ripartito tra tutti gli altri Stati membri», ha scritto il 4 maggio su Facebook il senatore leghista Roberto Calderoli. «Se questa è la ripartizione dei fondi europei questa non è più l’Unione Europea ma l’Unione Tedesca!».

Nel suo post, Calderoli ha anche allegato lo screenshot di un articolo pubblicato il 3 maggio da Il Sole 24 Ore, intitolato sul cartaceo “Alla Germania 1.000 miliardi di aiuti Ue su 1.900”, ma presentato nella edizione online con un titolo diverso: “I soldi pubblici alle imprese tedesche rischiano di allargare il divario tra paesi Ue”.

Lo stesso giorno, anche il senatore di Fratelli d’Italia Adolfo Urso ha riportato su Facebook l’articolo del quotidiano di Confindustria, dicendo che all’Italia restano solo «le briciole» degli «aiuti Ue».

Il 30 aprile, l’account Twitter ufficiale della Lega ha invece pubblicato un articolo del Tempo, scrivendo: «Aiuti europei? Il 55 per cento vanno alla Germania». La notizia è stata ripresa anche da un servizio andato in onda il 3 maggio sul Tg2, in cui si dice che «arrivano dall’Unione europea gli aiuti per le piccole e medie imprese», con «importi diversi a seconda dei Paesi».

Ma è vero che metà degli «aiuti Ue» stanno andando alla Germania?

Diciamo subito che i “1.900 miliardi” in questione non sono soldi dell’Unione europea, ma la somma dei finanziamenti che i singoli Stati membri stanno dando (o garantendo) alle proprie imprese. Così i “1.000 miliardi” della Germania sono a tutti gli effetti soldi delle casse tedesche, più precisamente “aiuti di Stato” autorizzati dall’Ue.

Vediamo meglio i dettagli della vicenda.

Ue, aiuti di Stato e coronavirus

La disciplina pre-coronavirus

In base agli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue), «sono incompatibili con il mercato interno» gli aiuti concessi alle imprese dagli Stati membri – ossia attraverso risorse statali – che falsano o «minaccino di falsare la concorrenza».

In sostanza le regole europee normalmente impediscono ai singoli Paesi di aiutare economicamente le proprie imprese tramite “aiuti di Stato” se queste sovvenzioni creano uno squilibrio nel mercato interno europeo.

Da anni, per esempio, si parla nel nostro Paese della questione se i prestiti fatti dai governi italiani alla compagnia aerea Alitalia siano da considerarsi aiuti di Stato che violano o meno i trattati europei.

Proprio per dirimere questioni di questo tipo, il Tfue disciplina un meccanismo di controllo da parte della Commissione Ue, in particolare attraverso la Direzione generale Concorrenza, che ha il compito di vigilare sugli aiuti di Stato fatti nell’Ue.

Le novità recenti

Negli ultimi mesi però l’emergenza coronavirus ha cambiato le carte in tavola, richiedendo grandi sforzi per i singoli Stati membri per aiutare le imprese colpite dalla crisi economica.

Così il 19 marzo scorso la Commissione europea ha adottato un quadro temporaneo (qui il testo ufficiale) «per consentire agli Stati membri di avvalersi pienamente della flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato al fine di sostenere l’economia nel contesto dell’epidemia di Covid-19». Una misura analoga era stata presa anche durante la crisi economica del 2008. Il quadro temporaneo per l’emergenza coronavirus è stato poi emendato e potenziato il 3 aprile scorso.

Durante l’emergenza coronavirus una serie di interventi che normalmente sarebbero stati considerati potenzialmente contro i trattati europei (come le sovvenzioni dirette o le garanzie di Stato per i prestiti bancari contratti dalle imprese) ora vengono consentiti con maggiore facilità, grazie a una procedura semplificata, in considerazione della situazione eccezionale che ha colpito l’Unione europea.

Oltre a quelli previsti dal quadro temporaneo, in questa fase sono comunque consentiti anche gli aiuti di Stato previsti normalmente dai trattati. In particolare gli aiuti approvati in caso di «grave turbamento dell’economia di uno Stato membro» (art. 107, par. 3, lett. b del Tfue) e di «danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali» (art. 107, par. 2, lett. b del Tfue).

Quando si parla di “aiuti di Stato” in questo contesto si parla dunque di risorse economiche dei singoli Stati e non comunitarie (cosa che invece avviene quando si parla di fondi europei, per esempio).

Vediamo di che cifre stiamo discutendo.

Di quali numeri stiamo parlando

Come anticipato, con le nuove regole in tema di aiuti di Stato le procedure di controllo sono state semplificate e, sul suo sito ufficiale, la Commissione europea sta tenendo traccia di tutti gli interventi approvati nelle ultime settimane in questo ambito dalla Dg Concorrenza.

In base ai dati Ue più aggiornati, al 1° maggio 2020 (ore 9) erano state adottate circa 100 misure considerate come aiuti di Stato validi sotto il nuovo quadro temporaneo e i due citati paragrafi dell’art. 107 del Tfue.

Per esempio, il 25 marzo la Commissione Ue ha approvato la garanzia concessa dallo Stato italiano per sostenere le piccole e medie imprese (Pmi) colpite dall’emergenza del coronavirus con una moratoria dei debiti contratti presso le banche, mentre il 14 aprile ha approvato sempre per il nostro Paese un regime di aiuti a sostegno dei lavoratori autonomi e delle imprese fino a 500 dipendenti che risentono dell’emergenza del coronavirus.

In generale, da inizio emergenza fino a fine aprile la Commissione Ue si è espressa sei volte su misure introdotte dal nostro Paese, nove per la Germania, 11 per la Francia e quattro per la Spagna.

Ripetiamo: questi soldi non sono soldi europei. Non sono insomma assimilabili ai fondi Ue che vengono distribuiti ogni anno ai singoli Stati membri per progetti di vario tipo. Sono soldi dei singoli Stati che, vista l’emergenza coronavirus, devono intervenire a sostegno di imprese e lavoratori.

Fino a fine aprile stiamo parlando, contando tutti i 27 Paesi Ue, di circa 1.900 miliardi di euro di aiuti di Stato approvati dalla Commissione Ue, secondo le stime ufficiali riportate dal Financial Times il 1° maggio 2020.

Il 52 per cento – poco meno di 1.000 miliardi di euro – riguardano aiuti di Stato approvati dalla Commissione Ue per la Germania.

Secondo i calcoli riportati dall’agenzia stampa Reuters il 1° maggio, all’Italia corrisponderebbe il 17 per cento degli aiuti statali autorizzati dalla Commissione, come per la Francia.

Questo però non significa, come dicono Calderoli o Urso, che si sta parlando di una ripartizione dei fondi europei o degli «aiuti Ue» (come lascia anche intendere in maniera fuorviante il titolo sul cartaceo del 3 maggio del Sole 24 Ore: “Alla Germania 1.000 miliardi di aiuti Ue su 1.900”).

I “1.000 miliardi” di cui si parla per la Germania sono insomma soldi tedeschi, non europei, e contengono aiuti di vario tipo, come finanziamenti diretti o garanzie statali.

Non vanno inoltre confusi con il programma di aiuti che l’Ue sta approntando nelle ultime settimane e che dovrebbe essere operativo dal 1° giugno 2020, per un valore complessivo superiore ai 500 miliardi di euro (con il Sure, la Banca europea per gli investimenti e il Meccanismo europeo di stabilità).

In conclusione

Nelle ultime ore sta circolando molto la notizia secondo cui su 1.900 miliardi di euro di «aiuti Ue» per l’emergenza coronavirus, circa metà siano finiti nelle tasche della Germania.

Abbiamo verificato e le cose non stanno come vengono presentate.

Innanzitutto, non stiamo parlando di «aiuti europei», o «fondi europei», ma di soldi che ogni singolo Stato sta mettendo in campo per fare fronte alla crisi economica causata dal nuovo coronavirus.

In Europa esistono delle regole sugli aiuti di Stato alle imprese, che nelle ultime settimane sono state allentate vista la situazione eccezionale in cui si trova l’Unione.

I singoli interventi di aiuto passano ancora al vaglio della Commissione Ue, che pure usa procedure più semplici per valutarli. Secondo stime provenienti da fonti ufficiali, al 1° maggio la Commissione ha approvato aiuti di Stato per un valore complessivo di circa 1.900 miliardi. Il 52 per cento dei quali (poco meno di 1.000 miliardi) riguardano misure prese dalla Germania.

Questi numeri non sono però giustificati dal fatto che la Germania abbia una corsia preferenziale rispetto agli altri Paesi, ma dal fatto che i suoi bilanci pubblici, per il momento, si possono permettere l’impiego di cifre superiori rispetto a quelle di altri Paesi, come ad esempio l’Italia.