Dieci parole chiave per capire l’elezione del presidente della Repubblica

Ansa
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Mancano ormai pochi giorni all’elezione del prossimo presidente della Repubblica, che inizieranno lunedì 24 gennaio. Da mesi, tra politici e mezzi di informazione, vengono ripetute molte parole – come “franchi tiratori”, “grandi elettori” e “quorum” – il cui significato e peso sono troppo spesso dati per scontati.

Dalla B di “bis” alla S di “settennato”, abbiamo raccolto le dieci parole chiave per capire come funziona l’elezione del successore di Sergio Mattarella al Quirinale.

Bis (mandato)

La Costituzione non vieta che un presidente della Repubblica possa essere rieletto una seconda volta, dopo il primo mandato. In tutta la storia repubblicana, però, soltanto un capo dello Stato ha ricoperto il ruolo di presidente per due volte. Stiamo parlando di Giorgio Napolitano, che nel 2013 ha ricevuto il “mandato bis”, durato poi soltanto due anni.

Il 14 gennaio 2015 Napolitano è stato infatti sostituito da Mattarella, dopo aver rassegnato le proprie dimissioni. Negli ultimi mesi è più volte circolato lo scenario che Mattarella possa essere rieletto capo dello Stato, ma lo stesso presidente della Repubblica ha lasciato intendere in diverse occasioni di non vedere di buon occhio questa ipotesi.

Delegati regionali

Oltre ai deputati e ai senatori, all’elezione del presidente della Repubblica partecipano anche i rappresentanti delle regioni: i cosiddetti “delegati regionali”. In base all’articolo 83 della Costituzione, infatti, ogni Consiglio regionale deve eleggere tre delegati, per un totale di 58 delegati. Il Trentino-Alto Adige conta come un’unica regione, mentre la Valle d’Aosta ha a disposizione solo un delegato.

La prassi vuole che ciascun consiglio elegga come proprio delegato il presidente della Giunta regionale (ossia il presidente della Regione), il presidente del Consiglio regionale e un consigliere dell’opposizione, mentre la Valle d’Aosta elegge solo il presidente della Giunta regionale. Nulla vieta però che possano essere nominati anche altri amministratori locali, come i sindaci delle città capoluogo.

Franchi tiratori

Più volte in passato è accaduto che un candidato al Quirinale non sia riuscito a ottenere i voti necessari perché tra deputati, senatori e delegati regionali c’è stato chi ha votato in contrasto con quanto indicato dal proprio partito, sfruttando il voto segreto. Qui entrano in gioco i cosiddetti “franchi tiratori”, un termine nato con la Rivoluzione francese e che con il tempo ha acquisito un significato diverso da quello originario.

Durante la guerra franco-prussiana, nella seconda metà dell’Ottocento, i “franchi tiratori” erano combattenti volontari che sparavano contro i soldati tedeschi nei centri abitati o nelle campagne, pur non essendo inquadrati nelle truppe dell’esercito francese. La formula è poi entrata nel linguaggio politico italiano dopo la seconda guerra mondiale, con il significato attuale.

Il primo candidato illustre a essere stato affossato dai “franchi tiratori” è stato Carlo Sforza. Nel 1948 l’allora ministro degli Esteri, membro del Partito repubblicano, non riuscì a essere eletto. Più di recente, nel 2013, anche l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi è rimasto vittima dei “franchi tiratori”.

Giuramento

Dopo la votazione definitiva, il presidente eletto deve presentarsi di fronte al Parlamento, raccolto in seduta comune, ossia di fronte a deputati, senatori e delegati regionali, e giurare la propria fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione. Quest’anno per partecipare al giuramento bisognerà avere l’esito negativo di un test per la Covid-19, da fare il giorno stesso del giuramento alla Camera.

Di norma, l’arco di tempo che intercorre tra l’elezione e il giuramento del nuovo capo dello Stato è piuttosto breve, ossia tra uno o due giorni. In questo modo il presidente eletto ha la possibilità di lasciare gli eventuali incarichi precedenti, che sono tutti incompatibili con quello di capo dello Stato.

Grandi elettori

Nel linguaggio politico e giornalistico, i “grandi elettori” sono coloro che partecipano all’elezione del presidente della Repubblica. Oltre ai già citati 58 delegati regionali, quest’anno ci sono 321 senatori (contando i sei senatori a vita) e 630 deputati, per un totale di 1.009 “grandi elettori”.

Secondo le stime di Pagella Politica, il centrodestra potrà contare su circa 450 “grandi elettori”, mentre il centrosinistra allargato – con dentro anche il Movimento 5 stelle e Italia viva – potrebbe arrivare circa 460. Entrambi i due schieramenti non hanno abbastanza voti per eleggere, per così dire, da soli il prossimo capo dello Stato. Saranno dunque necessarie alleanze per trovare il sostituto di Mattarella.

Ricordiamo poi che dalla prossima legislatura il numero dei “grandi elettori” diminuirà, visto il taglio dei parlamentari, che passeranno a 400 deputati e 200 senatori.

Palazzo del Quirinale

Il palazzo dove risiede e svolge le sue funzioni il presidente della Repubblica prende il nome dal colle romano del Quirinale, dove si trova l’edificio. Per questo, nel linguaggio giornalistico viene spesso chiamato semplicemente “il Colle” oppure “il Quirinale”.

Quorum

Il numero di voti necessario per eleggere il capo dello Stato varia a seconda della votazione. Nelle prime tre votazioni il quorum corrisponde alla maggioranza dei due terzi dei “grandi elettori” (ossia 673 per quest’anno), mentre dalla quarta votazione in poi basta la maggioranza assoluta: il 50 per cento dei voti più uno (ossia 505).

Scrutinio

Nell’elezione del presidente della Repubblica, uno “scrutinio” corrisponde a una singola votazione, le cui regole quest’anno, a causa della pandemia, saranno diverse rispetto agli anni precedenti.

Per prevenire il contagio tra i “grandi elettori”, ogni scrutinio sarà suddiviso in più turni da 50 elettori. Le schede di voto non saranno compilate nel “catafalco” – le tradizionali cabine in legno poste al centro dell’aula per assicurare la segretezza del voto – ma in altre cabine che saranno dotate di un sistema di aerazione. Durante lo spoglio potranno essere presenti contemporaneamente al massimo 200 parlamentari, scelti dai vari gruppi, più ulteriori 106 tra deputati e senatori, che potranno sedere sulle tribune.

Gli scrutini possono proseguire a oltranza finché non viene raggiunto un quorum: Giovanni Leone, per esempio, è stato eletto presidente nel 1971 dopo ben 23 votazioni.

Semestre bianco

Questo termine fa riferimento agli ultimi sei mesi del mandato del presidente della Repubblica. Secondo l’articolo 88 della Costituzione, in questo periodo il capo dello Stato non può sciogliere le camere, a meno che gli ultimi sei mesi del suo mandato non coincidano in tutto o in parte con la fine della legislatura.

Il semestre bianco è stato pensato per evitare che negli ultimi mesi del suo mandato il presidente della Repubblica possa mandare il Paese a elezioni anticipate e favorire così la formazione di un Parlamento meglio disposto verso una sua rielezione.

Settennato

È il termine utilizzato per definire il mandato del presidente della Repubblica, ossia il periodo nel quale il capo dello Stato rimane in carica. In Italia infatti il mandato del presidente della Repubblica dura sette anni e inizia dal giorno del giuramento. Il mandato conferito a Mattarella scadrà il prossimo 3 febbraio.

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