Nelle ultime settimane in Italia il forte aumento dei contagi da coronavirus sta mettendo sotto pressione le farmacie, che ogni giorno devono fare centinaia di migliaia di test per individuare i nuovi casi. Per questo motivo alcuni partiti hanno proposto di permettere anche alle parafarmacie, strutture regolarmente abilitate alla vendita di alcune tipologie di farmaci, di poter effettuare i tamponi antigenici (i cosiddetti “test rapidi”) e rilasciare quindi i green pass.

Ad oggi questa iniziativa non ha però trovato una maggioranza in Parlamento, soprattutto per l’opposizione del centrodestra e di Italia viva. «Quando la politica abbandona il buon senso e agisce per finalità diverse dal bene comune a pagare il conto più salato sono sempre i cittadini», ha commentato su Facebook il 12 gennaio il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte.

Ma quali sono le ragioni di chi si oppone alla possibilità di far fare i test rapidi alle parafarmacie? E che cosa è successo nelle ultime ore in Parlamento? Abbiamo ricostruito la vicenda, che finora è stata piuttosto tortuosa.

Che cosa è successo in Senato

Il 12 gennaio si è svolta in Senato la discussione per la conversione in legge del decreto che, tra le altre cose, ha esteso l’obbligo vaccinale alla maggior parte dei lavoratori del settore pubblico. Seppure con diverse formulazioni, tre emendamenti (due del senatore del Movimento 5 stelle Gianluca Castaldi e uno della senatrice di Liberi e uguali Loredana De Petris) chiedevano di permettere alle parafarmacie di eseguire i tamponi antigenici rapidi.

L’esame di questi emendamenti ha seguito un iter travagliato. Secondo quanto riportato a Pagella Politica da De Petris, gli emendamenti hanno prima ricevuto il parere positivo da parte del governo e del relatore del provvedimento, il senatore di Forza Italia Nazario Pagano. Ma poi sono stati bocciati nelle votazioni della Commissione Affari costituzionali del Senato, ricevendo 11 voti favorevoli e 13 contrari. Questa dinamica è stata anche riportata dal sottosegretario al Ministero della Salute Pierpaolo Sileri, durante la discussione in aula.

I voti delle singole commissioni parlamentari non sono pubblici ma, secondo quanto spiegato sui social da Castaldi e confermato a Pagella Politica da De Petris, gli emendamenti avevano ricevuto il sì degli esponenti del gruppo Misto, del Partito democratico e del Movimento 5 stelle, mentre si sarebbero opposti Lega, Forza Italia e anche Italia viva. In aula alcuni senatori hanno accusato questi partiti di voler sostenere la lobby dei farmacisti, a scapito della salute e delle necessità dei cittadini. A Pagella Politica la senatrice De Petris ha dichiarato che «c’è uno schieramento formato da Forza Italia, Lega e Italia Viva che rappresenta i farmacisti».

Dopo il parere negativo della commissione, Castaldi ha ritirato i suoi emendamenti, mentre l’emendamento di De Petris è stato riformulato per aderire di più alle indicazioni del governo. Durante la discussione del il 12 gennaio l’emendamento è stato alla fine convertito in un ordine del giorno, con cui il Senato ha impegnato il governo «a individuare le soluzioni più adeguate per assicurare la più ampia disponibilità per l’accesso dei cittadini alla fruizione di tamponi antigenici». Il governo ha accolto l’ordine del giorno, ma non è chiaro come e se si concretizzerà questo impegno.

La ragioni di Italia viva e delle parafarmacie

In un’intervista al Messaggero la senatrice di Italia viva Annamaria Parente ha spiegato le ragioni della linea seguita dal suo partito, sostenendo che «le parafarmacie sono esercizi commerciali che non fanno parte del sistema sanitario nazionale» e che «quindi non sono nelle piattaforme che gestiscono le tessere sanitarie». Secondo Parente, se anche le parafarmacie effettuassero i tamponi, queste non potrebbero comunicare in modo diretto i risultati alle autorità sanitarie competenti. «Insomma, avremmo dovuto creare una piattaforma parallela su dati sensibili, ma somministrare i tamponi anti-Covid non è come dare un’aspirina al banco», ha aggiunto la senatrice di Italia viva.

Questo punto viene però contestato da Davide Gullotta, presidente della Federazione nazionale parafarmacie. «Tutte le parafarmacie hanno le credenziali per accedere al sistema della tessera sanitaria, perché già quotidianamente inviamo i dati degli scontrini», ha spiegato Gullotta a Pagella Politica.

Effettivamente le parafarmacie sono già inserite nel “Sistema Ts”, che gestisce, tra le altre cose, la comunicazione degli esiti dei test anti-Covid, e possono accedere alla funzione “spese sanitarie”, tramite la quale inseriscono gli acquisti effettuati dai clienti in modo che questi possano usufruire delle detrazioni fiscali. Secondo Gullotta, quindi, l’abilitazione alla comunicazione dei risultati dei tamponi sarebbe un’aggiunta a un’infrastruttura informatica che già esiste e di cui le parafarmacie fanno già parte: non sarebbe necessario creare un sistema nuovo.

Tra l’altro, l’emendamento proposto da De Petris toccava proprio questo punto e prevedeva esplicitamente che le parafarmacie si avvalessero di «modalità telematiche sicure, approvate dal Ministero della Salute, per trasmettere, senza ritardo, i dati relativi alla somministrazione di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene Sars-CoV-2 alla regione o alla provincia autonoma di riferimento».

Secondo alcuni esperti, gli ostacoli che sembrano impedire alle parafarmacie di eseguire i test rapidi potrebbero essere facilmente risolti. Alessia Monica, docente di diritto sanitario presso l’Università degli Studi di Milano, ha per esempio spiegato a Pagella Politica che se il Garante della privacy abilitasse le parafarmacie a trattare dati sensibili, come i risultati dei test per la Covid-19, «non ci sarebbero, a mio parere, controindicazioni» allo svolgimento dei test anche in quelle strutture.

Ricordiamo che per legge tutte le parafarmacie devono garantire la presenza di un farmacista durante tutto l’orario di apertura, che quindi potrebbe effettuare i test. «L’obiettivo primario è la tutela della salute pubblica e l’attività di tracciamento», ha sottolineato Monica. «Siamo nuovamente nella polemica: preferiamo le farmacie o le parafarmacie?».

Al momento la questione sembra tutt’altro che chiusa. Il 13 gennaio la deputata del M5s Stefania Mammì ha infatti dichiarato che la proposta di consentire alle parafarmacie di fare i test rapidi sarà riproposta in un emendamento durante l’esame in Parlamento del decreto “Milleproroghe”.