A febbraio 2021, a un anno circa dallo scoppio della pandemia, un gruppo di scienziati europei propose di puntare sulla strategia “zero Covid” per gestire la crisi: azzerare i contagi da coronavirus e seguire quanto fatto da alcuni Paesi asiatici e dell’Oceania.

Ma pochi giorni fa, a inizio ottobre, la Nuova Zelanda è stato l’ultimo Paese ad abbandonare questa strategia. Grazie ai vaccini, ma anche a causa della diffusione delle variante delta, al mondo non è rimasto più nessuno – tranne la Cina – a perseguire la “zero Covid”.

Che cos’è la strategia “zero Covid”

Come abbiamo spiegato in passato, secondo i sostenitori della strategia “zero Covid” non è possibile convivere con il Sars-CoV-2, ma si deve puntare a debellarlo, azzerando i contagi e tenendoli a zero a ogni costo. A seguire questa strategia sono stati principalmente la Cina, la Nuova Zelanda, l’Australia, Taiwan e Singapore.

Per realizzare questo obiettivo sono state usate principalmente due strategie. Da una parte, i Paesi si sono isolati dal resto del mondo, chiudendo le frontiere e obbligando chiunque entri alla quarantena. Dall’altra parte si è fatto ricorso a forti restrizioni ai movimenti e alla socialità dei cittadini ogni volta che si sono trovate prove di trasmissione del virus all’interno del Paese. Secondo la strategia “zero Covid”, anche per un singolo caso – almeno idealmente – si dovrebbe ricorrere a un rapido lockdown per contenere il virus e isolare tutti coloro che sono stati a contatto con la persona infetta.

Più è alta la base di partenza dei contagi, più tempo dovrà durare il lockdown per abbatterli. A febbraio 2021 avevamo calcolato che per passare dai quasi 90 mila contagi settimanali che aveva all’epoca all’Italia a circa 700 sarebbero potuti servire fino a tre mesi di lockdown.

Dopo un anno e mezzo di pandemia, i pochi Paesi al mondo che sono riusciti a seguire la strategia “zero Covid” con il tempo sono stati costretti ad abbandonarla.

Chi ha abbandonato la “zero Covid”

A giugno scorso Singapore è stato il primo Paese asiatico ad abbandonare la strategia “zero Covid”. Il governo ha sostenuto che si potesse convivere con il virus grazie all’82 per cento della popolazione completamente vaccinata. Il 9 ottobre il primo ministro Lee Hsien Loong ha riconosciuto che la “zero Covid” è ormai una strategia non più perseguibile, mentre il Paese sta sperimentato la peggiore ondata di casi da inizio pandemia. Singapore sta registrando in media oltre 3 mila casi giornalieri, dieci volte quelli che aveva solo un mese fa.

A fine agosto il primo ministro australiano Scott Morrison ha annunciato l’allentamento della maggior parte delle restrizioni una volta che il Paese raggiungerà il 70 o 80 per cento di popolazione vaccinata in quanto la strategia “zero Covid” è, a detta sua, «non sostenibile con il modo di vivere in questo Paese». Mantenere un livello molto basso di contagi aveva infatti richiesto misure sempre più estreme. A fine luglio, per esempio, il governo aveva dispiegato l’esercito per far rispettare il lockdown e ad agosto a chi voleva uscire dall’Australia era richiesto un valido motivo per farlo. La “zero Covid” inoltre non ha permesso di vivere normalmente a tutti gli australiani nell’ultimo anno: Melbourne da inizio pandemia è stata per più di 200 giorni in lockdown.

L’ultimo Paese ad annunciare la fine della “zero Covid” è stata la Nuova Zelanda, che negli ultimi due mesi ha infatti sperimentato un incremento dei contagi, in particolar modo nella regione di Auckland. Le restrizioni non sono state sufficienti per riportare a zero i casi, sebbene in un primo momento ci sia stata una parziale riduzione. La prima ministra Jacinda Arden ha ammesso che tornare a zero contagi è «incredibilmente difficile» e ha annunciato una nuova strategia che non includesse solo lockdown.

Sia per l’Australia sia per la Nuova Zelanda non è comunque chiaro che cosa succederà ora. In Nuova Zelanda è probabile che le restrizioni rimangano ancora per diverso tempo, così come le frontiere chiuse. In Australia il primo passo sarà la riapertura delle frontiere per far rientrare nel Paese i cittadini e i residenti permanenti che da mesi non riescono a tornare a casa. Secondo l’Economist, l’Australia «è lontana dall’accettare il rischio e continuare a convivere con il virus».

Più in generale, con la diffusione della variante delta – che è tra le due e le tre volte più contagiosa del virus originario – le stesse restrizioni che un anno fa avrebbero funzionato ora non funzionano più. Il tracciamento dei contagi, un elemento fondamentale della strategia “zero Covid”, è diventato ancora più complesso.

La Cina è rimasta da sola

Ad oggi la Cina è l’unico Paese rimasto a perseguire dichiaratamente la strategia “zero Covid”. Chi entra in Cina è obbligato a lunghe quarantene e in diverse zone del Paese continuano a essere introdotte severe restrizioni appena viene rilevato anche un solo contagio.

Il direttore del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie Gao Fu ha recentemente dichiarato che la Cina preferisce aspettare prima di cambiare la propria strategia e che non è ancora pronta ad abbracciare l’idea che la Covid-19 diventi una malattia endemica.

Non è comunque chiaro come sarà possibile proseguire a lungo con questa strategia, con le Olimpiadi invernali di Pechino che inizieranno tra meno di tre mesi.

È una strategia ancora perseguibile?

Il problema principale della “zero Covid”, oggi come otto mesi fa, è che è difficile pensare come possa essere una strategia con benefici maggiori rispetto ai costi, in particolare grazie alla disponibilità dei vaccini.

Sebbene a causa della variante delta l’immunità di gregge non sembra più un obiettivo raggiungibile, i vaccini sono in grado di rallentare sensibilmente il contagio e di prevenire la stragrande maggioranza delle forme gravi di Covid-19.

In Italia i dati settimanali dell’Istituto superiore di sanità (Iss) mostrano chiaramente che i vaccini funzionano. Per fare un esempio, una persona sopra gli 80 anni – la fascia più a rischio – completamente vaccinata ha l’80 per cento di probabilità in meno di ricevere una diagnosi di positività rispetto a un non vaccinato, l’87 per cento in meno di essere ospedalizzato, il 90 per cento in meno di essere ricoverato in terapia intensiva e il 92 per cento in meno di morire.

La domanda da farsi dunque è perché si dovrebbe scegliere la strategia “zero Covid”, con grandi sacrifici sociali ed economici, se i vaccini stanno permettendo di rendere la Covid-19 una malattia gestibile.

In conclusione

La strategia “zero Covid” punta a eradicare il coronavirus adottando rapide e severe restrizioni. Ha alti costi sociali ed economici, perché richiede il sostanziale isolamento di un Paese dal resto del mondo.

Per questo motivo, e anche a causa della variante delta, tutte le nazioni che la stavano seguendo – fatta eccezione per la Cina – l’hanno abbandonata.

Oggi i vaccini stanno permettendo di rendere la malattia più gestibile, prevenendo la maggioranza delle forme gravi della Covid-19 e una gran parte dei decessi.