Il fact-checking di Draghi all’evento sul clima di Milano

Pagella Politica
Il 30 settembre il presidente del Consiglio Mario Draghi è intervenuto all’evento Youth4Climate di Milano, dove ha incontrato alcune attiviste ambientali, tra cui la svedese Greta Thunberg.

Abbiamo analizzato cinque dichiarazioni dell’ex presidente della Banca centrale europea per vedere se corrispondono al vero o meno.

Quanti sono i giovani nel mondo

«Rappresentate la generazione di giovani più grande nella storia. Circa 3 miliardi di persone con meno di 25 anni, e un aspetto molto importante è che la maggior parte vengono da paesi a basso e medio reddito»

Secondo i dati più aggiornati delle Nazioni unite, nel 2020 la popolazione mondiale era pari a quasi 7,8 miliardi di abitanti. Di questi, 1,2 miliardi avevano tra i 15 e i 24 anni, 1,3 miliardi tra i 5 e i 14 anni e quasi 800 milioni meno di 5 anni: nel complesso 3,3 miliardi, un dato leggermente più alto di quello indicato da Draghi (Grafico 1). Circa la metà di questi 3,3 miliardi di giovani vive in Paesi a basso o medio reddito.
Grafico 1. Popolazione nel mondo per fascia di età – Fonte: Nazioni unite
Grafico 1. Popolazione nel mondo per fascia di età – Fonte: Nazioni unite

Siamo lontani dagli obiettivi sul clima

«L’attuale andamento ci dice che non stiamo riuscendo a mantenere la nostra promessa di contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi»

Draghi ha ragione. Come abbiamo spiegato di recente, nel 2015 oltre 190 Paesi hanno firmato l’Accordo di Parigi, che ha posto l’obiettivo di limitare nel lungo periodo l’aumento delle temperature al di sotto dei 2°C, preferibilmente entro gli 1.5°C, rispetto al periodo pre-industriale.

Secondo le stime più aggiornate dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) delle Nazioni unite – che si occupa di studiare l’emergenza climatica e i suoi effetti – anche nello scenario futuro più ottimistico, ossia azzerando a livello mondiale le emissioni entro il 2050, nel medio periodo (2041-2060) l’aumento rispetto al periodo pre-industriale sarà comunque di oltre 1,5°C.

Il Climate action tracker – un consorzio di ricercatori indipendenti, che monitora gli Stati nel mondo e le loro politiche ambientali in relazione all’Accordo di Parigi – prevede che se saranno mantenute le attuali politiche sul clima, entro il 2100 l’aumento delle temperature sarà tra i 2,7°C e i 3,1°C (Figura 1).
Figura 1. Previsioni di Climate action tracker sull’aumento delle temperature – Fonte: Climate action tracker
Figura 1. Previsioni di Climate action tracker sull’aumento delle temperature – Fonte: Climate action tracker

Quanti sono i poveri estremi nel mondo

«La pandemia e i cambiamenti climatici hanno contribuito a spingere quasi 100 milioni di persone in povertà estrema, portando il totale a 730 milioni»

Di povertà estrema ci siamo occupati in un recente fact-checking. Secondo la Banca mondiale, una persona si trova in questa condizione se vive con meno di 1,90 dollari al giorno. In base ai dati più consolidati, nel 2017 le persone in povertà estrema nel mondo erano circa 690 milioni.

Il dato a cui fa riferimento Draghi, «730 milioni», è il risultato delle stime più recenti della Banca mondiale, secondo cui le persone in povertà estrema sono passate da circa 650 milioni nel 2019 a 730-750 milioni nel 2020.

Quanti soldi dà il Pnrr all’ambiente

«L’Italia ha stanziato il 40 per cento delle risorse nel nostro “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr) per la transizione ecologica»

Qui Draghi arrotonda un po’ la percentuale corretta. Secondo la valutazione fatta dalla Commissione europea, pubblicata il 22 giugno, le misure del Pnrr a sostegno degli obiettivi climatici «rappresentano un importo pari al 37,5 per cento della dotazione totale del piano».

Come abbiamo spiegato in passato, alcune associazioni ambientaliste hanno calcolato una percentuale più bassa del contributo del Pnrr alla transizione ecologica. A queste valutazioni contribuisce però un certo grado di soggettività, inevitabile per misure che non sono ancora state messe in pratica e di cui non si possono ancora misurare concretamente le conseguenze.

Il peso del G20 su economia ed emissioni

«I Paesi del G20 generano oltre l’80 per cento del Pil a livello mondiale e oltre 75 per cento delle emissioni globali»

Draghi ha ragione su entrambe le percentuali. Secondo i dati più aggiornati della Banca mondiale e dell’Ocse, nel 2020 il Pil mondiale era pari a quasi 82 mila miliardi di dollari (Grafico 2). Circa l’88 per cento (quasi 73 mila miliardi) faceva riferimento ai 20 membri del G20, con al primo posto gli Stati Uniti (17.700 miliardi), seguiti da Unione europea (15.600 miliardi) e Cina (11.800 miliardi).
Grafico 2. Pil mondiale e Pil dei 20 membri del G20 – Fonte: Banca mondiale e Ocse
Grafico 2. Pil mondiale e Pil dei 20 membri del G20 – Fonte: Banca mondiale e Ocse
Nel 2019 oltre l’81 per cento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera (circa 36,5 miliardi di tonnellate) è stato invece prodotto dai membri del G20, con al primo posto la Cina (10,2 miliardi), seguita da Stati Uniti (5,3 miliardi) e India (2,6 miliardi).
Grafico 3. Emissioni di CO2, anno 2019 – Fonte: Our world in data
Grafico 3. Emissioni di CO2, anno 2019 – Fonte: Our world in data

In conclusione

Abbiamo verificato cinque dichiarazioni di Mario Draghi, fatte all’evento Youth4Climate di Milano. Il presidente del Consiglio non ha commesso errori significativi.

Gli under 25 nel mondo sono circa 3,3 miliardi (un po’ di più dei 3 miliardi indicati da Draghi), metà dei quali vive in Paesi a basso o medio reddito. Secondo le stime della Banca mondiale, i poveri estremi nel mondo sono saliti fino a circa 730-750 milioni, mentre il Pnrr italiano destina alle politiche ambientali il 37,5 per cento delle risorse (arrotondato al 40 per cento da Draghi).

È vero poi che con l’attuale andamento delle emissioni non stiamo mantenendo la nostra promessa di contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C, e che i Paesi del G20 pesano per oltre l’80 per cento sia sul Pil mondiale che sulle emissioni.

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