Il 10 settembre, ospite a L’aria che tira su La7, il segretario della Lega Matteo Salvini si è schierato contro l’obbligo vaccinale per la Covid-19 e contro l’obbligo di green pass «per tutti i lavoratori». Durante la trasmissione Salvini ha chiesto (min. 4:02) alla conduttrice Myrta Merlino di fare «informazione corretta» sulla pandemia, sostenendo che «le varianti nascono come reazione al vaccino». «È il mestiere del vaccino: se io provo ad ammazzare il virus, il virus cerca di sopravvivere variando, mutando e reagendo al vaccino», ha aggiunto il leader della Lega. «È per questo che in Israele, che è il Paese più vaccinato al mondo, ci sono migliaia di casi e stanno arrivando alla terza dose».

Alcuni esponenti del Partito democratico hanno criticato quanto detto da Salvini. La deputata Alessia Morani lo ha per esempio accusato di aver diffuso una «bufala», mentre l’ex ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha definito «irresponsabili e antiscientifiche» le posizioni del leader della Lega.

Ma quanto c’è di vero nelle parole di Salvini? In generale il tema del rapporto tra varianti e vaccini è complesso, ma l’affermazione del leader della Lega è, a essere generosi, parecchio fuorviante. Le varianti del coronavirus più preoccupanti in circolazione sono nate prima dell’inizio della campagna vaccinale. A livello teorico è possibile che i vaccini possano contribuire allo sviluppo delle varianti di un virus, che però hanno una maggiore probabilità di svilupparsi circolando liberamente in una popolazione non vaccinata.

Che relazione c’è tra vaccini e varianti

Come spiega l’Istituto superiore di sanità (Iss), i virus come il Sars-CoV-2 – che causa la Covid-19 – sono microrganismi che per sopravvivere devono replicarsi dentro alle cellule dell’organismo che li ospita. Durante la replicazione è normale che la struttura del virus si modifichi, mutando per degli errori di copiatura, ma nella maggior parte dei casi le mutazioni al genoma del virus non provocano modifiche significative nelle sue caratteristiche. In rare occasioni, però, le varianti di un virus possono essere per esempio più (o meno) contagiose del virus originale – come è il caso della variante delta del Sars-CoV-2 – o più (o meno) letali.

Qui è bene sottolineare, come fatto anche dai nostri colleghi di Facta, che quando si replicano e mutano, i virus non «cercano» di fare alcunché, in quanto non sono enti coscienti. Le varianti dei virus «sono il prodotto dell’evoluzione biologica tramite selezione naturale, che non ha scopi» e non nascono in seguito a un fine deliberato. Dunque la frase di Salvini sul coronavirus che «cerca di sopravvivere» ai vaccini è, al limite, una metafora. È sbagliato però, come hanno fatto alcuni critici del leader della Lega, sostenere che non ci sia a livello teorico nessun legame tra le varianti e i vaccini.

Come spiega l’Iss, sono state avanzate diverse ipotesi sul perché si sviluppino le varianti di un virus. Una prima possibilità è l’infezione prolungata: se un paziente infetto non riesce a guarire in breve tempo, il virus può replicarsi al suo interno e dare vita a una nuova variante, che poi può diffondersi nel resto della popolazione (secondo gli scienziati la variante alfa potrebbe essere nata proprio in questo modo). Una seconda possibilità è l’elevato tasso di diffusione del virus e dunque anche di replicazione. In parole semplici, la probabilità di comparsa delle varianti cresce con l’aumentare della circolazione del virus. «È il caso di Sars-CoV-2 che sta infettando la popolazione mondiale sprovvista di difese nei suoi confronti», chiarisce l’Iss.

C’è poi una terza possibilità, che sembra andare in direzione di quanto detto da Salvini (e che, senza prove, aveva generato parecchia preoccupazione nei primi mesi di campagna vaccinale). Le varianti di un virus possono infatti nascere a causa della pressione esercitata dalla risposta immunitaria, dai farmaci o dai vaccini. «Sotto l’azione dei vaccini, o anche dei farmaci, che tendono a ridurre la sua moltiplicazione, è più probabile che quegli errori casuali che danno al virus variato maggiori probabilità di resistere all’attacco degli anticorpi o all’azione dei farmaci antivirali, prendano il sopravvento», sottolinea l’Iss. «Questo risulta in un’accelerazione del naturale cambiamento del virus».

È bene sottolineare che questa è un’ipotesi teorica. Come hanno spiegato anche i nostri colleghi di Facta, le varianti più preoccupanti del coronavirus (le variants of concern per l’Organizzazione mondiale della sanità) finora registrate – su tutte: la alfa e la delta – sono state identificate nel 2020, prima che iniziasse la campagna vaccinale. Discorso simile vale anche per le variants of interest, tra cui c’è la variante Mu – di cui si sta parlando molto ultimamente – che è stata identificata per la prima volta in Colombia a gennaio 2021, un mese prima l’inizio delle vaccinazioni nel Paese.

No, Israele non è il Paese più vaccinato al mondo

Nel difende la sua argomentazione – secondo cui le varianti nascono in reazione ai vaccini – Salvini sbaglia anche quando cita l’esempio di Israele, dicendo che «è il Paese più vaccinato al mondo», che ha «migliaia di casi» e «stanno arrivando alla terza dose».

Secondo i dati più aggiornati di Our world in data, in Israele è stato completamente vaccinato contro la Covid-19 il 63 per cento della popolazione, una percentuale più bassa, per esempio, dell’81 per cento del Portogallo, del 75 per cento della Spagna e del 64 per cento dell’Italia, solo per citare tre Paesi europei.

È vero che i contagi in Israele hanno raggiunto il punto più alto dall’inizio della pandemia lo scorso 3 settembre, ma la spiegazione non sta nelle varianti “causate” dai vaccini. Come abbiamo spiegato di recente, da un lato Israele è il Paese dove si è iniziato a vaccinare di più, circa 9 mesi fa, e dove si sono registrate le prime evidenze sul calo dell’efficacia dei vaccini nel tempo (che, ricordiamo, proteggono parzialmente dal contagio e meglio dalle forme gravi della Covid-19). Dall’altro lato in Israele, durante il corso dell’estate, la variante delta, che è più contagiosa, è diventata quella predominante. Per sopperire al calo dell’efficacia dei vaccini nel corso del tempo, Israele ha così deciso a fine agosto di iniziare a somministrare le terze dosi di vaccino partendo dalle fasce di popolazione più a rischio.

Anche i tamponi sono fallibili

Prima di concludere, sottolineiamo che Salvini ha fatto (min. 2:30) un’altra affermazione errata a L’aria che tira, a proposito dei test per il coronavirus. Secondo il leader della Lega, il tampone è l’«unica certezza» per stabilire se una persona sia negativa o positiva al virus, dal momento che – a detta sua – è lo strumento «imbattibile, indiscutibile, per garantire che chi entra in un negozio, in una fabbrica, in una scuola, in un ospedale, in un’azienda, in quel momento è negativo».

È vero che al momento i tamponi molecolari sono effettivamente il miglior modo conosciuto per identificare l’infezione da Sars-CoV-2, ma non sono infallibili, come lasciato intendere da Salvini. Come hanno spiegato più nel dettaglio i nostri colleghi di Facta, la specificità dei tamponi molecolari – ossia la loro capacità di identificare un soggetto realmente positivo al virus – non è del 100 per cento, ma, a seconda degli studi, ha un piccolo margine di errore, sebbene più basso rispetto a quello dei test antigenici (i cosiddetti “test rapidi”). Dunque anche il risultato di un test negativo – che dà al diritto a ottenere al green pass – non dà nessuna garanzia che una persona non sia infetta e contagiosa, soprattutto più passa il tempo da quando ci si è sottoposti all’esame.

In conclusione

Sui vaccini il leader della Lega Matteo Salvini ha invitato a fare «informazione corretta», sostenendo che «le varianti nascono come reazione al vaccino» e portando come esempio Israele, «il Paese più vaccinato al mondo», dove i contagi sono aumentati.

L’affermazione sulle varianti causate dal vaccino è parecchio fuorviante. Il tema è complesso, ma possiamo dire con certezza che le varianti più preoccupanti del Sars-CoV-2 oggi in circolazione sono state identificate prima dell’inizio della campagna vaccinale. A livello teorico è comunque possibile che i vaccini possano contribuire allo sviluppo delle varianti di un virus, che però hanno una maggiore probabilità di svilupparsi se sono lasciate libere di circolare in una popolazione non vaccinata.

Non è vero poi che Israele è il Paese con la percentuale più alta di vaccinati. L’aumento dei contagi delle ultime settimane si spiega, da un lato, con il calo del tempo nell’efficacia dei vaccini, dall’altro lato, con la diffusione della variante delta, più contagiosa del virus originario.

Infine, Salvini esagera quando dice che il tampone è l’unico strumento per stabilire con «certezza» se un soggetto è positivo o negativo al coronavirus. Anche i tamponi molecolari, considerati i test più affidabili, hanno un margine di errore.