Da oggi, lunedì 28 giugno, l’Italia torna tutta in zona bianca e cessa l’obbligo di indossare le mascherine all’aperto, eccetto quando manca la possibilità di mantenere il distanziamento fisico.

I contagi e le ospedalizzazioni sono in continuo miglioramento da parecchie settimane. Tra il 21 e il 27 giugno i nuovi casi di coronavirus registrati nel nostro Paese sono stati meno di 6 mila, un quarto rispetto a quelli dell’ultima settimana di maggio.

Come abbiamo anticipato un mese fa, però, la cosiddetta “variante delta” – il cui nome scientifico è B.1.617.2 – continua a diffondersi in giro per il mondo, destando preoccupazione. Perché nonostante l’arrivo dell’estate e l’aumento dei vaccini non dobbiamo abbassare l’attenzione, anche in Italia? Che cosa ci dicono le nuove evidenze scientifiche a proposito di questa variante?

Abbiamo fatto un po’ di chiarezza.

Dove si sta diffondendo la delta

Partiamo dalla diffusione della variante delta: dove sta circolando di più nel mondo?

In Italia, secondo le rilevazioni dell’Istituto superiore di sanità (Iss), al 21 giugno il 17 per cento dei campioni sequenziati tra i nuovi contagi era rappresentato dalla variante delta, mentre un mese prima era all’1 per cento.

Il Regno Unito è il primo Paese al di fuori dell’India dove si è diffusa la variante e ad oggi la quasi totalità dei casi britannici sono dovuti proprio alla variante delta. Il governo di Boris Johnson, seguendo le indicazioni del Sage –il comitato di esperti che consiglia l’esecutivo sull’epidemia –, ha deciso di rinviare di almeno un mese la rimozione di tutte le restanti restrizioni, inizialmente fissata per il 21 giugno.

In Israele la variante delta rappresenta il 90 per cento dei casi ed è stato reintrodotto l’obbligo di utilizzare la mascherina al chiuso, dopo che si sono registrati più di 100 nuovi casi giornalieri: a inizio giugno si erano azzerati. Israele è stato un esempio di successo nella campagna di vaccinazione, dato che è arrivato a vaccinare il 60 percento della popolazione più velocemente di tutti gli altri.

In Australia il governo del New South Wales ha deciso di mettere in lockdown la città di Sydney e altre tre zone a causa di un grosso focolaio di variante delta partito dall’aeroporto. Si può uscire dalla propria abitazione solo per motivi essenziali e per fare esercizio fisico.

La Russia è un altro Paese che sta registrando un aumento dei casi a causa della variante delta. Il sindaco di Mosca Sergei Sobyanin ha dichiarato che la variante rappresenta quasi il 90 per cento dei nuovi casi della città. Anche a Singapore la variante è diventata dominante nonostante il Paese continui a registrare bassi numeri di casi.

Secondo un modello utilizzato dal Financial Times, la variante delta è la causa di quasi tutti i nuovi casi in Portogallo, di un terzo di quelli statunitensi, del 15 per cento di quelli tedeschi e belgi e di circa il 7 per cento di quelli francesi.

I numeri lasciano intendere che questa nuova variante sia più contagiosa di quelle precedenti in circolazione. E sempre più evidenze scientifiche confermano questa ipotesi.

Una variante più trasmissibile e forse più patogena

Per valutare se una variante è maggiormente trasmissibile si può guardare al tasso di attacco secondario, cioè a quante persone infetta un individuo positivo, o alla percentuale di crescita rispetto alle altre varianti. Il primo metodo mostra che la variante delta è tra il 35 e il 40 per cento più trasmissibile della variante alfa (la cosiddetta “variante inglese”, per intenderci, che già di per sé era circa il 50 per cento più contagiosa di quelle precedenti). Con il secondo metodo, negli ultimi giorni il matematico Alex Selby ha concluso che la variante delta è fino al 70 per cento più trasmissibile, mentre a metà giugno l’Università di Warwick aveva stabilito che lo fosse del 56 per cento.

La differenza sta nel fatto che il primo metodo misura il numero di casi per contatto, non il numero di casi in assoluto e dipende dalla capacità delle autorità sanitarie di trovare effettivamente le persone entrate in contatto con un contagiato.

Nella valutazione settimanale del rischio più recente, la Public Health England (Phe) – un ente del governo inglese – ha concluso che è «molto probabile che la delta sia maggiormente trasmissibile dell’alfa» in quanto analisi con metodi diverse hanno riscontrato un «sostanziale aumento del tasso di crescita».

È anche probabile che questa variante aumenti il rischio di finire in ospedale per la Covid-19, se confrontata con la variante alfa, che già a sua volta era più pericolosa delle varianti precedentemente diffuse.

Un’analisi condotta dalla Phe sugli ospedalizzati in Inghilterra fino al 5 giugno ha rilevato che il rischio di finire in ospedale quando ci si infetta con la delta è più che doppio rispetto a quello che si ha con l’alfa e che le ospedalizzazioni aumentano del 45 per cento.

La Public Health Scotland (Phs) – l’equivalente della Phe in Scozia – ha invece rilevato un aumento dell’80 percento nel rischio di ospedalizzazione in caso di infezione con la delta. Si tratta di una stima che è costante nelle ultime settimane.

Ma i vaccini funzionano

La Phe, mettendo insieme i casi sui contagi e quelli sui vaccinati, ha stabilito che l’efficacia dei vaccini (facendo una media tra i diversi vaccini autorizzati) contro la malattia sintomatica causata dalla delta è pari al 35 per cento dopo una dose di vaccino e al 79 per cento dopo due dosi di vaccino. C’è una riduzione di efficacia rispetto alla variante alfa di 14 punti percentuali per la prima dose e di 10 punti per la seconda.

L’efficacia contro l’ospedalizzazione è invece pari all’80 per cento dopo una dose e al 96 per cento dopo due dosi. In questo caso l’efficacia sale rispetto a quella che si aveva con l’alfa di due e tre punti percentuali.

A metà giugno sono stati pubblicati anche due studi che analizzavano separatamente l’efficacia dei vaccini Pfizer e AstraZeneca. Il primo studio ha analizzato l’efficacia contro l’ospedalizzazione, scoprendo che due dosi del vaccino Pfizer sono efficaci al 96 per cento e due dosi di AstraZeneca al 92 per cento. Ma già una dose di AstraZeneca protegge al 71 per cento e una dose di Pfizer al 94 per cento. Il secondo studio ha analizzato invece l’efficacia contro l’infezione – quindi la possibilità di contagiarsi – e ha rilevato che due dosi di Pfizer hanno un’efficacia del 79 per cento e due dosi di AstraZeneca del 60 percento.

Come bisogna prepararsi

Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) – un’agenzia indipendente dell’Unione europea che aiuta i paesi a occuparsi delle malattie infettive – ha pubblicato il 23 giugno un report in cui analizza le implicazioni della diffusione della variante delta in Europa.

Secondo i modelli dell’Ecdc, questa variante arriverà a rappresentare il 70 per cento dei nuovi casi in Europa entro inizio agosto e il 90 per cento di quelli di fine agosto grazie alla maggiore contagiosità di cui abbiamo parlato prima.

L’Ecdc ritiene che sia necessario procedere rapidamente alla vaccinazione completa delle persone più anziane e dei più fragili. In Italia, per avere un ordine di grandezza, c’è ancora un 14 per cento circa degli over 60 che non ha ricevuto nemmeno una dose di vaccino, mentre è stato completamente vaccinato circa un italiano su tre.

Secondo l’Ecdc, per aumentare le coperture vaccinali, si dovrebbero somministrare le seconde dosi nei tempi stabiliti dai produttori: 21 giorni per Pfizer, 28 giorni per Moderna e AstraZeneca. In Italia Pfizer e Moderna si somministrano con un intervallo di 35-42 giorni e AstraZeneca tra 78 e 84 giorni. Inoltre, si dovrebbe somministrare due dosi a tutti, mentre in Italia si somministra una sola dose a chi è guarito.

Tra le altre misure appartenenti ai cosiddetti “interventi non farmaceutici”, l’Ecdc raccomanda di non togliere il distanziamento sociale o l’obbligo di mascherina, di rafforzare il sistema di tracciamento dei contatti, di testare chi entra nel Paese e ricorrere eventualmente alla quarantena, e di testare e sequenziare i campioni per controllare la circolazione delle varianti. Al momento chi arriva in Italia dal Regno Unito deve rispettare una quarantena di cinque giorni, ma il nostro Paese rimane quello che sequenzia meno, se si considerano nazioni simili alla nostra, come Regno Unito, Germania, Francia e Spagna.

Il 25 giugno l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha raccomandato anche a chi è completamente di vaccinato di «continuare a essere cauto», e di mantenere il distanziamento sociale e l’utilizzo della mascherina per evitare il rischio di un aumento della trasmissione del virus.

In conclusione

Le evidenze scientifiche sono concordi nello stabilire che la variante delta sia maggiormente trasmissibile di quella alfa tra il 40 e il 70 per cento, e che probabilmente sia anche più pericolosa, in quanto aumenta la probabilità di essere ricoverati in ospedale. I vaccini però prevengono la quasi totalità delle ospedalizzazioni e riescono anche a prevenire una larga parte delle infezioni. Rimane però fondamentale completare il ciclo vaccinale.

Per prepararsi all’aumento della circolazione di questa variante si dovrebbe concludere la vaccinazione dei più a rischio riducendo i tempi tra prima e seconda dose ai tempi originariamente stabiliti. Inoltre, si dovrebbe rafforzare il tracciamento dei contatti, le misure di ingresso nel Paese e il sequenziamento dei campioni.