La commissione Giustizia del Senato continua a essere il campo di battaglia dello scontro sul ddl Zan contro l’omotransfobia. Il 18 maggio il presidente della commissione e relatore del provvedimento, il senatore leghista Andrea Ostellari, ha deciso di abbinare al testo a prima firma del deputato Pd Alessandro Zan – già approvato il 4 novembre scorso alla Camera – il ddl Ronzulli-Salvini presentato dal “centrodestra di governo”.

Com’è avvenuto spesso in questi mesi, al centro della contesa c’è anche una questione di regolamento. Secondo i partiti favorevoli al ddl Zan, l’abbinamento dei due testi andava messo al voto in commissione e il presidente Ostellari, che non l’ha permesso, avrebbe forzato le regole. Secondo il senatore leghista, la sua scelta sarebbe perfettamente regolare.

Nel frattempo, i senatori della commissione Giustizia hanno riversato sull’iter del provvedimento richieste per oltre duecento audizioni, di cui circa cento verrebbero dalla sola Lega. Le audizioni servono a sentire in commissione l’opinione di esperti o associazioni competenti sul tema. Se se ne tenessero oltre duecento però – un numero inusitato – l’esame del ddl si protrarrebbe ancora per mesi e mesi. Anche il calendario, tuttavia, potrebbe essere deciso con un voto in commissione, dove il Pd ha già chiesto di ridurre il numero degli auditi e di acquisire alcune delle opinioni solo per iscritto.

Vediamo i dettagli.

I due testi abbinati

Il 6 maggio il «centrodestra di governo» – così Lega e Forza Italia si sono definiti in un comunicato congiunto – ha depositato un proprio disegno di legge contro l’omofobia, a prima firma della senatrice azzurra Licia Ronzulli e del segretario del Carroccio Matteo Salvini.

Lo stesso giorno, però, in commissione Giustizia al Senato la proposta di lavorare solo sul testo Zan è stata messa ai voti ed è passata con 12 favorevoli (Pd-M5s-Leu-Iv) e 9 contrari (Lega, Fi, FdI). Sembrava quindi scontato che l’iter proseguisse sul cosiddetto ddl Zan, ovvero il testo già approvato alla Camera il 4 novembre.

Il 18 maggio il presidente della commissione e relatore del provvedimento, il senatore leghista Andrea Ostellari, ha deciso di abbinare al testo a prima firma del deputato Pd Alessandro Zan – già approvato il 4 novembre alla Camera – il ddl Ronzulli-Salvini.

«Oggi in commissione Giustizia ho applicato l’articolo 51 del regolamento del Senato e quindi ho congiunto il ddl Zan con il Ddl Ronzulli-Salvini, che saranno trattati insieme», ha commentato Ostellari davanti alle proteste del centrosinistra che ha definito la decisione del presidente «una forzatura istituzionale».

L’articolo 51 citato da Ostellari prevede effettivamente che «i disegni di legge aventi oggetti identici o strettamente connessi sono posti congiuntamente all’ordine del giorno della Commissione competente».

Angelo Schillaci, professore associato di diritto pubblico comparato all’Università “La Sapienza” di Roma e attivista per i diritti Lgbt, ha invece fatto notare in un post su Facebook che «la maggioranza della commissione ha chiesto di potersi esprimere sulla richiesta del presidente/relatore, con un voto sull’ordine dei lavori», un passaggio «che rientra pienamente nell’autonomia della commissione», ma Ostellari ha comunque rifiutato di mettere la decisione al voto.

In più, secondo la senatrice del M5s Alessandra Maiorino quello del centrodestra «è un testo tardivo prodotto esclusivamente a fini ostruzionistici», mentre per la senatrice dem Anna Rossomando si tratta addirittura di «un testo abrogativo, un testo in antitesi» al ddl Zan e per questo motivo non si sarebbe dovuto congiungere all’altro.

Il 19 maggio la commissione Giustizia dovrebbe tornare di nuovo a riunirsi per decidere il calendario dei lavori, su cui si prospetta un nuovo scontro.

L’incognita delle audizioni

Nei giorni passati, i gruppi parlamentari hanno inoltrato le loro richieste di audizioni sul ddl Zan che, secondo quanto è trapelato, sarebbero circa duecento. Di queste, cento verrebbero dalla sola Lega. Il Carroccio avrebbe richiesto di inserire fra i soggetti auditi il presidente facente funzioni della regione Calabria Nino Spirlì, omosessuale dichiarato e oppositore della legge Zan, l’opinionista televisiva Platinette, monsignor Stefano Russo della Cei (Conferenza episcopale italiana) e vari esperti di diritto.

Un calendario così fitto di audizioni, però, allungherebbe di mesi l’esame del provvedimento e viene considerata dal centrosinistra l’ennesimo tentativo di ostruzionismo del centrodestra. Il Pd ha chiesto una riduzione del numero di richieste e, a sua volta, anche il presidente della commissione Giustizia Ostellari ha sollecitato una scrematura da parte dei senatori.

«Il presidente Ostellari ci ha chiesto di ridurle – ha commentato il senatore leghista Simone Pillon – e lo faremo garantendo che larga parte della società civile sia audita».

In ogni caso, se così non dovesse essere, «la commissione potrebbe chiedere di votare sull’ordine dei lavori» e opporsi a un calendario troppo fitto di audizioni, ha spiegato a Pagella Politica il senatore Pd Franco Mirabelli.

Secondo Mirabelli, però, non sarà necessario arrivare a un’altra frattura in commissione: «Al presidente Ostellari noi abbiamo chiesto di organizzare le cose in modo che, entro fine giugno, si possa chiudere la discussione generale in commissione e votare il testo base», ha reso noto il senatore Pd il 18 maggio.

«Ostellari si è impegnato a portare una proposta e ha chiesto ai gruppi di Fi e Lega, che hanno avanzato un numero molto elevato di audizioni, di ridurle il più possibile – ha aggiunto – vediamo se la nostra richiesta di allestire un calendario da qui a giugno per votare il testo base verrà esaudita». Secondo Mirabelli la tabella di marcia sarà chiarita entro giovedì 20 maggio.

Se il confronto dovesse continuare con un muro contro muro fra le due parti, la commissione potrebbe decidere con un voto di portare il testo in aula senza dare mandato al relatore (il quale ha in genere il compito di presentare all’assemblea i lavori della commissione sul “suo” provvedimento). «Ove mai si dovesse decidere di andare in aula senza relatore – ha detto la senatrice Pd Monica Cirinnà – si andrà sul ddl Zan».