Dal 18 marzo la Regione Campania sembra aver smesso di aggiornare i dati sui positivi al coronavirus trovati con i cosiddetti “test rapidi”, ossia i tamponi antigenici. Il mancato aggiornamento ha conseguenze sul calcolo dell’incidenza settimanale dei casi in rapporto alla popolazione: un indicatore che ha un ruolo di primo piano nello stabilire in quale colore deve finire una regione. Oltre la media settimanale di 250 casi ogni 100 mila abitanti si finisce infatti automaticamente in zona rossa.

È vero che la regione governata da Vincenzo De Luca (Pd) ha già il massimo grado di restrizioni dall’8 marzo, ma il mancato conteggio dei positivi agli antigenici potrebbe portarla più rapidamente dentro ai parametri della zona arancione.

Da mesi le singole regioni finiscono periodicamente al centro del dibattito pubblico e politico per la gestione dei dati sulla Covid-19. Il 30 marzo è stata data la notizia di un’inchiesta sulla possibile falsificazione dei dati che la Regione Sicilia avrebbe mandato all’Istituto superiore di sanità (Iss) sull’epidemia di coronavirus. Sono stati arrestati tre funzionari e si è dimesso l’assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza, coinvolto nelle indagini.

A gennaio scorso, invece, la Lombardia è finita in zona rossa in seguito alla scoperta di alcuni errori nella comunicazione dei dati all’Iss, mentre il 22 marzo la provincia autonoma di Bolzano ha comunicato in un solo giorno oltre 10 mila nuovi casi, frutto di un ricalcolo di un numero di contagiati che però facevano riferimento a un periodo prima del 15 gennaio.

Storie di questo tipo non mancano. Dalla gestione dei dati da parte delle regioni discendono significative conseguenze sull’introduzione o meno di misure restrittive. Senza dover per forza alludere a interventi volontari – come si ipotizza che sia avvenuto in Sicilia – è evidente che problemi nella selezione o comunicazione dei dati alle strutture centrali hanno conseguenze pesanti sulla vita dei cittadini nelle zone interessate, così come potenzialmente sull’andamento dell’epidemia

Vediamo punto per punto che cosa non torna nei numeri sui test registrati in Campania, un’incongruenza segnalata per la prima volta il 27 marzo su Twitter da Stefano Sammartino, uno studente di Ingegneria informatica all’Università degli studi di Salerno che da mesi analizza i dati sull’epidemia e più di recente sui vaccini.

I dati della Campania

Qualche settimana fa, la Regione Campania aveva deciso per un rafforzamento “volontario” delle misure di contenimento dell’epidemia. Lo scorso 5 marzo il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato un’ordinanza che ha disposto la zona rossa per la Regione Campania a partire dall’8 marzo, nonostante i dati del monitoraggio dell’Iss e del Ministero della Salute utilizzati per stabilire i colori in quella data la collocassero in zona arancione. Come sempre, i dati considerati dalle autorità facevano riferimento a un periodo precedente, e cioè la settimana 22-28 febbraio 2021 (come abbiamo spiegato più volte, il monitoraggio è infatti sempre un po’ in ritardo rispetto al reale sviluppo dell’epidemia).

La decisione di entrare preventivamente in zona rossa è stata presa dal ministero seguendo quanto richiesto dal governatore De Luca, che il 5 marzo aveva dichiarato che il livello di contagio ormai non si poteva «reggere» senza ulteriori misure restrittive.

I dati successivi hanno dato in qualche modo ragione a questa cautela preventiva. Nel monitoraggio relativo alla settimana 1-7 marzo (pubblicato il 12 marzo) e a in quello relativo alla settimana 8-14 marzo (pubblicato il 19 marzo) la Regione Campania aveva poi registrato dati effettivamente da zona rossa.

Ma nel monitoraggio più recente, pubblicato il 26 marzo e relativo alla settimana 15-21 marzo (19-25 marzo per quanto riguarda l’incidenza), i dati sembrano parecchio migliorati, tanto da far potenzialmente rientrare la Campania in zona gialla (un doppio salto di colore però non è possibile: come abbiamo spiegato in passato, bisogna transitare almeno due settimane in un colore, prima di scendere in un altro).

I dati che certificherebbero questo miglioramento potrebbero però avere un problema. L’elemento fondamentale sono i test antigenici, che hanno conseguenze sull’indicatore dell’incidenza settimanale dei contagi.

Il calo dell’incidenza e i test antigenici

Nel monitoraggio settimanale più recente, del 26 marzo, la Regione Campania è stata classificata con un “rischio basso” che, insieme all’intervallo di credibilità inferiore dell’indice Rt a 0,9 e a un’incidenza media negli ultimi sette giorni di 233 casi ogni 100 mila abitanti, la collocavano potenzialmente in zona gialla.

Concentriamoci sull’ultimo dato, quello dell’incidenza. Come viene indicato dalla tabella del monitoraggio, i dati utilizzati per calcolare l’incidenza settimanale sono quelli comunicati dalla Regione alla Protezione civile e del Ministero della Salute. Per intenderci, sono quelli che vengono quotidianamente pubblicati nel tardo pomeriggio e ripresi dai vari quotidiani, e che sono consultabili nel dettaglio negli open data della Protezione civile.

Una decina di giorni fa, nel monitoraggio del 19 marzo, l’incidenza campana era di 305 casi ogni 100 mila abitanti, poi sceso a 233 nel monitoraggio di una settimana dopo. I dati sembrano suggerire che questo calo sia dovuto anche a una diversa comunicazione delle persone risultate positive ai test antigenici (che da gennaio sono considerati nelle statistiche ufficiali nazionali insieme ai tamponi molecolari per quantificare il numero di contagi).

L’11 marzo la Regione Campania registrava il dato cumulativo di 9.658 positivi ai test antigenici, saliti a un totale di 11.588 il 18 marzo (+1.930). I dati sui positivi ai molecolari sono passati nella stessa settimana da 285.931 a 301.401, con un +15.470. Stiamo parlando, tra antigenici e molecolari, di 17.400 positivi in più, che rapportati a una popolazione di 5 milioni e 700 mila persone circa dà un’incidenza di 305 casi ogni 100 mila abitanti, il dato che abbiamo visto prima per il monitoraggio del 19 marzo.

In seguito è però successo qualcosa di strano. Il 25 marzo il dato cumulativo dei positivi ai test antigenici è rimasto fermo a 11.588, mentre quello dei positivi ai tamponi molecolari è salito a 314.692. Questo significa che nella settimana presa in considerazione dal monitoraggio del 26 marzo – quello della Campania da zona gialla, per intenderci – sono stati conteggiati solo i 13.291 positivi ai test molecolari, ottenendo un’incidenza di 233 ogni 100 mila abitanti.

Si potrebbe ipotizzare che la Regione Campania abbia smesso di fare i test antigenici, ma non è così, come dimostrano sempre gli open data della Protezione civile. Tra il 19 marzo e il 25 marzo il cumulativo dei test antigenici fatti è passato 179.219 a 198.312.

È praticamente impossibile che non si siano trovati altri positivi agli antigenici su oltre 20 mila test rapidi fatti. Tra l’altro, il 18 marzo – data dopo la quale negli open data i positivi agli antigenici non sono stati più aggiornati – la Regione Campania aveva comunicato nel suo bollettino giornaliero un cumulativo di positivi agli antigenici di 11.872, 284 in più rispetto agli 11.588 sui cui si è fermato il contatore.

Ventiquattr’ore dopo, il 19 marzo, c’è stata un’altra coincidenza sospetta. La Regione Campania ha infatti cambiato il formato grafico del bollettino, dove non sono più indicati i contagiati trovati dai test antigenici, ma solo ai molecolari.

Non è chiaro perché la Regione Campania non aggiorni più dal 18 marzo il numero di positivi ai test antigenici e non li comunichi più separatamente. Abbiamo contattato più volte la regione per avere chiarimenti in merito, ma al momento della pubblicazione di questo articolo siamo ancora in attesa di una risposta.

Quello che certo è che la rimozione dal conteggio dei positivi agli antigenici ha avuto un impatto sulla valutazione dell’incidenza settimanale dei casi, che in base all’ultimo monitoraggio è sceso a 233, sotto la soglia automatica della zona rossa, posta a 250. Tra l’altro, nell’ultimo monitoraggio di Iss e Ministero della Salute si segnala come la Regione Campania, come la settimana precedente, abbia visto un peggioramento dell’indicatore sul tracciamento dei contatti dei positivi.

Ci sono poi altri dati perlomeno curiosi sull’incidenza dei casi, che riguardano non solo la Campania, ma altre regioni. Il 30 marzo il collaboratore di YouTrend Fabio Riccardo Colombo ha notato che, in base ai dati più aggiornati, ci sono tre regioni – Toscana, Veneto e Campania – che sembrano aver raggiunto un «misterioso plateau» intorno alla soglia fatidica dei 250 casi ogni 100 mila abitanti.

Come abbiamo spiegato già in passato, il rischio di usare l’indicatore dell’incidenza dei casi è quello di incentivare le regioni a fare meno test del dovuto, per rimanere sotto i 250 casi ogni 100 mila abitanti.

In ogni caso, il 30 marzo la Regione Campania ha comunicato che i «dati di proiezione settimanale» elaborati dall’Iss e dal Ministero della Salute «prevedono per la Campania un Rt pari ad 1,31, con intervallo di confidenza tra 1,27 e 1,34, attestando un nuovo aumento della contagiosità sul territorio regionale». Dunque con un estremo inferiore superiore a 1,25 e un rischio “moderato”, al di là dell’incidenza, la regione governata da De Luca potrebbe rimanere in zona rossa. Ma non è chiaro se questa previsione rientrerà nella settimana presa in considerazione dal prossimo monitoraggio o da quello successivo.