Il 15 ottobre la Camera dei Deputati ha rinviato a data da destinarsi il voto della riforma costituzionale per portare da 25 a 18 anni l’età richiesta per eleggere i senatori. Lo slittamento è motivato dai conflitti interni alla maggioranza. Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, ha chiesto uno stop affinché il testo possa essere esaminato nell’ambito di una riforma complessiva, facendo così saltare i patti su cui si reggeva l’approvazione del provvedimento.

Alla nascita del governo Conte II, nel settembre 2019, il Partito Democratico e LeU avevano infatti accettato di votare l’ultimo passaggio del taglio al numero dei parlamentari – voluto dal Movimento 5 stelle – richiedendo però che si mettessero in atto alcuni “correttivi” per equilibrare gli effetti della riforma. L’accordo è stato formalizzato in un documento firmato dai capigruppo di Pd, M5s, Leu e della neonata Italia Viva il 7 ottobre 2019. Fra i punti, leggiamo appunto l’impegno a «intervenire (…) sul progetto relativo all’abbassamento dell’età per il voto per il Senato della Repubblica (…) per equiparare i requisiti di elettorato attivo e passivo di Camera e Senato».

Lasciando nello sfondo le dinamiche politiche della maggioranza, vediamo che cosa prevede la modifica costituzionale in discussione.

Chi può votare oggi per Camera e Senato

La Costituzione italiana stabilisce requisiti anagrafici differenti per gli elettori e gli eletti delle due camere. «Tutti i cittadini, uomini e donne» (art.48) possono votare per la Camera dei deputati dopo aver «raggiunto la maggiore età» e candidarsi a farne parte dopo aver compiuto 25 anni (art.56). Per il Senato invece l’età richiesta è di 25 anni per gli elettori e di 40 per gli eletti (art. 58).

Quasi due anni fa, il 17 gennaio 2019 è stato presentata alla Camera una proposta di legge costituzionale (numero C.1511) «in materia di elettorato per l’elezione del Senato della Repubblica». Il testo prevede un solo articolo per sopprimere al primo comma dell’articolo 58 della Costituzione, le parole «dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età». Verrebbe così cancellato il diverso requisito anagrafico per il Senato, rimanendo valida solo l’indicazione dell’articolo 48, secondo cui tutti i cittadini maggiorenni sono elettori.

L’iter di approvazione

L’equiparazione dell’elettorato attivo fra Camera e Senato è – come abbiamo visto – una riforma del testo costituzionale. In quanto tale, segue un iter specifico, detto “aggravato” e definito dall’articolo 138 della Costituzione: la modifica dev’essere approvata due volte da entrambe le camere (per un totale di quattro letture) a un intervallo di non meno di tre mesi. La seconda deliberazione, sia alla Camera che al Senato, deve ottenere la maggioranza assoluta dei componenti, fissata a 316 deputati e 161 senatori.

Nel caso in cui la seconda approvazione non abbia raggiunto in entrambe le camere una maggioranza qualificata, i due terzi dei componenti, entro tre mesi dalla pubblicazione della legge,500 mila elettori (con una raccolta firme), un quinto dei membri di ciascuna camera o cinque consigli regionali possono richiedere un referendum confermativo, come avvenuto di recente con la modifica costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari.

Il progetto di legge sul voto ai diciottenni per il Senato è stato approvato il 31 luglio 2019 dalla Camera e il 9 settembre 2020 dal Senato. In prima lettura a Montecitorio, a luglio 2019 – quando al governo c’erano ancora Lega e Movimento 5 stelle – il testo è passato con 487 sì bipartisan e solo 5 contrari (votazione 5 del 31 luglio 2019): tutti i gruppi parlamentari si era quindi detti a favore della modifica.

Dopo la formazione del nuovo esecutivo Pd-M5s a settembre 2019, la riforma sul voto ai 18enni per il Senato è rientrata fra i cosiddetti “correttivi” concordati dai due partiti per temperare gli effetti dell’imminente riduzione del numero dei parlamentari. Con lo spostamento degli equilibri politici, quando il testo è arrivato in prima lettura al Senato a settembre 2020 i partiti di centrodestra – a quel punto all’opposizione – hanno deciso di astenersi. Il progetto di legge è quindi passato con i voti della solo maggioranza, 125 sì, nessun contrario e 84 astenuti.

Italia Viva non ha partecipato al voto, in dissenso contro la decisione del resto della maggioranza di togliere dal testo la parte sul cosiddetto “elettorato passivo”, ovvero il requisito anagrafico necessario per essere candidabili al Senato. A Palazzo Madama, la Commissione Affari costituzionali aveva infatti approvato un emendamento del senatore Pd Dario Parrini per abbassare l’età richiesta per essere eletti al Senato da 40 a 25 anni. Su questa modifica, la maggioranza ha fatto però un dietrofront in occasione del voto in aula, sopprimendo l’emendamento di Parrini e riportando il testo alla versione approvata da Montecitorio, senza l’elettorato passivo.

Al momento il testo, ritrasmesso alla Camera senza modifiche, è quindi alla seconda lettura che, come abbiamo detto, richiede almeno la maggioranza assoluta dell’assemblea. Ogni voto diventa quindi decisivo, compresi quelli dei 30 deputati di Italia Viva. Proprio per il timore che la maggioranza non raggiungesse la quota necessaria (316 deputati), dopo i dubbi espressi dal partito di Matteo Renzi, il voto in aula previsto per il 15 ottobre è stato rinviato senza una data precisa per la nuova votazione.

Quanti sono gli elettori interessati dalla riforma

Alle ultime elezioni politiche del 4 marzo 2018, in Italia gli aventi diritto di voto per la Camera dei deputati (quindi dai 18 anni in su) erano circa 46.600 mila persone. Per il Senato invece i cittadini italiani aventi diritto di voto (dai 25 anni in su) erano quasi 42.870 mila persone.

Nel 2018 la differenza tra i due elettorati era di 3 milioni e 733 mila persone con meno di 25 anni d’età, quasi 4 milioni di aventi diritto al voto che – se la riforma costituzionale dovesse diventare legge – guadagnerebbero il diritto a eleggere anche i senatori.

Ma qual è la situazione nel resto d’Europa? Ci sono distinzioni di età come avviene in Italia?

Una peculiarità italiana

Il dossier del Servizio Studi della Camera sulla proposta di legge costituzionale sul voto ai diciottenni per il Senato mette a confronto i limiti di età per l’elettorato attivo e passivo in 16 Paesi europei.

L’Italia, secondo quanto evidenzia la tabella, è l’unico Paese europeo a differenziare l’età minima per votare i rappresentanti delle due camere.

Va specificato, tuttavia, che sette stati fra quelli considerati nel confronto – Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito – non prevedono l’elezione diretta dei componenti delle camere alte, ovvero i corrispettivi, con le dovute variazioni, del nostro Senato.

Diritto di voto e requisiti anagrafici

Vediamo quindi perché in Italia sia previsto un differente requisito anagrafico – e come questo sia cambiato negli anni – per votare e candidarsi alla Camera e al Senato.

Il suffragio universale maschile è stato introdotto in Italia nel 1918 per gli uomini che avessero compiuto la maggiore età, fino al 1975 fissata per entrambi i sessi a 21 anni. Prima del referendum del 2 giugno 1946, che ha trasformato l’Italia in una Repubblica parlamentare, il diritto di voto è stato esteso anche alle donne con più di 21 anni. Lo stesso provvedimento del 1946 stabiliva che sarebbero stati «eleggibili all’Assemblea Costituente i cittadini e le cittadine italiane che, al giorno delle elezioni» avessero compiuto il venticinquesimo anno di età. Qui vennero elette 21 donne su 556 membri dell’Assemblea.

Fu proprio l’Assemblea Costituente a discutere e decidere le norme sull’elettorato attivo e passivo, entrate poi in vigore con la Costituzione, il 1° gennaio 1948. Come abbiamo visto, sulla base degli articoli 38, 56 e 58, si richiedeva la maggiore età – allora 21 anni – per votare alla Camera, 25 anni per votare al Senato. Per candidarsi, il requisito anagrafico veniva fissato a 25 anni per Montecitorio, 40 per Palazzo Madama.

Nel 1975 è stata abbassata di tre anni la soglia per la maggiore età, passando dai 21 ai 18 anni attuali. Le soglie richieste per l’elettorato passivo, invece, non sono mai state cambiate nel testo della Costituzione.

In conclusione

Il 15 ottobre la Camera dei Deputati ha rinviato a data da destinarsi il voto della riforma costituzionale per portare da 25 a 18 anni l’età richiesta per eleggere i senatori.

La proposta di legge ha già ottenuto il via libera in prima lettura sia alla Camera che al Senato. Trattandosi di una modifica costituzionale, l’iter prevede che il testo venga di nuovo approvato in seconda lettura da entrambe le camere, questa volta con la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea.

Proprio il rischio di raggiungere la soglia richiesta – 316 deputati – ha portato la maggioranza a chiedere il rinvio sul testo, attualmente fermo a Montecitorio per la seconda deliberazione.