Tra premier e ministri, da oltre 70 anni l’Italia è in mano agli accademici

Ansa
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Dal 1946 ad oggi i laureati in giurisprudenza hanno dominato per presenza i governi italiani, come abbiamo raccontato in un recente approfondimento, anche se negli ultimi anni altre lauree stanno ottenendo sempre più spazio.

Ma quale professioni sono invece state le più rappresentate negli esecutivi italiani, tra presidenti del Consiglio, ministri e sottosegretari? A intuito verrebbe da rispondere gli avvocati. In realtà ci sono alcune sorprese.

Abbiamo analizzato che cosa dicono i numeri, prendendo in considerazione la prima occupazione di un politico, nel caso di più lavori, oppure la più rappresentativa.

I dati su Palazzo Chigi

Più della metà dei presidenti del Consiglio sono professori e giornalisti

Oltre tre quarti dei 30 presidenti del Consiglio provengono da professioni intellettuali. Di questi, il gruppo più numeroso è quello dei professori universitari, ben 11 e prevalentemente di diritto o di economia. Aldo Moro, per esempio, era noto per essere un severo professore di diritto penale e continuò a esercitare anche durante i suoi mandati governativi.

Sette presidenti del Consiglio erano invece giornalisti prima del loro ingresso in politica. Alcuni di questi erano stati anche direttori di giornali: Alcide De Gasperi al Trentino, Giulio Andreotti ad Azione Fucina (la rivista dei giovani cattolici), Giovanni Spadolini al Resto del Carlino e al Corriere della Sera e Massimo D’Alema a L’Unità.

Gli avvocati sono comunque sul podio

Al terzo posto per numero di presidenti del Consiglio vi sono gli avvocati (i democristiani Mario ScelbaAdone ZoliFernando Tambroni e Ciriaco De Mita) e i funzionari del settore pubblico, che includono banchieri (Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi), economisti (Lamberto Dini, direttore generale della Banca d’Italia al momento della nomina come ministro del Tesoro nel primo governo Berlusconi) e dirigenti (Giovanni Goria, funzionario all’ufficio studi della Camera di Commercio di Asti).

Chiudono questo elenco Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, rispettivamente imprenditore il primo e dirigente d’azienda il secondo, il cinque volte presidente del Consiglio Mariano Rumor, insegnante di lettere, e Bettino Craxi, dirigente nelle file del Partito Socialista Italiano.

I dati sui ministeri

Ministri e sottosegretari? Un mestiere da accademico

Dei 559 ministri e sottosegretari che hanno fatto parte a vario titolo di uno dei governi della Repubblica, la categoria più rappresentata è quella degli accademici, per la stragrande maggioranza docenti universitari (144 su 148) e in minima parte ricercatori presso altre istituzioni. Gli accademici hanno anche rappresentato la maggioranza dei ministri in nove governi, tutti a partire dal 1993.
Gli avvocati salgono al secondo posto

A seguire vi sono le professioni legali, di cui gli avvocati costituiscono la categoria più rappresentata. Sono infatti 100 i ministri che provengono dal mondo forense, un dato in linea con la rappresentanza della categoria nell’attuale legislatura parlamentare. Dalle professioni legali proveniva inoltre la maggioranza dei ministri in 37 governi dal 1946 a oggi, quasi tutti nella prima Repubblica.

La crescita dei funzionari pubblici

Scendendo nella classifica, troviamo i funzionari pubblici con 86 ministri, tra cui alti dirigenti, magistrati, economisti, banchieri e un numero esiguo di diplomatici, militari e prefetti. La percentuale di funzionari pubblici è progressivamente cresciuta, attestandosi intorno al 15 per cento del totale a partire dagli anni Settanta fino a comprendere quasi la metà dei ministri nel governo Dini e oltre un terzo nel governo Monti. Seguono giornalisti (61 ministri) e dirigenti politici come funzionari di partito e sindacalisti (40).

Quando lo spirito imprenditoriale va al governo

Gli imprenditori e i manager (39 ministri) hanno costituito la maggioranza dei ministri negli ultimi tre governi Berlusconi, a conferma della vocazione imprenditoriale del più longevo tra i presidenti del Consiglio italiani. Gli imprenditori sono anche la categoria più numerosa nell’attuale Senato della Repubblica.

Dipendenti e autonomi: c’è posto per tutti

Trovano rappresentanza anche i lavoratori dipendenti, come impiegati, operai e insegnanti, per un totale di 36 ministri. Tra questi si contano un operaio metalmeccanico (Paolo Ferrero, impiegato presso uno stabilimento dello Fiat) e un tecnico di volo per l’Alitalia (il leghista Francesco Speroni).

I liberi professionisti contano invece un totale di 31 ministri. Tra questi sono incluse figure professionali come ingegneri, commercialisti e consulenti, ma anche un agente di cambio (il democristiano genovese Carlo Pastorino), un’atleta (Josefa Idem), un enologo (l’attuale presidente del Veneto Luca Zaia) e un’artista (Mara Carfagna).

Ci sono infine le professioni mediche (19 ministri), tra cui anche una farmacista: la calabrese Maria Carmela Lanzetta, per 11 mesi alla guida del ministero degli Affari regionali nel governo Renzi.

E quelli senza lavoro?

Per trovare invece membri del governo senza un vero e proprio lavoro bisogna estendere la ricerca ai sottosegretari. Due di questi (la democratica Anna Ascani e il pentastellato Simone Valente) erano infatti studenti prima di essere eletti in Parlamento, mentre l’attuale sottosegretaria alla Difesa Stefania Pucciarelli era casalinga.

I dati sui partiti politici

Conoscere la professione dei ministri e dei sottosegretari consente anche di tracciare un profilo delle basi sociali dei vari partiti che hanno avuto membri con incarichi governativi.

La prima Repubblica: 1946-1993

Le professioni legali costituiscono il bacino da cui tutti i maggiori partiti di governo della prima Repubblica (Democrazia Cristiana, Partito Socialista Italiano, Partito Repubblicano Italiano, Partito Socialista Democratico Italiano e Partito Liberale Italiano) hanno reclutato la maggioranza dei propri ministri e sottosegretari.

Esistono tuttavia delle differenze significative che rivelano la diversa base sociale di questi partiti. Mentre impiegati e operai costituivano una larga parte di ministri e sottosegretari democristiani e socialisti, una parte consistente della classe dirigente repubblicana e socialdemocratica – tra i quali il già citato Giovanni Spadolini e l’ex presidente della Repubblica Giuseppe Saragat – proveniva dal giornalismo.

Dopo le professioni forensi, il mondo accademico ha rappresentato invece la categoria più rappresentata dai liberali, di cui Luigi Einaudi e Gaetano Martino sono stati alcuni tra gli esponenti più autorevoli.

L’accademia e la burocrazia di stato hanno costituito anche il milieu per i quei pochi ministri non affiliati ad alcun partito nominati soprattutto negli ultimi anni della prima Repubblica. Ad alcuni pionieri come Cesare Merzagora, Gaetano Stammati e il professor Francesco Paolo Bonifacio, si sono aggiunti in anni più recenti i professori Paolo Savona, Luigi Spaventa e Sabino Cassese e i dirigenti di stato Paolo Baratta, Piero Barucci e Carlo Azeglio Ciampi.

La seconda Repubblica: 1994-oggi

Con la fine dei partiti tradizionali è cambiato anche il rapporto tra i nuovi gruppi politici e le proprie basi sociali.

Il centrodestra è emerso come l’area di rappresentanza delle classi imprenditoriali del nostro Paese. Questo collegamento è evidenziato anche nei dati sui ministri e i sottosegretari appartenenti a quest’area politica. Avvocati, imprenditori e manager, giornalisti e liberi professionisti costituiscono infatti le categorie più rappresentanti tra i membri di governo dei partiti di centrodestra (Forza Italia, Lega, Alleanza Nazionale e alcuni partiti minori).

Per contro, il centrosinistra – composto dal Partito democratico, dai suoi predecessori e da alcuni partiti minori – appare invece come un’area politica più sensibile al mondo accademico, a quello dei politici di professione e più in generale a quello del settore pubblico. Una contrapposizione sociale, quella tra centrosinistra e centrodestra, plasticamente illustrata dalla decennale sfida tra l’imprenditore Silvio Berlusconi e il professore, nonché ex presidente dell’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri), Romano Prodi.

Come nella prima Repubblica, e in proporzioni ancora maggiori, la stragrande maggioranza dei ministri tecnici della seconda Repubblica provengono dal mondo accademico e dalla burocrazia statale.

In questo senso, la maggiore novità è costituita dal Movimento 5 stelle. Poco più della metà dei 56 ministri e sottosegretari nominati dal movimento fondato da Beppe Grillo sono infatti impiegati, operai e liberi professionisti, categorie che hanno complessivamente trovato una minore rappresentanza presso altri gruppi politici.

In conclusione

I membri dei governi italiani provengono per lo più dalle professioni intellettuali, come quelle forensi e il mondo universitario.

Sebbene la preferenza per gli accademici abbia progressivamente sostituito quella per gli avvocati, le differenze tra prima e seconda Repubblica sono meno marcate di quanto fosse probabilmente atteso. Emergono invece differenze tra i singoli partiti e aree politiche, a testimonianza di basi sociali di riferimento ancora parzialmente rilevanti.

Dai dati emerge la novità del Movimento 5 Stelle, i cui rappresentanti di governo provengono da gruppi sociali tradizionalmente meno rappresentati.




Questo articolo fa parte di una serie di approfondimenti per fotografare, dati alla mano, l’evoluzione dei governi italiani dal 1946 ad oggi. Le statistiche utilizzate provengono dal progetto “I governi italiani ai raggi X”, sviluppato da Il Sole 24 Ore e Pagella Politica, sulle elaborazioni di Andrea Carboni, ricercatore alla University of Sussex.

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