La strada per l’autonomia differenziata è ancora lunga

Il governo ha dato il primo via libera a un disegno di legge, ma il percorso per dare più poteri alle regioni è parecchio tortuoso
Pagella Politica
Giovedì 2 febbraio il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge per l’attuazione della cosiddetta “autonomia differenziata”, la possibilità di concedere alle regioni maggiore autonomia su alcune competenze. Il testo è stato presentato dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli (Lega) dopo settimane di confronto all’interno del governo e dopo che erano circolate varie bozze del provvedimento. Secondo alcuni commentatori, la Lega avrebbe insistito per approvare il testo prima delle elezioni regionali del 12 e 13 febbraio in Lombardia, una delle regioni che da tempo chiede più autonomia dallo Stato.

Al momento non è ancora disponibile il testo ufficiale del disegno di legge, che è stato riassunto dal governo in un comunicato stampa e presentato in una conferenza stampa dal ministro Calderoli. In ogni caso il percorso per concedere maggiore autonomia alle regioni che ne faranno richiesta è ancora lungo: l’approvazione del Consiglio dei ministri è infatti il primo di una serie di passaggi che tradurranno in concreto il progetto dell’autonomia differenziata, promesso dalla coalizione di centrodestra nel suo programma elettorale.

Che cos’è l’autonomia differenziata

Il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri, come spiega il comunicato del governo, provvede alla definizione dei «principi generali per l’attribuzione alle regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» e delle «relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una regione».

Qui è necessario un breve passo indietro. La divisione dei poteri tra lo Stato e le regioni è parecchio complessa. L’articolo 117 della Costituzione stabilisce che il governo centrale ha il potere esclusivo di fare le leggi su oltre 17 materie, dall’immigrazione alle norme generali sull’istruzione. Su oltre 20 materie il potere legislativo spetta invece alle regioni, ma insieme allo Stato, che ha il compito di determinare i principi fondamentali. Fra queste materie su cui la legislazione è concorrente c’è pure la «tutela della salute», un punto su cui si sono creati vari scontri tra Stato e regioni durante la gestione della pandemia di Covid-19. L’articolo 116 della Costituzione stabilisce che su una serie di competenze le regioni che ne fanno richiesta possono ricevere «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia». Negli ultimi anni alcune regioni, in particolare Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, hanno iniziato le trattative con i vari governi per ottenere maggiore autonomia, senza grandi risultati.

L’obiettivo del nuovo disegno di legge del governo è proprio quello di attuare l’articolo 116 della Costituzione, dando inizio a un percorso per concedere maggiori autonomie alle regioni che ne fanno richiesta sulle competenze concorrenti tra Stato e regioni.

Il percorso per l’autonomia differenziata

Il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri stabilisce le tempistiche per l’attuazione dell’autonomia differenziata, che saranno tutt’altro che immediate. 

Innanzitutto la richiesta di maggiore autonomia sulle varie competenze deve essere deliberata dalle regioni interessate e trasmessa sia al presidente del Consiglio sia al ministro per gli Affari regionali e le autonomie. In seguito devono essere raccolte entro un mese le valutazioni dei ministri competenti sulle materie interessate dalla richiesta di maggiore autonomia, con il parere del Ministero dell’Economia e delle Finanze: dopo inizia il negoziato con le singole regioni. 

Governo e regione, una volta raggiunto uno schema d’intesa per la concessione di maggiore autonomia, devono farlo approvare dal Consiglio dei ministri per poi trasmetterlo alla Conferenza unificata Stato-Regioni, l’organismo dove si confrontano appunto lo Stato centrale e le amministrazioni regionali. Sullo schema d’intesa la Camera dei deputati e il Senato hanno due mesi di tempo per esprimere un proprio parere, in attesa che venga concordata l’intesa definitiva da far approvare di nuovo dal governo e dalla regione interessata.

Come stabilisce l’articolo 116 della Costituzione, il disegno di legge per l’autonomia differenziata, per l’approvazione definitiva, dovrà essere approvato dalla Camera e dal Senato con la maggioranza assoluta, ossia con la metà dei voti più uno. Le intese tra il governo centrale e le regioni avranno una durata prestabilita che non potrà superare i dieci anni. 

Insomma, per il momento non è possibile sapere con certezza quando il percorso dell’autonomia si attuerà per davvero. Ogni passaggio di quelli elencati sopra comporta rischi e potenziali rallentamenti.

L’approvazione dei Lep

Nel frattempo c’è un altro traguardo da raggiungere: la determinazione dei cosiddetti “livelli essenziali di prestazioni”, meglio noti con il nome di “Lep”. I Lep, spiega il comunicato del governo, fanno riferimento ai «diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», al di là che alcune regioni abbiano più autonomia su determinate competenze rispetto ad altre. Stiamo parlando di diritti che riguardano non solo la scuola o la sanità, ma molte altre materie, come le infrastrutture e i servizi per il lavoro. 

Da tempo si parla della necessità di determinare i Lep, secondo alcuni partiti necessari per evitare il rischio di creare nuove disuguaglianze tra le regioni con l’autonomia differenziata. Già oggi esistono i cosiddetti “livelli essenziali di assistenza” (Lea), che come spiega il Ministero della Salute sono «le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse)».

La legge di Bilancio per il 2023, approvata dal Parlamento alla fine del 2022, è intervenuta sul tema dei Lep per accelerarne il processo di determinazione. Tra le altre cose, il provvedimento ha stabilito che si potranno concedere maggiori autonomie alle regioni nelle materie relative ai diritti civili e sociali solo quando saranno determinati i Lep. Dunque un altro tassello che si aggiunge al già articolato percorso per raggiungere l’autonomia differenziata.

Il compito di determinare i Lep sarà affidato a una Cabina di regia, che avrà sei mesi di tempo per preparare gli schemi dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) con cui i livelli essenziali di prestazioni saranno concretamente definiti. Su questi Dpcm sarà anche consultata la Conferenza unificata Stato-Regioni, mentre, come spiega un dossier del Senato, non è previsto un coinvolgimento del Parlamento. 

Ricapitolando: il percorso dell’autonomia differenziata è di fatto appena iniziato. Il governo ha dato il primo via libera al disegno di legge che avvia un iter che si basa su una serie di passaggi lungo i quali potrebbero sorgere intoppi o contrasti all’interno della maggioranza. Nelle scorse settimane vari esponenti di Fratelli d’Italia hanno ribadito la necessità che il percorso dell’autonomia differenziata vada di pari passo con la riforma costituzionale per introdurre il presidenzialismo in Italia, ossia l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Su questo secondo progetto del governo, però, si sa ancora molto poco.

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