Spagna fuori controllo, Francia e Regno Unito in forte crescita: i numeri della seconda ondata in Europa

Ecdc
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Il 22 settembre, nel suo intervento alla presentazione del rapporto Welfare Index Pmi 2020 a Roma, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto che in Europa «il livello di contagio sta salendo notevolmente e quindi dobbiamo non abbassare la guardia».

Il giorno prima il ministro della Salute Roberto Speranza ha invece firmato un’ordinanza che ha introdotto l’obbligo di test per il nuovo coronavirus per chi torna in Italia da alcune zone delle Francia.

In generale, la situazione in Europa sta peggiorando sempre di più. Da agosto la maggior parte degli Stati europei è stata investita da un notevole aumento dei contagi da Sars-CoV-2. I casi hanno iniziato a salire prima in alcuni Paesi e poi si sono allargati velocemente altrove. In diverse zone, a fronte della crescita dei casi, anche gli ospedali e i posti in terapia intensiva hanno iniziato a riempirsi.

Vediamo nel dettaglio che cosa dicono i numeri, a livello continentale e nei grandi Paesi europei più colpiti.

Il peggioramento in Europa

Ogni giorno il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) – un’agenzia indipendente dell’Unione europea che si occupa del contrasto alle malattie infettive – pubblica i dati sull’epidemia di nuovo coronavirus relativi ai Paesi europei.

L’arrivo della seconda ondata

Come mostra il Grafico 1 dell’Ecdc (con dati aggiornati al 22 settembre), si vede chiaramente una considerevole crescita di contagi a partire da agosto rispetto al periodo di giugno-luglio, quando i nuovi casi giornalieri erano mediamenti bassi e stazionari. Al momento il picco non sembra essere raggiunto e anzi, si è vicini a una crescita esponenziale.
Grafico 1. Casi giornalieri di nuovo coronavirus in Europa – Fonte: Ecdc
Grafico 1. Casi giornalieri di nuovo coronavirus in Europa – Fonte: Ecdc
A prima vista la seconda ondata dell’epidemia, guidata in particolare da Spagna, Francia e Regno Unito, appare anche più imponente di quella di marzo-aprile scorsi.

Ma come abbiamo spiegato in passato, bisogna fare attenzione a confrontare i casi di oggi con quelli registrati durante il lockdown. Per esempio, nei primi mesi della pandemia la capacità di fare e analizzare i tamponi era sensibilmente minore rispetto ad adesso e quindi l’Europa si perdeva la maggior parte dei casi. Oggi le cose sono almeno in parte migliorate, ma un confronto preciso dei dati appare molto difficile e rischioso da un punto di vista metodologico.

La mappa del contagio

L’Ecdc pubblica anche una mappa dove evidenzia i casi cumulativi notificati dai Paesi europei, rapportati al numero della loro popolazione. La mappa relativa alle prime due settimane di settembre mostra come tutti i Paesi abbiano registrato contagi.

L’intera Spagna, l’area di Parigi, la Francia meridionale, il Portogallo, il Belgio, la Repubblica Ceca, la Romania e l’Inghilterra sono tra le zone più colpite d’Europa. Qui sono stati registrati in media più di 60 casi ogni 100.000 abitanti (arancione scuro) o più di 120 per 100.000 abitanti (marrone).

In media, a livello europeo nella prima metà di settembre ci sono stati 77 casi ogni 100.000 abitanti. L’Italia è a 34,3; il Paese meno colpito è la Lettonia con 5,1, mentre il più colpito la Spagna, con 311 (Grafico 2).
Grafico 2. La mappa dei casi di nuovo coronavirus in Europa, in rapporto alla popolazione (prime due settimane di settembre) – Fonte: Ecdc
Grafico 2. La mappa dei casi di nuovo coronavirus in Europa, in rapporto alla popolazione (prime due settimane di settembre) – Fonte: Ecdc

La Spagna è fuori controllo

Vediamo adesso qual è la situazione nel Paese iberico. Secondo i dati del Centro de coordinación de alertas y emergencias sanitarias (Ccaes, l’ente che in Spagna si occupa di monitorare la situazione Covid-19) aggiornati al 22 settembre, negli ultimi 14 giorni sono stati registrati 135.286 casi.

A differenza dell’Italia, però, la Spagna comunica i dati per data di diagnosi: questi numeri saranno dunque oggetto di revisioni. Nei sette giorni precedenti erano stati diagnosticati 64.272 casi, e di questi circa un sesto presentava dei sintomi.

Dal 15 al 22 settembre in Spagna sono state ricoverate 2.357 persone e 159 sono entrate in terapia intensiva. L’Andalusia, l’Aragona, la Castiglia e Madrid sono tra le zone con il maggior numero di nuovi ospedalizzati.

Nella settimana considerata, la Spagna ha poi registrato 468 decessi, ma anche in questo caso i dati devono ancora essere consolidati e molto probabilmente saliranno di alcune decine. Questi numeri sono una chiara indicazione di come sia impossibile tenere basso il numero di decessi quando i casi di nuovo coronavirus aumentano in maniera notevole (Grafico 3).
Grafico 3. Numero dei morti da Covid-19 giornalieri in Spagna – Fonte: Ccaes
Grafico 3. Numero dei morti da Covid-19 giornalieri in Spagna – Fonte: Ccaes
Nonostante l’enorme numero di casi registrato nelle ultime settimane, la Spagna sta sicuramente sottodiagnosticando i contagi reali. Se si guarda infatti al numero di tamponi molecolari realizzati tra il 12 e il 18 settembre, si vede che è stato trovato positivo quasi il 13 per cento dei test eseguiti. Si tratta di un dato, questo del “tasso di positività”, oltre cinque volte superiore a quello italiano e che mette la situazione spagnola fuori controllo.

Secondo i criteri dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in un documento pubblicato a maggio, per capire se in una specifica area geografica l’epidemia di Covid-19 è sotto controllo o meno, il tasso di positività dei test deve rimanere sotto il 5 per cento per almeno due settimane, assumendo che la sorveglianza dei casi sospetti sia completa, ossia che vengano effettivamente tutti i sospetti positivi.

A preoccupare su questo aspetto è in particolar modo l’area di Madrid, dove più di un quinto dei test è positivo. In generale, la maggior parte delle comunità autonome hanno tassi di positività in doppia cifra e nessuno sotto il 5 per cento.

Anche in Francia contagi e ospedalizzati crescono molto

La Francia ha avuto una tendenza simile a quella spagnola. I casi hanno iniziato a salire verso fine luglio e sono rapidamente cresciuti tra agosto e settembre, arrivando a un massimo di 13.398 nuove infezioni giornaliere notificate il 19 settembre.

A fronte dell’aumento dei casi si è avuta anche una crescita delle nuove ospedalizzazioni, passate in due settimane da circa 200 al giorno a oltre 500, così come delle persone in rianimazione: da circa 30 ingressi al giorno a circa 80. I decessi erano meno di 20 a fine agosto e sono quasi 40 negli ultimi giorni.

Anche il tasso di positività dei test è salito, seppur a livelli più bassi di quelli spagnoli. Negli ultimi giorni si è infatti attestato intorno al 6 per cento. Se si guarda ai tassi di positività per fascia di età, si vede che è particolarmente alto tra le persone di 20-29 anni. Nell’Ile-de-France, la zona dove si trova Parigi, viene trovato positivo l’8 per cento dei test eseguiti.

Nonostante la crescita dei casi e il peggioramento della situazione, il governo guidato dal primo ministro Jean Castex ha deciso di non adottare forti misure di contenimento.

Come abbiamo visto nell’introduzione, i numeri francesi hanno spinto il ministro della Salute italiano Roberto Speranza a rendere obbligatorio il test per chi arriva dalla Francia, escludendo i transfrontalieri e chi si ferma nel Paese per poco.

Nel Regno Unito la situazione si complica

Veniamo adesso al Regno Unito, che ha avuto un’improvvisa crescita nei nuovi contagi di Covid-19 a settembre, arrivando a triplicarli nel giro di due settimane. La crescita è principalmente concentrata in Inghilterra, ma anche in Scozia, seppur in misura minore (Grafico 4).
Grafico 4. I nuovi casi giornalieri di Covid-19 nel Regno Unito – Fonte: Governo britannico
Grafico 4. I nuovi casi giornalieri di Covid-19 nel Regno Unito – Fonte: Governo britannico
I test processati dal Regno Unito sono passati da circa 200 mila al giorno a 250 mila: anche la capacità di testing è stata incrementata leggermente rispetto alle settimane precedenti.

L’aumento dei casi, per ora non seguito da un forte aumento delle persone ospedalizzate, ha portato il governo conservatore di Boris Johnson a irrigidire le misure per arginare la diffusione del coronavirus. In particolare, Johnson ha deciso che pub, bar, ristoranti e altri luoghi di aggregazione dovranno chiudere entro le ore 22 e sarà possibile solo il servizio al tavolo.

In una conferenza stampa del 21 settembre, Patrick Vallance e Chris Whitty, i due esperti britannici a capo della gestione dell’emergenza sanitaria, hanno previsto che se non saranno attuate forti misure di contenimento, nel Regno Unito si potrebbe arrivare a 50 mila infezioni al giorno per la metà di ottobre (Grafico 5).
Grafico 5. Le previsioni sull’aumento dei contagi nel Regno Unito se non si prenderanno misure di contenimento – Fonte: Esperti del governo britannico
Grafico 5. Le previsioni sull’aumento dei contagi nel Regno Unito se non si prenderanno misure di contenimento – Fonte: Esperti del governo britannico

In conclusione

Tutta l’Europa è colpita da un aumento dei casi giornalieri rispetto ai primi mesi dell’estate: la seconda ondata è particolarmente forte in Spagna, Francia e Regno Unito, e si spiega con una maggiore diffusione del virus.

La maggior parte dei Paesi europei ha scelto per ora di non adottare misure molto strette di contenimento, ma ha optato o per misure minori o di attendere, senza fare quasi nulla.

Il forte aumento dei casi in Europa rende probabile anche una futura crescita nei Paesi per ora meno colpiti e l’arrivo dell’autunno potrebbe complicare la situazione.

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