Che cosa c’è nella riforma del fisco approvata dalla Camera

Dal catasto all’Irpef, i quattro punti chiave del testo, su cui le trattative sono andate avanti per circa sette mesi
ANSA/GIUSEPPE LAMI
ANSA/GIUSEPPE LAMI
Il 22 giugno, con 322 voti favorevoli, 43 contrari e cinque astenuti, la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge delega per la riforma fiscale, che ora dovrà ricevere l’approvazione anche del Senato. Come suggerisce il nome, il testo concede al governo il potere di riformare il sistema fiscale, seguendo una serie di principi generali tracciati dal Parlamento. 

La riforma è contenuta nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il piano da oltre 190 miliardi di euro finanziato da risorse europee per rilanciare l’economia italiana, ma alla sua approvazione non è legata l’erogazione dei fondi, come hanno invece ripetuto in passato diversi esponenti del Partito democratico. 

Il testo è stato presentato dal governo in Parlamento alla fine di ottobre 2021 e il suo esame da parte dei deputati è durato circa sette mesi, a causa delle divisioni tra i partiti che sostengono il governo guidato da Mario Draghi. A inizio aprile 2022, la Commissione Finanze della Camera aveva bloccato l’esame del testo visto che non si trovava un accordo in particolare sulla revisione del catasto. Secondo Lega e Forza Italia, con la riforma il governo voleva aumentare le imposte sulla casa, un’accusa che poggiava però su basi poco solide. Dopo due mesi, a maggio scorso, il governo e i partiti di centrodestra hanno trovato un accordo per avviare di nuovo l’esame della riforma, ripartita a giugno. 

Il sì della Camera è solo uno dei primi passi necessari per riformare il sistema fiscale. Anche se il Senato approverà il testo, entro i 18 mesi successivi il governo dovrà approvare una serie di decreti per intervenire concretamente su imposte come l’Irpef e l’Iva o su strumenti sul catasto, altrimenti i principi tracciati nel disegno di legge delega rimarranno inattuati.

La revisione del catasto

Uno degli obiettivi della riforma presentata dal governo era quello di revisionare il sistema catastale italiano, ormai diventato iniquo e inefficiente, dal momento che i valori catastali degli immobili non rispecchiano più quelli attuali. La direzione inizialmente tracciata dal governo era già frutto di un compromesso tra i partiti della maggioranza: la soluzione proposta era quella di mettere a disposizione, a partire dal 2026, nuovi valori catastali aggiornati, che però non potevano essere utilizzati per determinare nuove imposte sugli immobili. 

Dopo le trattative con i partiti di centrodestra, questa disposizione è stata ulteriormente modificata al ribasso. Ora la riforma prevede che dal 2026 le attuali rendite catastali saranno accompagnate da una nuova rendita, che comunque non potrà essere usata a fini fiscali, calcolata in base a quanto previsto da una norma del 1998, senza più riferimenti ai valori patrimoniali. L’accordo sul catasto ha inoltre previsto che nelle consultazione degli atti catastali sarà sempre possibile l’accesso alla banca dati dell’Osservatorio mercato immobiliare (Omi) dell’Agenzia delle entrate, che misura i prezzi di mercato degli immobili, non per singole unità, ma per valori medi, a seconda delle zone.

Il disegno di legge delega stabilisce anche che il governo dovrà prendere provvedimenti per far emergere gli immobili sconosciuti al fisco e di impiegare eventuali nuove risorse per abbassare la tassazione sugli immobili.

Le novità per le imposte sui redditi

La riforma del fisco interviene anche sulle imposte dei redditi, tra cui l’Irpef. Inizialmente uno degli obiettivi del testo era quello di separare meglio e semplificare la tassazione tra i redditi da lavoro e quelli da capitale (il cosiddetto “sistema duale”), tra cui rientrano anche quelli del mercato immobiliare. Secondo il testo iniziale della delega, mentre ai redditi da lavoro si deve applicare l’Irpef, con aliquote progressive, ai redditi da capitale si deve applicare una sola aliquota proporzionale, mentre oggi ne esistono diverse.

Per evitare il rischio che alcune di queste aliquote, come quella per la cedolare secca degli affitti, aumentassero, la riforma ha eliminato il riferimento alla progressiva e tendenziale evoluzione del sistema verso un modello duale. Tra le altre cose, il testo stabilisce che la riduzione graduale delle aliquote dell’Irpef, già in parte introdotta con la legge di Bilancio per il 2022, dovrà avvenire a partire da quelle relative ai redditi medio-bassi.

La revisione dell’Iva e dell’Irap

Il testo approvato dalla Camera dà al governo il potere di intervenire per razionalizzare l’Iva e altre imposte indirette, come le accise, e di superare gradualmente l’imposta regionale sulle attività produttive (Irap), pagata dalle società e da alcuni professionisti. 

Per quanto riguarda l’Iva, l’obiettivo è quello di semplificare la gestione e l’applicazione dell’imposta e di contrastare la sua evasione. In base ai dati più aggiornati del Ministero dell’Economia, tra il 2016 e il 2018 in media in Italia l’Iva evasa ha raggiunto un valore pari a 34,4 miliardi di euro. 

Per quanto riguarda il superamento dell’Irap, il disegno di legge delega stabilisce che la priorità sia assegnata alle società di persone, agli studi associati e alle società tra professionisti. Tra il 2015 e il 2019 l’Irap ha contribuito, con un gettito annuo superiore in media ai 20 miliardi di euro, a circa un quinto del finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

Niente aumenti di tasse

Per quanto riguarda le coperture finanziarie della riforma, il testo approvato dalla Camera stabilisce che dai provvedimenti che il governo prenderà per riformare il fisco non potranno derivare né «nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica» né un aumento della pressione fiscale rispetto a quella determinata dalle leggi già attualmente in vigore.

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