Aggiornamento 28 gennaio, ore 16 – Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato sul suo sito ufficiale una sezione con i dati sul monitoraggio dei contagi nelle scuole. Le statistiche sono raccolte in formato Pdf, non in formato aperto e rielaborabile. Il 26 gennaio l’Associazione nazionale presidi (Anp) ha invece rilasciato i dati di un sondaggio interno, aggiornato al 21 gennaio.

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Con la fine delle vacanze natalizie e il forte aumento dei contagi da coronavirus, il governo guidato da Mario Draghi ha più volte difeso la decisione di non chiudere le scuole e di aggiornare le regole sulle quarantene di studenti e insegnanti.

Di recente, il Ministero dell’Istruzione (Miur) ha divulgato alcune statistiche sul numero di classi e studenti che non hanno potuto fare ricorso alla didattica in presenza, a causa della nuova ondata. Ma il quadro dipinto dal ministero è stato più volte criticato da alcuni presidi e associazioni di categoria, secondo cui isolamenti e quarantene scolastiche sarebbero sottostimate.

È possibile farsi un’idea sull’affidabilità dei numeri che stanno circolando negli ultimi giorni? Statistiche alla mano, quanto sono fondate le accuse dei dirigenti scolastici? Abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza.

Come raccoglie i dati il governo

I dati più recenti del Ministero dell’Istruzione sono aggiornati alle ore 12 del 19 gennaio e fanno riferimento alla settimana tra il 10 e il 15 gennaio, quando le scuole hanno riaperto dopo la pausa natalizia. Le statistiche in questione sono state comunicate il 19 gennaio dal ministro per l’Istruzione Patrizio Bianchi, in un’audizione alla Camera, ma non sono pubblicamente disponibili sul sito del ministero, né in formato Pdf né in un formato aperto, che ne permetta la rielaborazione. Abbiamo contattato il Miur per avere maggiori chiarimenti in merito, ma al momento della pubblicazione di questo articolo siamo ancora in attesa di una risposta.

I numeri sono stati poi pubblicati da alcuni siti di settore e sono stati raccolti sulla piattaforma GitHub da Francesco Branda, dottorando in Tecnologia della comunicazione e dell’informazione presso l’Università della Calabria, insieme alle rilevazioni di alcune regioni.

La raccolta dei dati del Miur è basata sulle rilevazioni fatte in autonomia dai singoli istituti scolastici statali: asili, elementari, medie e superiori, collocate su tutto il territorio nazionale. Il ministero ha infatti chiarito che «all’inizio di ciascuna settimana i dirigenti scolastici inseriscono i dati di interesse riferiti alla settimana precedente» nel Sistema informativo dell’istruzione (Sidi), una piattaforma digitale riservata (quindi non accessibile pubblicamente) che gestisce le informazioni e le comunicazioni relative al mondo della scuola.

Questa modalità di raccolta dati è stata confermata a Pagella Politica anche da Domenico Squillace, preside del liceo scientifico statale Alessandro Volta di Milano. «Tutti i dirigenti scolastici d’Italia, ogni lunedì mattina, sono tenuti a compilare un monitoraggio molto minuzioso per conto del Miur dedicato all’emergenza Covid-19 nella scuola», ha sottolineato Squillace. In particolare il monitoraggio «chiede di conoscere nel dettaglio la situazione dei contagi, delle quarantena, delle classi totalmente o parzialmente in didattica a distanza» per ogni scuola, con riferimento alla settimana precedente a quella di compilazione. Quando il governo, per voce per esempio del ministro Bianchi, cita i dati sui contagi, «fa riferimento a quel monitoraggio», ha chiarito Squillace a Pagella Politica.

Che cosa dice il Miur

Nel periodo tra il 10 e 15 gennaio ha partecipato alla rilevazione circa l’82 per cento degli istituti italiani statali, quindi 6.693 scuole su 8.157. Secondo il Miur, questo tasso di partecipazione è «ampiamente rappresentativo dell’impatto della pandemia nella scuola italiana» e consente quindi «di effettuare delle proiezioni attendibili sul 100 per cento delle istituzioni scolastiche» per il periodo considerato.

Dalle informazioni raccolte e rielaborate, si apprende che il 93,4 per cento delle classi «ha assicurato l’erogazione del servizio in presenza», anche se circa il 13 per cento di queste classi ha attivato la cosiddetta “didattica digitale integrata” (Ddi), una modalità con cui parte della classe segue la lezione in presenza e parte si collega da casa.

Il 6,6 per cento delle classi che hanno partecipato alla rilevazione ha invece dovuto attivare la didattica a distanza per tutti gli studenti oppure, nel caso della scuola dell’infanzia (dove questa modalità non è prevista), sospendere le lezioni. Parliamo quindi di 20.185 classi a livello nazionale che nella settimana della riapertura delle scuole ha sospeso o svolto l’intera attività didattica da remoto, su un totale di 307.690 che hanno partecipato alla rilevazione.

Era positivo o in quarantena (quindi costretto alla didattica a distanza oppure alla sospensione delle lezioni, per i più piccoli ) il 12,5 per cento degli alunni delle scuole medie e superiori, il 10,9 per cento dei bambini delle elementari e il 9 per cento di quelli alla scuola dell’infanzia, per un totale di quasi 700 mila di studenti costretti a rimanere a casa su circa 6 milioni. «Chi profetizzava 200 mila classi in dad, in pratica il 60 per cento delle classi italiane, esagerava, spero in buona fede», ha commentato a Pagella Politica Squillace.

Al 15 gennaio gli insegnanti positivi erano invece quasi 40 mila, il 5,8 per cento del totale. A questi si aggiungono circa 9 mila persone contagiate tra il personale non docente (5,5 per cento del totale).

Negli ultimi giorni, però, molti dirigenti scolastici hanno denunciato come la situazione reale negli istituiti scolastici sia peggiore rispetto a quella rilevata dal ministero.

La posizione dei presidi

Poco prima che il Miur diffondesse i risultati della sua rilevazione, il 18 gennaio il presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp) Antonello Giannelli aveva stimato che in base ai dati raccolti internamente dall’associazione, circa il «50 per cento» delle classi erano state costrette ad attivare la didattica a distanza e a sospendere le lezioni in presenza.

Dopo la pubblicazione delle statistiche ministeriali, Giannelli ha affermato che le stime dell’Anp «erano diverse in quanto basate sulle continue e costanti comunicazioni dei nostri iscritti, provenienti da tutto il territorio nazionale, che segnalavano l’infittirsi dei casi di contagio». Giannelli ha inoltre chiesto che il Miur «pubblichi con cadenza settimanale tutte le statistiche necessarie ad avere contezza del quadro generale».

A differenza di quanto riportato dal ministero, le stime dei presidi non sembrano però basarsi su un vero e proprio sistema di raccolta dati. «La situazione che percepiamo è ben diversa da quella descritta dai numeri del Miur», ha sottolineato a Pagella Politica Rossella Landi, presidente regionale di Anp Piemonte e preside dell’Istituto d’istruzione superiore Majorana di Moncalieri, in provincia di Torino. «I dati della mia scuola, e di molti colleghi con i quali mi confronto, sono più alti». Al momento l’Anp non ha rilasciato statistiche dettagliate, in risposta a quelle del Miur, che quindi rimangono le uniche effettivamente disponibili.

Secondo Paola Bortoletto, vicepresidente dell’Associazione nazionale dirigenti scolastici, la situazione era già difficile prima dell’inizio delle lezioni e si è ulteriormente aggravata nei primi giorni di lezione. «C’è stata un’escalation», ha detto a Pagella Politica, affermando che il numero di classi in quarantena o in modalità ibrida è rapidamente raddoppiato.

Per il momento i numeri del Miur non confermano questo scenario, ma come abbiamo visto in precedenza i dati ministeriali, oltre a non riguardare tutte le scuole italiane, dipendono dalle segnalazioni inviate autonomamente dai singoli istituti e fotografano la situazione di oltre 10 giorni fa.

Secondo il dottorando Francesco Branda, i pochi dati pubblicati dalle singole regioni mostrano che in alcuni casi si è verificato un forte aumento nel numero di studenti positivi e classi in quarantena nella settimana successiva all’inizio delle lezioni, quella che va dal 17 al 23 gennaio, non analizzata dal ministero. In Piemonte, per esempio, secondo i dati regionali le classi in quarantena sono passate da un totale di 912 nella settimana 10-15 gennaio (quella considerata dai dati ministeriali) a 3.242 nella settimana successiva: un incremento del 255 per cento. I dati sui contagi mostrano anche che, sebbene a livello nazionale sembra essere stato raggiunto il picco dei casi, le infezioni continuano ad aumentare nella fascia di età tra gli 0 e i 9 anni.

Ricapitolando: con tutti i loro limiti, i dati ministeriali restano per il momento la fonte più affidabile per avere un quadro dei contagi nella popolazione scolastica. Ma alcune tendenze regionali mostrano un peggioramento del numero di classi e alunni messi in didattica a distanza, che in parte rispecchia alcune impressioni raccolte tra i dirigenti scolastici.