I consigli regionali hanno sempre meno poteri

A causa dell’influenza dei presidenti e delle giunte, nel tempo il peso dei piccoli “parlamenti” regionali è calato. Numeri alla mano, abbiamo analizzato che cosa fanno in un anno di lavoro
Ansa
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Il 12 e il 13 febbraio gli elettori della Lombardia e del Lazio, le due regioni più popolose d’Italia, saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente della regione. Non solo, le elezioni serviranno anche per rinnovare i membri dei consigli regionali, che svolgono alcuni compiti fondamentali per il funzionamento di ogni regione. Questi in sostanza sono piccoli “parlamenti”, che ricoprono varie funzioni, tra cui quella di approvare le leggi regionali, e sono composti da un numero variabile di consiglieri, a seconda di quanto previsto dallo statuto di ciascuna regione. 

Nel corso degli ultimi anni, però, i poteri dei consigli regionali sono diminuiti di fronte a una sempre maggiore influenza dei presidenti e delle giunte regionali.

I poteri dei consigli regionali

L’organizzazione di una regione è stabilita dallo statuto regionale, la legge fondamentale di ogni regione. Nelle regioni a statuto ordinario lo statuto viene approvato dal consiglio regionale, mentre quello delle regioni a statuto speciale (Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta), che godono di particolare autonomia, viene approvato dal Parlamento con legge costituzionale. 

A capo della regione c’è il presidente, che dirige la giunta regionale, e detiene il potere esecutivo. Il consiglio regionale è invece una sorta di parlamento ristretto e ha il potere di approvare le leggi regionali. I membri dei consigli regionali sono i consiglieri, che vengono eletti direttamente dagli elettori di una regione. Il numero dei membri dei consigli regionali non è fisso: per esempio il consiglio regionale della Lombardia è composto da 80 membri, mentre i consiglieri regionali del Lazio sono 50. L’organizzazione dei consigli regionali ricalca quella del Parlamento italiano: ogni consiglio è guidato da un presidente e da un’ufficio di presidenza, che vengono eletti tra i consiglieri all’inizio di ogni consiliatura, ossia ogni cinque anni, e hanno una propria autonomia finanziaria. 

Da un punto di vista pratico, oltre ad approvare le leggi regionali, i consigli regionali approvano i regolamenti, che servono ad attuare le leggi regionali oppure le leggi dello Stato. In più, i consigli possono presentare proposte di legge di carattere nazionale al Parlamento e possono presentare la richiesta di indire referendum abrogativi e costituzionali. Una delle funzioni più importanti dei consiglio regionale è poi quella di approvare, entro il 31 dicembre di ogni anno, il bilancio e il conto consuntivo, che stabiliscono come vengono spese le risorse della regione.

Quante leggi sono approvate dai consigli 

Le leggi regionali, a differenza di quelle statali, possono intervenire solo su determinate materie. In base alla Costituzione, le singole regioni non possono approvare leggi regionali su materie di competenza esclusiva dello Stato, come per esempio la moneta, i rapporti dell’Italia con altri Stati o l’immigrazione. Le regioni possono invece approvare provvedimenti regionali, in accordo con lo Stato, sulle cosiddette “materie concorrenti”, come per esempio i rapporti internazionali tra la singola regione e l’Unione europea, il commercio con l’estero, il trasporto e la distribuzione di energia. Le regioni hanno invece piena libertà di approvare leggi proprie sulle cosiddette “materie residuali”, ossia quelle non espressamente riservate allo Stato, come il trasporto pubblico locale. 

Secondo l’ultimo rapporto sulla legislazione nazionale e regionale, pubblicato dell’Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati, nel 2020 i consigli regionali delle 19 regioni italiane e delle due province autonome di Trento e di Bolzano avevano approvato in totale 712 leggi regionali, in media circa 32 leggi per regione. Questo dato è in lieve aumento rispetto al 2019, quando le leggi approvate dai consigli regionali erano state 699, ma è più basso sia rispetto al 2018 (767), sia al 2017 (777) che al 2016 (725). 

Nel 2020 il consiglio regionale che aveva approvato il maggior numero di leggi era stato quello della Toscana (82 leggi, in media circa sette al mese), seguito da quello delle Marche (55, quasi cinque ogni mese) e da quello della Campania (51, più di quattro al mese). Il consiglio regionale che invece aveva approvato meno leggi era quello dell’Umbria (6 leggi, in media una ogni due mesi). 

In termini di confronto, nel 2020 le proposte di legge approvate in via definitiva dal Parlamento erano state 66, in media quasi sei al mese, una dato sostanzialmente in linea con il numero di leggi approvate quell’anno da un singolo consiglio regionale.

Il peso dei presidenti e delle giunte regionali

Le proposte di legge regionale possono essere presentate da ciascun consigliere regionale, dal presidente della regione e dalla giunta, insieme dai consiglieri regionali e dalla giunta regionale (la cosiddetta “iniziativa mista”), dai cittadini della regione o dai consigli provinciali e comunali. 

In generale, l’iter di approvazione di una legge regionale è simile a quello di una legge a livello nazionale. In Lombardia, per esempio, il testo di una proposta di legge deve ottenere il via libera delle commissioni consiliari competenti in materia. Una volta approvato, il testo passa all’esame dell’assemblea del consiglio regionale che lo discute e lo approva definitivamente.

«Negli ultimi anni i presidenti e le giunte regionali hanno assunto un potere sempre maggiore sulle scelte dei consigli regionali e, in particolare, nell’iniziativa legislativa», ha spiegato a Pagella Politica Giuseppe Arconzo, professore di diritto regionale all’Università Statale di Milano. Nel 2020, per esempio, più del 57 per cento delle leggi regionali sono state proposte dai presidenti o dalle giunte regionali, in aumento rispetto al 2019. Circa il 40 per cento sono state invece proposte dai consiglieri regionali, mentre le restanti sono state per lo più depositate su iniziativa mista delle giunte e dei consigli regionali.
La predominanza dei presidenti e delle giunte sui consigli regionali è dovuta alla natura stessa di questi organi. 

«A livello regionale vige il principio del “simul stabunt vel simul cadent (in italiano “insieme staranno oppure insieme cadranno”), in base al quale se un consiglio regionale decide di sfiduciare e far cadere il presidente, cade anche lo stesso consiglio regionale», ha spiegato Arconzo. «Questo principio garantisce maggiore stabilità ai governi delle regioni ed è stato introdotto nel 1999, con l’introduzione dell’elezione diretta dei presidenti di regione». Fino a quel momento, infatti, i presidenti di regione venivano eletti dai consigli regionali, e non direttamente dai cittadini, ed erano dunque facilmente sostituibili dai consigli stessi.

La produttività dei consigli regionali

Per quanto riguarda la velocità dell’iter legislativo, nel 2020 circa il 49 per cento delle leggi regionali è stato approvato in meno di un mese, circa il 22 per cento in meno di tre mesi, poco più del 12 per cento in meno di sei mesi, il 9 per cento in più di sei mesi, mentre le restanti sono state approvate nel giro di un anno. Questi dati sono sostanzialmente in linea con quelli del 2019. 

Tra i consigli regionali più veloci, nel 2020 quello della Calabria aveva approvato circa il 92 per cento delle leggi regionali in meno di un mese, seguito da quello dell’Emilia-Romagna (85,7 per cento) e da quello della Sardegna (74,3 per cento). In termini di confronto, nel 2020 il tempo medio per l’approvazione di una legge nazionale da parte del Parlamento era stato di 252 giorni, circa otto mesi, mentre nel 2019 era stato di 145 giorni, circa cinque mesi. 

Questa rapidità dei consigli regionali non è però automaticamente un sinonimo di efficienza e di buona qualità delle leggi. «Ogni caso va valutato a parte: in generale uno dei fattori che velocizzano l’approvazione delle leggi regionali è proprio lo strapotere dei presidenti e delle giunte sui consigli regionali», ha spiegato Arconzo a Pagella Politica.

Quanto lavorano e quanto guadagnano i consiglieri

Un dato utile per capire la mole di lavoro di un consiglio regionale è il numero complessivo di sedute del consiglio celebrate in un anno. 

Questo dato non è presente nel rapporto sulla legislazione pubblicato dalla Camera dei deputati, ma alcune regioni lo rendono pubblico nei propri rapporti annuali sulla legislazione. Per esempio, nel 2021 il consiglio regionale della Lombardia si è riunito 47 volte, in media quasi quattro volte al mese, mentre quello della Toscana 51 volte, più di quattro volte al mese. 

Per il loro lavoro, i consiglieri regionali godono di un’indennità mensile. In base a un accordo del 2012 tra lo Stato e le regioni, l’indennità totale di un consigliere regionale è fissata a un massimo di 11.100 euro lordi al mese, mentre quelle del presidente di regione e del presidente del consiglio regionale non possono superare i 13.800 euro lordi al mese. 

In Lombardia, per esempio, i consiglieri regionali ricevono un’indennità complessiva mensile di 10.545 euro lordi. Nel caso di incarichi aggiuntivi all’interno del consiglio, oltre all’indennità di carica i consiglieri regionali ricevono un’indennità di funzione, il cui importo varia a seconda del ruolo ricoperto. Per esempio, in Lombardia, un consigliere regionale che ricopre il ruolo di presidente di commissione riceve un’indennità aggiuntiva pari a 1.620 euro, che scende a 1.080 euro per chi ricopre il ruolo di vice presidente.

Le indennità dei consiglieri regionali sono sostanzialmente in linea con quelle dei parlamentari. Al momento, l’indennità dei deputati ammonta infatti a 10.435 euro lordi al mese, mentre quella dei senatori è pari a 10.385,31 euro lordi mensili.

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