Nel video su Twitter in cui accettava la candidatura diceva di non cercare «l’unanimità ma la verità». Nove giorni dopo il nuovo segretario del Partito democratico Enrico Letta è stato accontentato.

Letta, eletto alla guida del partito con 860 sì, 4 astenuti e solo 2 contrari, in questi giorni ha sperimentato i primi segnali delle divisioni mai superate nel partito.

Enrico Letta ha chiesto che siano due donne a guidare i gruppi parlamentari di Camera e Senato. Il ruolo è attualmente ricoperto da due uomini, Graziano Delrio alla Camera e Andrea Marcucci al Senato.

Il 23 marzo si sono tenute due assemblee, in mattinata con i deputati dem e al pomeriggio con i senatori. Mentre Graziano Delrio si è presentato dimissionario all’appuntamento e ha annunciato un passo indietro per trovare una nuova capogruppo donna, al Senato Andrea Marcucci – forte del sostegno della sua corrente Base riformista – sta facendo resistenza.

Vediamo cosa sta succedendo nel Partito democratico.

Le assemblee con i parlamentari

Dopo aver scelto come propri vicesegretari un uomo e una donna, l’ex ministro per il Sud Giuseppe Provenzano e la presidenza della commissione Affari europei all’Europarlamento Irene Tinagli, Letta ha chiesto che anche i volti dei capigruppo di Camera e Senato non fossero più solo maschili. Finora la carica è stata ricoperta da Andrea Marcucci al Senato e Graziano Delrio alla Camera, entrambi scelti quando il segretario del partito era ancora Matteo Renzi e poi mantenuti da Nicola Zingaretti come segnale di unità.

È infatti prassi che i capigruppo si dimettano quando viene eletto un nuovo segretario – per poi essere sostituiti o riconfermati dal voto dei rispettivi gruppi parlamentari. Questi ultimi possono comunque scegliere anche in modo autonomo rispetto alla volontà del segretario, anche se una mossa di questo tipo sarebbe un chiaro segnale di divergenza tra il vertice del partito e la sua pattuglia parlamentare.

«Uno schema per il quale un partito come il nostro ha nelle posizioni di vertice, segretario, capigruppo, ministri, presidenti di Regione, solo maschi – ha detto il 23 marzo Enrico Letta in un’intervista a Repubblica – non è in linea col resto del mondo».

Ancora una volta, infatti, la questione femminile, nel partito, si rivela presente nei propositi, ma sempre pronta a soccombere agli interessi di parte. Così com’era già emerso nella fase di formazione del governo Draghi, quando il Pd è stato l’unica grande formazione a non esprimere nemmeno una ministra, accendendo le polemiche all’interno del partito.

Marcucci, amico di Renzi e per questo guardato da alcuni con diffidenza nonostante e per la scelta di rimanere nel Pd, può contare su una maggioranza solida, circa 20 dei 35 senatori dem a Palazzo Madama. La corrente che appoggia Marcucci, Base riformista, ha infatti una larga rappresentanza fra i gruppi parlamentari (per effetto delle liste elettorali stilate nel 2018 dall’allora segretario Matteo Renzi).

La riunione alla Camera

Il 23 marzo, verso le 9.30, il segretario Enrico Letta ha incontrato i deputati del partito a Montecitorio.

Il capogruppo Graziano Delrio, dimissionario, nel proprio intervento durante l’incontro ha annunciato la propria collaborazione con il progetto di Letta: «Io sono il primo a farmi da parte. Decideremo insieme modi e tempi».

«Chiedo a Graziano di farsi carico di questo lavoro di ascolto e di individuazione delle soluzioni per poi arrivare a votare nell’arco di pochi giorni», avrebbe detto Letta durante l’assemblea, secondo quanto ha riferito su Twitter il deputato dem Stefano Ceccanti.

«Sono disponibilissimo ad accompagnare, a fare questo lavoro di istruttoria e di aiuto alla soluzione, per una competizione sana», sarebbe stata la risposta di Delrio, sempre secondo Ceccanti.

Dopo l’assemblea, Delrio ha confermato su Facebook le sue dimissioni dal ruolo: «La sfida di Enrico Letta e del Partito Democratico per la parità di genere è la mia sfida – ha scritto il deputato dem – Per questo mi faccio da parte per una soluzione che porti una donna alla guida dei deputati Pd. Decideremo insieme per il bene di una grande comunità politica.»

La votazione avverrà quindi nei prossimi giorni e verrà agevolata dal capogruppo uscente.

La situazione, come abbiamo visto, si preannuncia più complicata a Palazzo Madama.

In mattinata, dopo la prima riunione dei colleghi alla Camera, Marcucci ha scritto una lettera al nuovo segretario su Facebook, non rendendo esplicite le sue intenzioni: «Anche questa scelta, che tu ci chiedi, la faremo come le altre, tutti insieme, rivendicando la nostra autonomia, rispettando le regole ed accogliendo tutti i consigli, ma rigettando anche le imposizioni strumentali».

L’assemblea al Senato

Prima della riunione con tutti i senatori, Enrico Letta ha incontrato il capogruppo Andrea Marcucci da solo. Entrando a Palazzo Madama ha detto ironicamente ai giornalisti di sentirsi «adrenalinico».

Dopo il faccia a faccia, il segretario ha di nuovo commentato con una battuta: «Fra pisani e lucchesi si trova sempre un’intesa» (Letta è di Pisa e Marcucci è di Lucca). I due sono arrivati insieme alla riunione con il gruppo dei senatori, iniziata verso le ore 16.

Nel corso dell’assemblea il segretario ha rivolto un appello ai senatori con toni concilianti: «Vi chiedo di aiutarmi. So che chiedo un sacrificio gravoso a Marcucci e Delrio. Chiedo ad Andrea generosità, anche nel gestire con voi questo passaggio», ha detto rivolgendosi al capogruppo.

Da parte sua, Marcucci ha rivendicato il lavoro svolto nel suo ruolo: «In questi giorni difficili per me, la cosa che mi ha dato più fastidio è che in molti non hanno riconosciuto il lavoro e la fatica che abbiamo fatto in questo gruppo parlamentare in questi tre anni così difficili e tormentati», ha sottolineato durante la riunione.

Il riferimento è alla scissione guidata da Matteo Renzi per la fondazione di Italia viva. «Cito la svolta dell’agosto 2019, la successiva scissione che è stata drammatica per molti di noi con la conseguente scelta convinta di restare nel Pd», ha raccontato Marcucci, parte della corrente Base riformista a cui viene attribuita l’etichetta di “ex renziani”. «Eppure qualcuno ha continuato a chiamarci corpo estraneo, anche dentro il nostro partito».

Il capogruppo dem al Senato non ha però accolto la proposta del segretario e ha rinviato la decisione definitiva a un’altra assemblea, giovedì 25 marzo.

«Sulla tua proposta di cambiare capigruppo, temo che purtroppo sia troppo generica. Io voglio coerenza, bisogna interrompere la tradizione di avere segretari sempre uomini», sono state le parole di Marcucci. «Convoco l’assemblea giovedì mattina alle ore 9 per eleggere il nuovo capogruppo. Io rifletterò in queste ore su cosa dovrò fare», ha concluso il capogruppo del Pd a Palazzo Madama.