Tutti i leader che hanno sbagliato previsioni sulle elezioni

Da Calenda a Salvini, passando per Di Maio e Letta: nelle scorse settimane vari politici hanno previsto risultati poi nettamente smentiti dagli elettori 
ANSA/MATTEO BAZZI
ANSA/MATTEO BAZZI
Le elezioni politiche di domenica 25 settembre, tenutesi per il rinnovo dei membri del Parlamento, hanno sancito la vittoria della coalizione di centrodestra, con Fratelli d’Italia primo partito del Paese per numero di voti presi. Il successo del partito guidato da Giorgia Meloni non era inaspettato e da mesi era previsto da tutti i principali sondaggi. 

Molte previsioni di alcuni leader di partito, fatte nel corso di questa campagna elettorale, sono invece state disattese dai risultati delle urne, in alcuni casi in maniera molto netta.

Le ambizioni disattese di Azione e Italia viva

Una delle novità del panorama politico di queste elezioni è stata l’alleanza tra Azione e Italia viva. Prima del voto, per settimane vari esponenti dei due partiti guidati da Carlo Calenda e Matteo Renzi hanno ripetuto che, se la loro lista comune avesse preso oltre il 10 per cento dei voti, il centrodestra non avrebbe avuto una netta maggioranza in Parlamento per governare il Paese. Numeri alla mano, questa ambizione sembrava già essere poco solida a poche settimane dal voto.

Alle urne, la lista di Azione e Italia viva ha poi preso circa il 7,8 per cento dei voti, una percentuale distante dalle aspettative dei suoi candidati. Pochi giorni prima delle elezioni, il 21 settembre, in un’intervista con Il Foglio, il leader di Azione Carlo Calenda aveva dichiarato che il suo schieramento avrebbe preso «più della Lega» di Matteo Salvini, aggiungendo che «Forza Italia sfiorerà la soglia di sbarramento» del 3 per cento, quella sotto la quale non si eleggono membri in Parlamento. Questa previsione si è rivelata sbagliata: la Lega ha preso circa l’8,8 per cento dei voti, una percentuale deludente rispetto alle attese, ma comunque più alta rispetto a quella di Azione e Italia viva, mentre Forza Italia ha superato l’8 per cento, con oltre 5 punti percentuali sopra la soglia di sbarramento.

Anche le previsioni di Matteo Renzi si sono rivelate poco accurate, voti alla mano. Lo scorso 21 giugno il leader di Italia viva aveva dichiarato che il Movimento 5 stelle era «morto», mentre si stava consumando la scissione nel partito guidata dall’ex capo politico Luigi Di Maio. Alle elezioni del 25 settembre il Movimento 5 stelle ha preso il 15,3 per cento dei voti: molto meno del 33 per cento circa delle scorse elezioni del 2018 ma di più rispetto a quanto previsto dagli ultimi sondaggi.

L’entusiasmo di Salvini

Sul fronte della coalizione di centrodestra, le previsioni più ottimistiche, smentite poi dalle urne, sono state quelle del leader della Lega Matteo Salvini. Durante la campagna elettorale, in varie occasioni Salvini ha per esempio dichiarato che la Lega sarebbe stato il «primo partito» d’Italia, per numero di voti, come successo alle elezioni europee del 2019. Le cose non sono andate così: la Lega è stato il quarto partito più votato, sotto a Fratelli d’Italia di quasi 20 punti percentuali.

Di recente, il 23 settembre, in un’intervista con Rtl 102.5, Salvini aveva anche detto che la Lega avrebbe preso «il triplo dei voti di Calenda» alle elezioni. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, il partito di Salvini ha preso meno di 2,5 milioni di voti, mentre la lista Azione-Italia viva 2,1 milioni. 

Rimanendo nella coalizione di centrodestra, pure Silvio Berlusconi, nonostante il risultato considerabile come soddisfacente del suo partito, viste le aspettative, nei mesi scorsi si era sbilanciato un po’ troppo, parlando di una Forza Italia che avrebbe preso il «20 per cento» dei voti. Il 25 settembre la percentuale è poi stata dell’8,1 per cento.

La coalizione di centrosinistra

Infine, le urne hanno disatteso le speranze di almeno due leader di partito della coalizione di centrosinistra.

A poche settimane dal voto, il leader di Impegno civico Luigi Di Maio si era detto «molto ottimista» sul futuro risultato del suo partito, dicendo che poteva arrivare al «6 per cento». Alla fine Impegno civico ha preso lo 0,6 per cento dei voti, dieci volte in meno: sotto la soglia di sbarramento del 3 per cento, oltre la quale si eleggono parlamentari, e sotto la soglia di sbarramento dell’1 per cento, sotto la quale i voti di un partito in coalizione con altri finiscono persi. Tra l’altro, Di Maio non farà parte del prossimo Parlamento: nel collegio uninominale di Napoli, dove si era presentato come candidato comune del centrosinistra, è stato sconfitto da Sergio Costa, l’ex ministro dell’Ambiente del Movimento 5 stelle. 

Infine, deludente è stato anche il risultato del Partito democratico, guidato da Enrico Letta. Lo stesso Letta, in un’intervista ad agosto con La Stampa, aveva detto (min. 42:00) che il suo partito puntava a essere il «primo» del Paese. Non è andata così: il Pd ha preso circa il 19,1 per cento dei voti, seconda percentuale più alta tra i partiti (e di poco più alta rispetto al 18,7 per cento delle elezioni del 2018), dietro al 26,1 per cento di Fratelli d’Italia.

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