L’Italia ha già ricevuto 67 miliardi di euro dall’Ue per il Pnrr

Tra prefinanziamento, prima e seconda rata, ma il problema resta spenderli tutti in tempo
ANSA
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L’8 novembre la Commissione europea ha versato all’Italia i 21 miliardi di euro della seconda rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), finanziato con risorse europee per aiutare la ripresa dell’economia italiana dopo la pandemia di Covid-19. Dall’estate 2021, quando il Pnrr è stato definitivamente approvato dall’Ue, il nostro Paese ha già ricevuto 66,9 miliardi di euro sugli oltre 191 miliardi previsti entro il 2026 (Tabella 1). Il problema principale, al momento, resta la capacità di spendere in tempo tutti questi soldi.
Tabella 1. Scadenze e obiettivi delle rate del Pnrr – Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze
Tabella 1. Scadenze e obiettivi delle rate del Pnrr – Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze
I primi 24,9 miliardi di euro sono stati erogati ad agosto 2021, sotto forma di prefinanziamento, mentre i 21 miliardi di euro della prima rata sono arrivati ad aprile. In quel caso l’Ue aveva certificato che l’Italia aveva raggiunto le 51 scadenze fissate per la fine del 2021, dandole 10 miliardi di euro in sovvenzioni a fondo perduto e 11 miliardi di euro in prestiti. Discorso analogo vale per la seconda rata, arrivata dopo che le istituzioni europee hanno certificato il raggiungimento dell’Italia delle 45 scadenze fissate per la fine di giugno 2022. Il valore effettivo della prima rata e della seconda rata era in realtà di 24,1 miliardi di euro, ma l’importo versato è stato poi di 21 miliardi perché su ogni rata la Commissione Ue trattiene una quota per rimborsare il prefinanziamento iniziale di agosto scorso.

Il prossimo traguardo, per poter ricevere i 19 miliardi di euro della terza rata, è il raggiungimento dei 55 traguardi e obiettivi fissati per la fine del 2022. Ricordiamo che i traguardi fanno riferimento al raggiungimento di risultati qualitativi (per esempio, l’approvazione di riforme o singoli provvedimenti normativi), mentre gli obiettivi a risultati quantitativi (per esempio, l’assunzione di un determinato numero di personale in un settore specifico). Secondo l’Osservatorio Pnrr del Sole 24 Ore, grazie all’eredità lasciata dal precedente governo guidato da Mario Draghi, 21 scadenze su 55 sono già state centrate, mentre 11 sono vicine al traguardo.

Come ha certificato la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef), approvata a fine settembre dal governo Draghi, l’aumento dei costi dei progetti, causato dall’inflazione, e l’adattamento alle nuove norme per attuare il piano hanno causato una minore spesa dei soldi ricevuti dall’Ue rispetto a quanto inizialmente previsto. Nella Nadef, il governo Draghi ha stimato che entro la fine del 2022 l’Italia spenderà 20,5 miliardi di euro tra quelli ricevuti per il Pnrr. Questa spesa è minore di oltre 13 miliardi rispetto a quella preventivata dal Documento di economia e finanza (Def) ad aprile scorso e di quasi 21 miliardi di euro rispetto alla tabella di marcia originaria. 

Secondo le stime della Nadef, il governo Meloni – se rimarrà in carica fino al 2026 – dovrà spendere 40,9 miliardi del Pnrr nel 2023, 46,5 miliardi nel 2024, 47,7 miliardi di euro nel 2025 e 35,6 miliardi nel 2026 (Grafico 1). Stiamo parlando di circa 170 miliardi di euro in quattro anni.
Grafico 1. Profilo programmatico aggiornato relativo all’utilizzo delle risorse del Pnrr – Fonte: Nadef
Grafico 1. Profilo programmatico aggiornato relativo all’utilizzo delle risorse del Pnrr – Fonte: Nadef
La seconda relazione sullo stato di attuazione del Pnrr, presentata al Parlamento a inizio ottobre, ha quantificato (pag. 21) che entro la fine di agosto erano stati spesi 11,8 miliardi di euro. Questa spesa ha riguardato soprattutto i “progetti in essere”, ossia quelli previsti da disposizioni precedenti al piano e che sono in una fase di attuazione «più matura». 

Per il momento i ritardi di spesa rispetto alle previsioni non stanno avendo effetti negativi sulle erogazioni dei fondi. Ma finora le 96 scadenze – a cui si aggiungeranno le 55 di fine dicembre – sono state rispettate perché la prima parte del cronoprogramma del Pnrr prevede perlopiù riforme, l’approvazione di norme specifiche e l’avvio dei bandi, e non l’apertura di nuovi cantieri. Le cose potrebbero però cambiare presto nei prossimi mesi, quando il piano entrerà nel vivo.

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