Nella mattinata di giovedì 9 febbraio le commissioni Affari costituzionali e Bilancio del Senato hanno approvato alcuni emendamenti al decreto “Milleproroghe” presentati dai partiti che sostengono il governo Meloni. Da anni le concessioni balneari andrebbero messe a gara in base alle norme europee e in particolare alla cosiddetta “direttiva Bolkestein”, ma vari governi hanno deciso di non rispettare queste regole. 

Le cose sono cambiate a novembre 2021, quando il Consiglio di Stato – l’organo che rappresenta il secondo e ultimo grado di giudizio nella giustizia amministrativa – ha stabilito in due sentenze che le concessioni balneari in vigore sarebbero dovute rimanere valide fino alla fine del 2023: dopo sarebbero dovute essere messe a gara. Ricordiamo che le spiagge fanno parte del demanio pubblico, ossia l’insieme di beni che sono di proprietà dello Stato e che non possono essere venduti o ceduti in nessun caso ai privati. Tuttavia, lo Stato può permettere a soggetti privati l’uso di questi beni, attraverso lo strumento della concessione. 

Sulla questione è intervenuto il governo guidato da Mario Draghi con la legge annuale sulla concorrenza, presentata a dicembre 2021 in Parlamento e poi approvata ad agosto 2022 dopo un percorso accidentato. Tra le altre cose, il Parlamento aveva delegato il governo a realizzare entro sei mesi una mappatura delle concessioni demaniali esistenti e a «riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali». Rispettando le sentenze del Consiglio di Stato, la legge stabiliva inoltre che le concessioni esistenti rimanevano in vigore fino al 31 dicembre 2023. Solo nel caso in cui ci fossero «ragioni oggettive» che non permettevano lo svolgimento della messa a gara, questa data poteva essere spostata al 31 dicembre 2024.

Durante l’esame parlamentare del decreto “Milleproroghe” il governo Meloni ha deciso di intervenire su queste misure. In particolare, secondo l’agenzia stampa parlamentare Public Policy, sono stati approvati un emendamento che proroga fino a luglio 2023 la delega al governo per realizzare la mappatura delle concessioni esistenti, bloccando di fatto le gare; un emendamento che proroga la validità delle concessioni fino al 31 dicembre 2024; e un emendamento che istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un «tavolo tecnico» con compiti di consulenza e di indirizzo sulla materia. In caso di «ragioni oggettive» che impediscano la conclusione delle gare entro il 31 dicembre 2024, questa scadenza potrà slittare alla fine del 2025. 

Il testo del decreto “Milleproroghe”, una volta finito l’esame nelle commissioni, dovrà essere approvato dall’aula del Senato e poi dalla Camera dei deputati. Non è chiaro al momento quali saranno le conseguenze dal punto di vista giuridico sulle concessioni, viste le sentenza del Consiglio di Stato, e le reazioni da parte delle autorità europee. 

L’approvazione della legge annuale sulla concorrenza era uno degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) da centrare per il 2022, mentre per quest’anno vanno approvati i vari decreti attuativi previsti dalla legge. La messa a gara delle concessioni balneari non è però uno degli obiettivi del Pnrr: con l’Ue non si era concordato nel dettaglio che cosa inserire nella legge, ma il governo Draghi aveva deciso di proseguire con la messa a gara per rispettare la sentenza del Consiglio di Stato ed evitare altre ammonizioni dall’Ue.

Secondo i dati più aggiornati, in Italia le concessioni demaniali marittime sono poco meno di 30 mila, di cui quasi 22 mila pagano un canone annuo allo Stato inferiore ai 2.500 euro. Nel 2019 si stima che complessivamente lo Stato abbia incassato circa 115 milioni di euro dai canoni sulle concessioni balneari. Anche se non ci sono dati ufficiali in merito, secondo le stime disponibili, questi canoni sono bassi se paragonati ai loro ricavi, in particolare per gli stabilimenti più grandi.