Il fact-checking di Berlusconi sulla guerra in Ucraina

Secondo il leader di Forza Italia, l’Ucraina sarebbe responsabile dell’attacco russo, ma le sue tesi sono in gran parte smentite dai fatti
Oliver Weiken/dpa
Oliver Weiken/dpa
Il 19 ottobre l’agenzia stampa LaPresse ha pubblicato un audio, registrato di nascosto durante un’assemblea di Forza Italia alla Camera, in cui si sente Silvio Berlusconi fare una propria ricostruzione delle responsabilità sulla guerra in Ucraina. In breve: secondo l’ex presidente del Consiglio, il conflitto sarebbe nato per colpa dell’Ucraina e del suo presidente Volodymyr Zelensky, mentre il presidente russo Vladimir Putin sarebbe stato costretto a entrare in guerra contro la sua volontà. Il giorno seguente, in un’intervista con il Corriere della Sera, il leader di Forza Italia si è difeso dalle critiche arrivate nelle ultime ore, dicendo di non aver voluto dare «nessuna interpretazione assolutoria all’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa».

Già pochi giorni prima delle elezioni del 25 settembre, ospite a Porta a Porta su Rai1, Berlusconi aveva fatto dichiarazioni simili, dicendo che l’obiettivo di Putin era quello di sostituire Zelensky con «persone per bene», un’espressione usata anche nell’audio pubblicato da LaPresse.

Che cosa c’è di vero e di falso nella ricostruzione fatta dal leader di Forza Italia? Abbiamo verificato le parole di Berlusconi, che ha detto una serie di cose prive di fondamento.

L’Ucraina ha violato gli accordi di Minsk?

«2014, a Minsk, in Bielorussia, si firma un accordo tra l’Ucraina e le due neo costituite repubbliche del Donbass per un accordo di pace, senza che nessuno attaccasse l’altro. L’Ucraina butta al diavolo questo trattato un anno dopo e comincia ad attaccare le frontiere delle due repubbliche»

Questa ricostruzione è falsa. Un primo accordo di cessate il fuoco è stato firmato a Minsk, in Bielorussia, a settembre 2014, per fermare le violenze scoppiate nell’aprile dello stesso anno nella regione ucraina del Donbass, dopo l’assalto alle sedi istituzionali da parte dei separatisti filorussi in alcune aree delle regioni di Donetsk e Luhansk. La tregua non era però durata e gli scontri e le violenze, da ambo le parti, erano ricominciati poco dopo. 

Dopo altri mesi di violenze, un secondo accordo di cessate il fuoco è stato raggiunto di nuovo a Minsk, a febbraio 2015. Qui, tra le altre cose, Russia e Ucraina hanno stabilito che le regioni separatiste sarebbero tornate sotto il pieno controllo ucraino e che l’Ucraina avrebbe approvato una riforma costituzionale per garantire loro uno statuto speciale. Queste due condizioni non si sono poi mai verificate, come vedremo meglio tra poco.

In generale, è falso, a differenza di quanto detto da Berlusconi, che questo «accordo di pace» sia stato violato dalla decisione dell’Ucraina di attaccare le frontiere delle due autoproclamate repubbliche separatiste. Come si può leggere in diversi report (qui per esempio quello della ong che si occupa della difesa dei diritti umani Human rights watch, del 2017) gli accordi presi a Minsk nel 2015 hanno portato a una generale riduzione delle ostilità e delle violenze, anche se sono state registrate frequenti violazioni del cessate il fuoco da entrambe le parti.

Secondo le Nazioni unite, le morti tra i civili sono passate dalle 2.084 del 2014 alle 955 del 2015 e alle 112 del 2016. Tra il 2014 e il 2015, secondo i dati dell’Upssala conflict data program, dell’università dell’omonima città svedese, è calato anche il numero dei morti in battaglia, sia militari che civili, così come tra il 2015 e il 2016. Successivamente, fino al 2022, il livello dello scontro armato nel Donbass è rimasto su un’intensità minore.

Generalmente, quando si parla del mancato rispetto degli accordi di Minsk si intende, da un lato, la mancata approvazione di una riforma costituzionale da parte dell’Ucraina, che garantisse una forte autonomia alle regioni separatiste, dall’altro lato, la mancata restituzione da parte della Russia del controllo sui territori separatisti al governo di Kiev. 

A differenza di quanto dichiarato da Berlusconi, che ha parlato di un attacco ucraino alle frontiere, possiamo dire che a livello generale la tregua ha sostanzialmente retto, con un drastico calo delle violenze e dei morti tra il 2015 e il 2022, anche se è vero che ci sono state violazioni del cessate il fuoco da ambo le parti.

I morti nelle repubbliche separatiste

«Le due repubbliche subiscono vittime tra i militari che arrivano, mi si dice, a 5-6-7 mila morti»

La cifra citata da Berlusconi è corretta. Secondo i dati dell’Alto commissariato per i diritti dell’uomo delle Nazioni unite, tra aprile 2014 e dicembre 2021 ci sono state in totale circa 14 mila vittime nel conflitto del Donbass: circa 3.400 civili, circa 4.400 militari ucraini e circa 6.500 membri delle milizie filorusse.

Zelensky ha triplicato gli attacchi contro il Donbass?

«Arriva Zelensky: triplica gli attacchi alle due repubbliche»

Questa accusa è priva di fondamento. Volodymyr Zelensky è stato eletto presidente dell’Ucraina a maggio 2019 e fin dall’inizio del suo mandato ha cercato di negoziare con la Russia una soluzione diplomatica per il Donbass, seguendo la cosiddetta “Formula Steinmeier” (dal nome del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier). Per porre fine alle violenze, questa strategia prevedeva elezioni locali nelle regioni occupate del Donbass e il riconoscimento della loro autonomia speciale.

Mentre questi tentativi negoziali procedevano, non è vero che gli attacchi  ucraini alle autoproclamate repubbliche di Luhansk e Donetsk, che fanno parte della regione del Donbass, siano triplicati, come ha detto Berlusconi. I dati sulle morti tra i civili e i morti in battaglia, sia militari che civili, già citati sopra, indicano che da maggio 2019 a febbraio 2022 non ci sia stato un aumento degli attacchi, visto il calo registrato rispetto agli anni precedenti.

Secondo l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), la più grande organizzazione intergovernativa di sicurezza regionale per la promozione della pace, nel 2019 le violazioni del cessate il fuoco e le violenze in generale sono diminuite rispetto al 2018. L’Osce ha registrato un calo delle violazioni e delle violenze anche nel 2020 e nel 2021.

Ricapitolando: contrariamente a quanto detto da Berlusconi, da quando Zelensky è diventato presidente dell’Ucraina a maggio 2019, fino all’invasione da parte della Russia a febbraio 2022, le violenze nel Donbass erano diminuite rispetto a prima.

Propaganda (quasi) inverificabile

Oltre a queste dichiarazioni, Berlusconi ne ha fatte anche altre non verificabili o comunque poco credibili. Tra le altre cose, il leader di Forza Italia ha per esempio detto che il presidente russo Vladimir Putin è stato stato sostanzialmente costretto a fare una guerra che lui non voleva, per instaurare «un governo già scelto dalla minoranza ucraina di persone per bene e di buon senso».

Berlusconi ha anche aggiunto che, dopo l’invasione dell’Ucraina, l’esercito russo «si è trovato di fronte a una situazione imprevista e imprevedibile di resistenza da parte degli ucraini, che hanno cominciato dal terzo giorno a ricevere soldi e armi dall’Occidente». Qui si può notare che l’aiuto militare occidentale all’Ucraina non è cominciato «dal terzo giorno» dopo l’invasione da parte della Russia, ma anni prima, e sia cresciuto dopo l’invasione russa della Crimea e del Donbass, avvenuta nel 2014.

Non è neppure verificabile la parte del discorso di Berlusconi in cui dice che Putin pensava di raggiungere la capitale ucraina Kiev «in una settimana» e di «deporre il governo in carica in breve tempo». Il discorso con cui Putin il 24 febbraio ha di fatto annunciato l’invasione dell’Ucraina sembrerebbe confermare questa tesi, ma in guerra i documenti segreti hanno spesso più valore delle dichiarazioni pubbliche. In ogni caso, appare innegabile che qualcosa nei piani di Putin non abbia funzionato e che la Russia si sia trovata, e si trovi, in una situazione «imprevista e imprevedibile», come sostenuto da Berlusconi.

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