Perché partiti con gli stessi voti hanno preso un numero di seggi diverso

Alle elezioni, alcune forze politiche hanno ottenuto percentuali simili, ma non avranno lo stesso numero di rappresentanti in Parlamento. Ci avete chiesto il perché e, nella risposta, c’entra il funzionamento della legge elettorale
ANSA
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Gli scrutini delle elezioni del 25 settembre sono ormai conclusi, e l’elenco dei 400 deputati e 200 senatori che andranno a comporre il nuovo Parlamento è completo. La coalizione di centrodestra, formata da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi moderati, ha ottenuto molti più voti dei suoi avversari e avrà la maggioranza assoluta dei seggi sia alla Camera che al Senato.

I numeri del nuovo Parlamento non rispecchiano comunque le percentuali del voto degli elettori: in alcuni casi, partiti che hanno ottenuto un numero di voti simile hanno eletto un numero diverso di parlamentari, mentre forze politiche che hanno ottenuto percentuali molto diverse tra loro avranno quasi lo stesso peso in termini di rappresentanza parlamentare.

In molti ci avete scritto per spiegare questo strano fenomeno. La spiegazione risiede nella natura dell’attuale legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum.

Il funzionamento della legge elettorale

Partiamo innanzitutto dal modo in cui sono stati attribuiti i seggi. Il Rosatellum è una legge elettorale mista, che unisce il sistema elettorale proporzionale e quello maggioritario nell’assegnazione dei seggi parlamentari.

Nello specifico, il Rosatellum assegna circa il 61 per cento dei posti sia della Camera che del Senato con un sistema proporzionale: i partiti ricevono un numero di seggi in proporzione alla percentuale di voti ottenuta, a patto che si superi una soglia di sbarramento, posta al 3 per cento. Dall’altro lato, invece, circa il 37 per cento dei seggi è assegnato con un sistema maggioritario: nei collegi uninominali vince chi prende anche un solo voto in più rispetto agli avversari. Il rimanente 2 per cento dei seggi (12), quelli eletti nella circoscrizione estero, è assegnato con un sistema proporzionale, con le preferenze.

Al di là dei giudizi di merito sulla bontà del Rosatellum, è proprio la parte maggioritaria di questa legge elettorale che ha permesso ad alcuni partiti di ottenere più seggi rispetto ai voti realmente ottenuti.

Voti diversi, seggi simili

In queste elezioni, a essere premiata dalla legge elettorale è stata la coalizione di centrodestra, che ha vinto in 121 dei 147 collegi uninominali in palio alla Camera e in 59 dei 74 previsti al Senato, circa l’83 per cento in entrambi i casi. I collegi uninominali sono quelli dove vige il sistema maggioritario. 

Le vittorie in molti dei collegi uninominali di Camera e Senato hanno dunque permesso ai partiti di centrodestra di ottenere molti più seggi di quanti ne avrebbero avuti con un sistema unicamente proporzionale, che avrebbe assegnato i posti in Parlamento solo in base alla percentuale di voti ottenuti. 

Per esempio, alla Camera, la Lega ha eletto 66 deputati, gli stessi del Partito democratico, ma con meno della metà dei voti in termini assoluti: al partito di Matteo Salvini spettano 42 seggi vinti grazie al sistema maggioritario, contro gli otto del Pd. Stesso discorso per Forza Italia e Movimento 5 stelle, che nonostante percentuali molto diverse (8,1 per cento il primo, 15,4 per cento il secondo) avranno un numero di deputati simile: 45 per il partito di Silvio Berlusconi e 52 per quello di Giuseppe Conte. Al contrario, la lista Azione-Italia viva, che alla Camera ha preso quasi gli stessi voti del partito di Silvio Berlusconi, avrà solo 21 deputati, non avendo vinto nessun collegio uninominale.

I partiti sotto la soglia di sbarramento

Tra le liste che hanno ottenuto una rappresentanza parlamentare grazie alla parte maggioritaria del Rosatellum ci sono anche alcuni partiti che a livello nazionale non hanno superato la soglia di sbarramento del 3 per cento.

Il caso più eclatante è quello di Noi moderati, la lista guidata da Maurizio Lupi e formata da quattro piccoli partiti di centrodestra, Noi con l’Italia, Italia al centro, Coraggio Italia e Unione di centro, che a livello nazionale ha preso meno dell’1 per cento. Grazie al sostegno della coalizione di centrodestra, Noi moderati ha eletto nove parlamentari, sette deputati e due senatori, tutti candidati in collegi uninominali.

Anche alcuni partiti della coalizione di centrosinistra sono riusciti ad avere una rappresentanza parlamentare senza superare la soglia del 3 per cento su scala nazionale. Più Europa, che si è fermata al 2,8 per cento alla Camera, ha eletto comunque due deputati, mentre Impegno civico ne ha eletto uno, nonostante alla Camera abbia preso lo 0,6 per cento.

Fuori delle due principali coalizioni, il sistema dei collegi uninominali ha premiato anche alcune realtà politiche locali. Il partito meridionalista siciliano Sud chiama nord, fondato dall’ex sindaco di Messina Cateno De Luca, ha vinto nei collegi uninominali di Messina sia alla Camera che al Senato, eleggendo così un deputato e una senatrice, nonostante abbia raccolto meno dell’1 per cento dei voti a livello nazionale. Infine, il partito autonomista del Trentino Alto-Adige Südtiroler volkspartei (Svp), che su scala nazionale ha ottenuto lo 0,4 per cento dei voti, è riuscito a eleggere tre deputati alla Camera, due dei quali nei collegi uninominali di Bolzano e Bressanone.

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