Che cosa sta succedendo tra Di Maio e il Movimento 5 stelle

I rapporti, tesi ormai da mesi, sono peggiorati negli ultimi giorni. C’entrano la guerra in Ucraina, le elezioni comunali, e si parla addirittura di espulsione dal partito
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Aggiornamento 22 giugno, ore 8

Nella serata del 21 giugno, Luigi Di Maio ha annunciato la sua uscita dal Movimento 5 stelle. Qui abbiamo spiegato i motivi della sua decisione.

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Negli ultimi giorni la notizia principale dell’attualità politica italiana riguarda il peggioramento dei rapporti tra il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il suo partito, il Movimento 5 stelle, di cui in passato è stato il capo politico. Da tempo le posizioni di Di Maio e del movimento, ora guidato dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sono divergenti, in particolare per quanto riguarda la guerra in Ucraina, e si sono ulteriormente distanziate dopo le elezioni comunali dello scorso 12 giugno.

Lo scontro, in corso da mesi, sembrava poter portare all’espulsione di Di Maio dal partito, ipotesi per ora non concretizzatasi, ma soltanto rinviata secondo alcune fonti stampa.

Le dichiarazioni di Di Maio

Il 16 giugno Di Maio ha rilasciato alcune dichiarazioni ai giornalisti, in Piazza del Parlamento a Roma, criticando le recenti posizioni del Movimento 5 stelle sulla guerra in Ucraina e le dinamiche interne al partito. «Io non credo che sia opportuno assumere delle decisioni che di fatto disallineano l’Italia dall’alleanza Nato e dall’alleanza dell’Unione europea», ha dichiarato Di Maio. «Non credo sia opportuno, per esempio, mettere nella risoluzione che impegna il presidente del Consiglio ad andare in Consiglio europeo, delle frasi o dei contenuti che ci disallineano di fatto dalle nostre alleanze storiche, perché l’Italia non è un Paese neutrale».

Il riferimento è alle comunicazioni che il presidente del Consiglio Mario Draghi terrà in Senato e alla Camera il 21 e il 22 giugno, in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno, e al termine delle quali le aule voteranno una risoluzione, ossia un testo con cui il Parlamento chiede al governo di impegnarsi su una serie di interventi. In questo caso, l’oggetto del dibattito riguarda la guerra in Ucraina e, in particolare, due punti: la necessità o meno di inviare nuove armi al Paese, strategia da tempo criticata da Conte e da altri esponenti del suo partito, e la necessità o meno di coinvolgere il Parlamento prima di ogni vertice internazionale, come per l’appunto un Consiglio europeo. Secondo fonti stampa, la risoluzione che i partiti che sostengono il governo guidato da Mario Draghi presenteranno in Parlamento non farà riferimento alla questione delle armi. In base al cosiddetto “decreto Ucraina”, il governo è già autorizzato a inviare armi all’Ucraina fino alla fine del 2022, senza necessariamente ottenere il via libera del Parlamento. 

Di Maio ha anche aggiunto: «Non credo che possiamo stare nel governo e poi un giorno sì e un giorno no, per imitare Salvini, si vada ad attaccare il governo, anche sulla diplomazia», sottolineando che, secondo lui, lo scarso risultato del partito alle elezioni comunali è dovuto al fatto che l’elettorato del M5s è «molto disorientato». «Io credo che il Movimento 5 stelle debba fare un grande sforzo di democrazia interna, per il nuovo corso servirebbe più inclusività, più dibattito interno», ha concluso il ministro degli Esteri.

Il presidente Conte ha subito respinto le critiche di Di Maio, su cui si è espresso anche il presidente della Camera Roberto Fico, suo compagno di partito: «Siamo arrabbiati e delusi: non riesco a comprendere che il ministro degli esteri Di Maio attacchi su delle posizioni rispetto alla Nato e all’Europa che nel Movimento non ci sono e non se ne dibatteva prima».

La nota del Consiglio nazionale

Nella sera del 19 giugno si è riunito il Consiglio nazionale del Movimento 5 stelle, un organismo che assiste il presidente Conte nell’attuazione della linea politica del partito. Al termine dell’incontro, il Consiglio nazionale ha approvato all’unanimità una nota in cui ha criticato alcune recenti dichiarazioni fatte alla stampa dal ministro degli Esteri. 

«Le dichiarazioni circa una presunta volontà del M5S di operare un “disallineamento” dell’Italia rispetto all’alleanza euroatlantica e rispetto all’Unione europea sono inveritiere e irrispettose della linea di politica estera assunta da questo Consiglio Nazionale e dal movimento, che mai ha posto in discussione la collocazione del nostro Paese nell’ambito di queste tradizionali alleanze», si legge nella nota. «Queste dichiarazioni, unitamente a quelle che evocano un clima di incertezza e di allarme in materia di “sicurezza nazionale” e quindi di instabilità del nostro Paese, sono suscettibili di gettare grave discredito sull’intera comunità politica del M5S, senza fondamento alcuno». «Il Consiglio Nazionale, pertanto, confida che cessino queste esternazioni lesive dell’immagine e della credibilità dell’azione politica del Movimento 5 Stelle», conclude il comunicato.

Si può espellere Di Maio?

Per anni Di Maio ha ricoperto il ruolo di vertice del Movimento 5 stelle. Nel 2013 è stato eletto per la prima volta deputato, e nominato vicepresidente della Camera, e nel 2017 è stato eletto come capo politico del movimento e, di conseguenza, come candidato presidente del Consiglio per le elezioni politiche del 2018. Nel primo governo guidato da Giuseppe Conte, ha ricoperto l’incarico di ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, nonché di vicepresidente del Consiglio, mentre nel secondo governo Conte ha rivestito quello di ministro degli Esteri, incarico che ricopre anche nel governo Draghi.

L’allontanamento di Di Maio dai vertici del partito è iniziato a gennaio 2020, quando si è dimesso dal ruolo di capo politico. Parallelamente, ha guadagnato sempre più spazio la figura di Conte, con cui spesso in passato Di Maio ha avuto posizioni divergenti. A febbraio scorso, lo stesso Di Maio si era dimesso dal Comitato di garanzia del M5s, organismo che ha il compito di vigilare sull’applicazione delle regole interne al partito. Secondo il ministro degli Esteri, le sue dimissioni si erano rese necessarie per «avviare una riflessione interna» al M5s, dopo la rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica, che avevano visto scontrarsi proprio Conte e Di Maio.

Oggi, a quasi cinque mesi di distanza, si fanno sempre più insistenti le voci su una possibile espulsione di Di Maio, che secondo le ricostruzioni fatte da alcuni quotidiani, godrebbe comunque il supporto di diversi parlamentari, eletti proprio quando Di Maio era capo politico del partito. Secondo Ansa, alla Camera e al Senato sarebbe pronta la raccolta firme per costituire un gruppo parlamentare, autonomo da quello del M5s, a sostegno di Di Maio. 

Lo Statuto del M5s stabilisce un percorso articolato per sanzionare ed espellere un proprio membro, sulla base di una serie di motivazioni. Su richiesta del presidente Conte, o del garante Beppe Grillo, o di qualunque iscritto, il Comitato dei probiviri – composto da Danilo Toninelli, Fabiana Dadone e Barbara Floridia – esamina la richiesta di sanzione, contro la quale il soggetto coinvolto, in questo caso Di Maio, può opporsi e chiedere di difendersi.

Un’altra opzione in campo è che sia lo stesso Di Maio a lasciare il partito, senza che venga attivato il meccanismo dell’espulsione.

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