Come non farsi ingannare dai dati su truffe e reddito di cittadinanza

Ansa
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Da giorni molti politici italiani stanno criticando il reddito di cittadinanza, rilanciando in tv e sui social i dati sulle operazioni condotte da carabinieri e guardia di finanza per individuare chi percepisce indebitamente il sussidio.

«Reddito di cittadinanza a camorristi, parcheggiatori abusivi, truffatori, rapinatori, possessori di Ferrari, di appartamenti, di autonoleggi», ha per esempio scritto il 3 novembre su Twitter il leader della Lega Matteo Salvini, parlando di «20 milioni» di euro di truffe scoperte in cinque regioni. «Il reddito di cittadinanza così com’è non funziona ed è sempre più evidente», ha dichiarato lo stesso giorno su Facebook il presidente di centrodestra della Regione Liguria Giovanni Toti. «In tre anni quasi 48 milioni di euro sono stati dati a chi non ne aveva diritto, 40 milioni solo nel 2021».

«Il Movimento 5 stelle lotta contro l’illegalità sempre, senza calcoli politici. Invitiamo anche le altre forze politiche a farlo, non solo sul reddito di cittadinanza», ha invece risposto su Facebook il 3 novembre il leader del partito Giuseppe Conte. «Negli ultimi due anni si sono registrate 15 miliardi di truffe a danno dello Stato (di queste meno dell’1 per cento – comunque inaccettabili – sono legate al reddito di cittadinanza)».

Quante delle cifre appena viste sono corrette e quante no? Abbiamo messo in fila tutti i numeri che abbiamo oggi a disposizione sulle truffe legate al reddito di cittadinanza, contestualizzandoli. In breve: in rapporto percentuale ai nuclei beneficiari e agli stanziamenti complessivi, i dati sulle truffe sono una parte molto piccola sul totale. Ma al di là delle percezioni indebite del sussidio, come abbiamo evidenziato in passato, secondo gli esperti uno dei limiti principali della misura resta il fatto che esclude ancora una buona parte della popolazione che vive in povertà.

I dati dei carabinieri

Il 3 novembre molti quotidiani e agenzie stampa hanno rilanciato la notizia di un’operazione condotta dai carabinieri in cinque regioni del Sud Italia (Campania, Abruzzo, Puglia, Basilicata e Molise), che ha portato alla scoperta di oltre 19 milioni di euro indebitamente percepiti da beneficiari del reddito di cittadinanza. Abbiamo contattato l’Ufficio stampa dei carabinieri che ci ha fornito alcuni dettagli in più sull’operazione rispetto a quanto riportato da fonti stampa (Grafico 1).
Grafico 1. Numeri dell’operazione condotta dai carabinieri in cinque regioni italiane, tra maggio e ottobre 2021 – Fonte: Carabinieri
Grafico 1. Numeri dell’operazione condotta dai carabinieri in cinque regioni italiane, tra maggio e ottobre 2021 – Fonte: Carabinieri
Innanzitutto, la somma indebitamente percepita ammonta a 19,1 milioni di euro (arrotondata da Salvini a «20 milioni») e fa riferimento a controlli eseguiti tra maggio e il 17 ottobre 2021. I nuclei familiari controllati in totale sono stati 38.450, il 9,9 per cento sui 387.076 residenti nelle regioni coinvolte (dati Inps aggiornati a fine aprile). Le irregolarità riscontrate sono state 4.839, mentre i soggetti deferiti alle autorità giudiziarie 3.848: il 9,1 per cento dei nuclei controllati e l’1 per cento dei nuclei percettori. Dunque, tra le famiglie beneficiarie delle cinque regioni, è stata rilevata una percezione indebita in poco meno di un percettore su 100.

Sottolineiamo poi che la popolazione controllata non rappresenta un campione statistico con caratteristiche generalizzabili a tutta la popolazione beneficiaria del sussidio. I carabinieri hanno infatti controllato nuclei familiari a rischio truffe, in base ad alcuni indicatori, o con precedenti con le forze dell’ordine. Delle 3.848 persone deferite, quasi il 40 per cento erano noti ai carabinieri, mentre il 2,6 per cento (90 persone in tutto) avevano precedenti per reati associativi.

Nel complesso, nel corso del 2021 i carabinieri hanno individuato oltre 41,3 milioni di euro indebitamente percepiti dai beneficiari del reddito di cittadinanza (tra cui ci sono i 19,1 milioni visti prima), con oltre 185 mila nuclei controllati. Le persone deferite sono state circa 11.100, di cui la metà era già nota alle forze dell’ordine. Nel 2019 le somme indebitamente percepite erano state complessivamente inferiori ai 970 mila euro, con quasi 11 mila nuclei controllati e meno di 500 deferiti, mentre nel 2020 oltre 5,6 milioni, con più di 18 mila nuclei controllati e oltre 1.400 deferiti. Negli ultimi mesi c’è stato un significativo aumento dei controlli, complice molto probabilmente il ritorno alla normalità dopo che il 2020 è stato fortemente condizionato dalla pandemia (il 2019 è stato invece l’anno di esordio del reddito di cittadinanza).

Dunque dal 2019 incluso in poi le somme indebitamente percepite, scoperte dai carabinieri, ammontano a circa 47,9 milioni di euro (la cifra citata su Facebook da Toti). Come abbiamo spiegato in passato, contando che la spesa annua per il reddito di cittadinanza è stata finora di circa 7 miliardi di euro l’anno, stiamo parlando dello 0,2 per cento sui 21 miliardi circa stanziati in tre anni. Se prendiamo solo i 41,3 milioni del 2021, la percentuale sale allo 0,6 per cento.

Gli oltre 13 mila deferiti in tre anni corrispondono invece, con un conto spannometrico, a circa l’1 per cento degli oltre 1,3 milioni di nuclei percettori (Tavola 1.5) del reddito di cittadinanza.

È possibile che tra i nuclei non controllati dai carabinieri ci siano percettori del sussidio non in regola, anche se questa eventualità è molto probabilmente più bassa rispetto ai nuclei controllati, che come abbiamo visto sono stati selezionati in quanto a rischio truffa.

I dati della guardia di finanza

Oltre ai numeri divulgati dai carabinieri, nelle scorse settimane molti politici hanno ripreso i dati diffusi dalla guardia di finanza sulle operazioni condotte per individuare frodi e truffe relative alla spesa pubblica.

Come abbiamo spiegato più nel dettaglio in un’analisi dello scorso 18 ottobre, nel 2020 e nei primi otto mesi del 2021 la guardia di finanza ha scoperto 127 milioni di euro indebitamente percepiti dai soli beneficiari del reddito di cittadinanza, mentre 90 milioni sono stati richiesti ma non riscossi. Se prendiamo la sola cifra dei 127 milioni di euro, stiamo parlando dello 0,8 per cento sul totale (dato citato da Conte su Facebook) dei «15 miliardi» di danni all’erario individuati tra gennaio 2020 e settembre 2021, e circa l’1,8 per cento sui 7 miliardi di euro circa di spesa annuale per finanziare il reddito di cittadinanza. Le persone denunciate in questo ambito sono state «22 mila», l’1,8 per cento dei nuclei percettori (Tav. 1.5) del reddito di cittadinanza ad agosto 2021.

Nei «15 miliardi» di danni all’erario scoperti in 20 mesi di attività, la voce più consistente è quella legata alle truffe negli appalti pubblici: «6 miliardi» di euro, di cui «oltre 887 milioni» per appalti riferiti alla spesa sanitaria. Altri «269 milioni» di illeciti sono stati scoperti per la «spesa previdenziale e assistenziale», di cui «48 milioni» di euro per frodi alla sola spesa previdenziale (per esempio, spiega la Guardia di finanza, per gli assegni sociali, le pensioni di guerra e le invalidità civili). Anche in questo caso stiamo parlando di una percentuale minima sui «15 miliardi» di danni all’erario: lo 0,3 per cento.

Ricapitolando: sia prendendo i dati dei carabinieri che quelli della guardia di finanza, le truffe legate al reddito di cittadinanza rappresentano una porzione minima rispetto al numero dei beneficiari totali o delle risorse stanziate.

Questa osservazione non significa però sminuire il fenomeno per cui esistono persone non povere che percepiscono il reddito di cittadinanza. Ma è sbagliato considerare queste ultime necessariamente come evasori totali o truffatori con auto e case di lusso. Vediamo meglio perché.

Occhio alla parola “furbetti”

Nel Rapporto Caritas sul reddito di cittadinanza uscito a luglio scorso, i due economisti Massimo Baldini, dell’Università di Modena e Reggio Emilia, e Giovanni Gallo, dell’Università “La Sapienza” di Roma, hanno stimato (pag. 27) che il 36 per cento delle famiglie beneficiarie del reddito di cittadinanza – sussidio che raggiunge poco meno di una famiglia povera su due – è composto da “falsi positivi”. Questi sono i beneficiari non poveri che però ottengono il reddito di cittadinanza perché i criteri di accesso alla misura glielo permettono, oppure perché commettono una qualche irregolarità, per esempio evadendo il fisco. Come spiegano i due autori, dai dati in loro possesso non è possibile quantificare il contributo singolo di questi due aspetti separati, ma il loro contributo nel complesso.

L’economista Fernando Di Nicola, ex dirigente dell’Inps, ha invece calcolato che circa il 30 per cento dei beneficiari del reddito di cittadinanza percepisce il sussidio «grazie all’evasione di autonomi, al sommerso totale o parziale di dipendenti e a registrazioni anagrafiche non veritiere», pur non essendo povero in un senso relativo del termine. In questo caso, con “povero” si intende chi ha un reddito equivalente – che, semplificando, tiene conto delle dimensioni e della composizione delle famiglie – inferiore alla metà di quello mediano (ossia il valore che sta a metà tra il reddito più basso e quello più alto).

In passato Italia viva e il suo deputato Luigi Marattin hanno usato questa percentuale del «30 per cento» per sostenere che il reddito di cittadinanza non funziona, ma come ha spiegato Di Nicola a Pagella Politica questo è un uso «strumentale» della statistica contro il provvedimento di contrasto alla povertà. Il fenomeno denunciato non è infatti tipico del reddito di cittadinanza, ma riguarda in generale i sussidi e i benefici che eroga lo Stato italiano. Dunque non può essere eliminato dall’impianto normativo del reddito di cittadinanza in quanto è una caratteristica generale dell’Italia nel complesso.

Ricapitolando: è vero che una parte dei beneficiari del reddito di cittadinanza non è povero in un senso assoluto o relativo del termine, ma non necessariamente questa è composta da evasori totali o truffatori. Alcuni non poveri accedono al sussidio perché i requisiti glielo permettono, altri non poveri vi accedono, per esempio, grazie a fenomeni di evasione parziale o registrazioni anagrafiche non veritiere, che però secondo gli esperti non possono risolversi semplicemente modificando la struttura del reddito di cittadinanza.

In conclusione

Negli ultimi giorni molti politici hanno criticato il reddito di cittadinanza, riprendendo sui social le cifre delle operazioni condotte da carabinieri e guardia di finanza sulle percezioni indebite del reddito di cittadinanza.

Tra il 2019 e 2021 i carabinieri hanno scoperto che quasi 48 milioni di euro sono stati percepiti indebitamente da oltre 13 mila beneficiari, deferiti alle autorità. Tra il 2020 e il 2021 la guardia di finanza ha invece individuato circa 127 milioni di sussidi indebitamente percepiti.

Nel complesso queste cifre sono una porzione piuttosto minima rispetto al totale dei nuclei beneficiari e delle risorse stanziate.

Secondo diversi esperti, resta però il problema che una parte della popolazione povera in Italia è esclusa dalla misura, mentre ne beneficiano cittadini non poveri. Non necessariamente sono tutti truffatori o evasori: alcuni non poveri accedono al sussidio perché i requisiti della misura glielo permettono, mentre altri non poveri vi accedono grazie a fenomeni di evasione parziale o registrazioni anagrafiche non veritiere.

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